LIGURIA (XXI, p. 122)
La Liguria, pur non essendo stata compresa nel teatro delle operazioni di guerra, ha subìto, nei suoi massimi centri (Genova, Savona, La Spezia) e anche in molti minori - Chiavari e Lavagna, Levanto, Recco e Sori, Ventimiglia, per non citarne che alcuni - danni gravissimi dall'offesa aerea e navale, oltre quelli delle distruzioni del periodo di occupazione tedesca. I bombardamenti colpirono soprattutto la ferrovia, con la distruzione, nei punti nevralgici, dei ponti e delle stazioni, i porti e le industrie belliche, i centri abitati, mentre i cantieri navali e le altre grandi industrie furono il principale obiettivo delle distruzioni tedesche, le quali peraltro ebbero un effetto molto limitato per la coraggiosa e intelligente lotta di difesa dei dirigenti e delle maestranze in collegamento coi partigiani. Gravissimo comunque il bilancio dei danni alla fine dell'aprile 1945. Celermente poi si iniziò la ricostruzione e dopo tre anni già la maggior parte delle rovine è stata sanata.
La popolazione è aumentata in confronto al censimento 1936, come mostra la seguente tabella.
L'agricoltura, specialmente nelle zone più alte, era già prima della guerra in condizioni di disagio per le difficoltà naturali e quelle inerenti alle condizioni sociali, alla viabilità, ecc. La guerra ha accresciuto queste difficoltà e ha colpito anche quelle che erano le forme più redditizie e vitali dell'agricoltura ligure: la floricoltura, l'orticoltura e il frutteto, che erano in via di promettente sviluppo prima della guerra e che hanno sentito i danni della mancanza di mezzi tecnici e visto cessare le esportazioni all'estero, mentre le già precarie condizioni dell'uliveto e del vigneto, minacciato dalla fillossera, si sono ancora aggravate. Tuttavia i fiori, gli ortaggi, le frutta hanno ripreso la via dei mercati italiani ed esteri, nonostante la difficoltà di collocare prodotti che, per essere scelti e di lusso, sono ancora poco ricercati. Gravissimi danni ha subìto anche il già scarso patrimonio boschivo della regione, ma si è iniziata l'attuazione di sistematici programmi di rimboschimento, di cui dovrà beneficiare tutta l'agricoltura.
L'allevamento del bestiame era già prima della guerra un punto debole dell'economia ligure. Il censimento del bestiame del luglio 1942 segnalava, in confronto al precedente del 1930, un aumento per i bovini (98.375 invece di 89.980), gli ovini (74.317 invece di 68.603) e i caprini (27.608 invece di 24.881), una forte diminuzione al contrario per i suini (8959 invece di 14.416), i cavalli (5786 invece di 7744), gli asini (5327 invece di 7453), e i muli e bardotti. Gravi le falcidie della guerra e non facile la ricostituzione di un patrimonio per le poco favorevoli condizioni naturali.
Ma l'economia ligure si basa soprattutto sul commercio e sull'industria, nonché sull'attività turistica. Per i danni subìti dai maggiori porti e la ripresa del traffico mercantile attraverso ad essi v. genova; savona; spezia, in questa App.; qui basti ricordare che la funzione che la natura assegna alla costa ligure - di sbocco del retroterra padano e svizzero - non può mutare, che la sua ripresa perciò è strettamente legata alla ripresa delle industrie della regione padana e a quella libera espansione del commercio sulle vie del mare, che solo condizioni di vera pace possono assicurare. La maggiore industria ligure, quella dei cantieri navali, ha avuto conservati, come si è detto, in complesso i suoi maggiori impianti e il lavoro ferve in tutti i cantieri, da quelli massimi di Genova-Sestri a quelli di Savona, di Riva Trigoso, di Muggiano (La Spezia) e già numerose navi sono state varate, ma deve lottare contro le condizioni generali di disagio dovute all'alto costo della produzione. Anche le altre maggiori industrie liguri - quelle metallurgiche o legate all'industria navale, come le industrie tessili, alimentari, ecc. - sono in ripresa. La crisi più grave è quella delle industrie di guerra, che avevano uno dei centri maggiori a La Spezia.
La ferrovia, attraverso costosi e difficili lavori, è stata ripristinata e il tratto La Spezia-Genova funziona ormai completamente a trazione elettrica.
Infine fonte di vita per la Liguria era il turismo. Anche questa industria è stata colpita gravemente dalla guerra, non solo per la sua cessazione negli anni più gravi delle ostilità, ma per i danni subiti dai centri turistici e dalla viabilità; la ripresa è stata tuttavia rapida e già si pensa alla attuazione di programmi che permettano di adeguare l'attrezzatura alle esigenze dei turisti.
Storia (XXI, p. 138). - Il movimento della resistenza attiva al regime fascista in Liguria si pronunciò alla fine della guerra di Spagna. Formarono i quadri dell'opposizione gli esponenti dei vecchi partiti dissolti in esilio o in carcere e gli ex-dirigenti della soppressa Associazione nazionale combattenti, che costituirono i quadri dei gruppi "Giustizia e Libertà". Il 25 luglio 1943 questi dirigenti della resistenza vennero a posti di responsabilità e il sopravvenuto 8 settembre accomunò nel CLN nell'opera fattiva di resistenza tutti i partiti, ove si differenziò il movimento politico dall'organizzazione militare, l'uno e l'altro facenti capo al Comitato regionale ligure, con giurisdizione, oltre che sulla Liguria, su vaste zone della provincie di Cuneo, Alessandria, Piacenza, Parma, Apuania. Alla vigilia della lotta decisiva, 7200 partigiani erano inquadrati, in Liguria, in 7 divisioni (con oltre 3100 Sappisti e Gappisti): rimasti indenni dai numerosi rastrellamenti, non pochi dei quali compiuti con cospicue forze, erano riusciti a tenere contatto con l'esercito alleato, ad attaccare ed a far prigionieri non pochi Tedeschi; contribuendo, con l'affrontare duri combattimenti, alla liberazione oltre che di Genova, della Spezia, di Savona, d'Imperia.
Danni di guerra ai monumenti ed alle opere d'arte.
A parte i danni arrecati dai bombardamenti aerei e quelli navali a Genova (per i quali v. genova, in questa App.), anche negli altri centri della Liguria le distruzioni non sono minori anche se le perdite nel campo artistico non appaiono, nel complesso, altrettanto gravi.
Così a Sarzana sono stati colpiti il duomo, il S. Francesco e il palazzo municipale, mentre del duomo di La Spezia, una delle poche costruzioni antiche della città che risale al XVI secolo, rimane in piedi poco più del transetto e dell'abside.
A Portofino è andata completamente distrutta la chiesa di S. Giorgio, a Recco l'arcipreturale di s. Giovanni Battista e S. Giovanni Bono; a Zoagli è stata danneggiata la chiesa parrocchiale di S. Martino; a Voltri nella chiesa di S. Nicolò si sono avuti gravi danni alle coperture della navata centrale e della cappella dipinta dal Carlone; a Savona sono state danneggiate la chiesa di S. Croce e la Cappella Sistina.
A Noli sono stati colpiti la chiesa medievale di S. Paragorio e il Castello, mentre a S. Remo si lamentano danni nel palazzo Borea d' Olmo, nella bella cattedrale goticizzante e nell'Oratorio dell'Immacolata Concezione.
A Ventimiglia l'Ospedale di S. Spirito e la chiesa di S. Antonio hanno subìto la perdita quasi totale delle coperture, ma i danni al caratteristico complesso formato dal palazzo Arcivescovile e dal duomo non appaiono gravi; sono state colpite anche la chiesa romanica di S. Michele e quella di S. Francesco.
Bibl.: H. M. Stationery Office, Works of Art in Italy. Losses and Survivals in the War, II, Londra 1946; E. Lavagnino, Danni di guerra ai monumenti dell'Italia Centrale e Settentrionale, in La Rassegna d'Italia, giugno-agosto 1947; id., Offese di guerra e restauri al patrimonio artistico dell'Italia, in Ulisse, 1947, pp. 209-211.