Liguria
geografia umana ed economica
di Cesare Emanuel
Con una popolazione di 1.610.000 ab. al 31 dicembre 2005 e con una superficie di 5421 km2, la L. rientra tra le piccole regioni italiane. Questi soli dati celano però condizioni geografiche, strutture ambientali, insediative, demografiche e occupazionali assai complesse e diversificate che ne fanno un sistema socioeconomico e territoriale di estremo interesse.
Dal punto di vista geografico la regione occupa la fascia costiera che dal confine più settentrionale della Toscana si estende fino a quello francese, con una profondità massima di circa 50 km compresa tra il Mar Ligure e le sommità delle Alpi Marittime e dell'Appennino.
Entro questo territorio che da settentrione degrada fino al mare con una sequenza sistematica di valli corte e strette, percorse da tracciati stradali convergenti sulle grandi direttrici che corrono lungo la costa, si sviluppa l'insediamento urbano. Quest'ultimo può essere catalogato all'interno di tre diverse fasce altimetriche: quella alpina, che raccoglie gli innumerevoli centri di sommità, ormai coinvolti in un perdurante declino demografico, quella dei fondovalle, che include le località di confluenza e di approvvigionamento un tempo utilizzate dalle popolazioni montane, e quella costiera, sulla quale si struttura ormai una città continua, o 'nastro urbano', che da Ventimiglia raggiunge Sarzana e su cui si dispiegano i dinamismi regionali. Lungo questo nastro si collocano altresì i tre capoluoghi di provincia (Imperia, Savona e La Spezia) e quello regionale (Genova). Lo sviluppo fa di essi, e dei loro prolungamenti assiali negli entroterra e negli imbocchi pe-demontani, gli epicentri della forza urbana e della concentrazione delle attività manifatturiere. A dispetto di questa trama apparentemente multicentrica e variegata, la regione presenta invece una struttura relazionale e funzionale fortemente polarizzata, o convergente, su Genova e sulla sua area metropolitana che, se osservata a una scala sovraregionale, si connota anche come uno dei tre vertici 'triangolo industriale' del Nord-Ovest italiano.
Come per le altre regioni italiane, la L. ha registrato un calo continuo di popolazione dovuto a un saldo naturale fortemente negativo non compensato da quello migratorio. Il fenomeno, rispetto alle altre regioni, appare però maggiormente accentuato per una maggiore presenza di popolazione adulta, per una natalità estremamente ridotta e per una consistente presenza di nuclei familiari, anche giovani, costituiti da due sole unità.
Su queste condizioni strutturalmente negative i flussi migratori, alimentati anche da popolazione extracomunitaria, svolgono un ruolo compensativo decisamente limitato. Una certa vivacità demografica si riscontra soltanto in pochi comuni posti a corona dei grandi centri regionali, su cui si indirizza sia il decentramento residenziale fuori dai loro perimetri amministrativi sia lo spostamento, ormai esiguo, della popolazione ancora residente nelle località alpine e prealpine. Proprio quest'ultimo aspetto mette però in risalto i profondi differenziali regionali che si sono cumulati tra costa ed entroterra. Usando questa partizione geografica, assai idonea a una sintetica visione d'insieme, si può osservare come lungo il nastro urbano costiero (che misura in media 5 km a partire dalla costa) si concentri ormai più del 70% dei residenti, una percentuale analoga del totale delle abitazioni (di cui più di un terzo destinate a seconde case) e una concentrazione ancora maggiore dei posti di lavoro.
L'invecchiamento demografico è causa di una notevole riduzione della popolazione attiva e, al suo interno, di una accentuata tendenza alla terziarizzazione e alla 'impiegatizzazione'. Come in quasi tutti gli ambiti costieri, il turismo costituisce comunque una parte rilevante nell'economia regionale. Accanto a una discreta, ma non eccezionale, presenza di flussi stranieri, che predilige l'ospitalità extralberghiera, la L. accoglie un consistente flusso nazionale di visitatori e di vacanzieri anche in seconde case realizzate negli anni del boom economico sotto la spinta della domanda che si generava nelle vicine, e più popolose, aree industriali piemontesi, lombarde e (in parte) emiliane.
Le strutture turistiche sono comunque distribuite su tutto il territorio, e in particolare nei comuni non direttamente coinvolti dall'espansione delle funzioni urbane e manufatturiere. Più di un centinaio di comuni costieri e alcuni dell'entroterra possono pertanto essere ritenuti delle vere e proprie località turistiche in cui le attività alberghiere e ristorative, tipiche del soggiorno, si combinano variamente con quelle commerciali e con gli spazi ludici e balneari. Talune di queste località hanno mostrato una buona capacità di adattarsi ai cambiamenti in corso nella domanda turistica, di intraprendere una specializzazione in specifici segmenti di offerta e di mantenere una posizione di primato nelle gerarchie turistiche nazionali e internazionali. È questo il caso di San Remo, di Alassio, di Santa Margherita Ligure, di Portofino e dei comuni delle Cinque Terre. Sempre dal punto di vista turistico la forza attrattiva della L. si manifesta comunque nel sistema, o nell'insieme, dell'offerta proposta. Componenti qualificanti di quest'ultima sono le attrattive culturali dei centri principali e soprattutto il consistente patrimonio di natura paesistico-ambientale, storico-culturale e di eventi (connessi con il folclore, la tradizione e la valorizzazione delle tipicità e delle produzioni locali) presente nei centri dell'entroterra.
L'attività portuale, cardine tradizionale dell'economia ligure, dopo complesse vicende involutive, va manifestando una decisa ripresa dovuta a fattori endogeni ed esogeni. Tra i primi si deve annoverare sia l'ammodernamento e il decentramento delle attrezzature portuali fuori dalle loro sedi 'storiche', ormai cinte da vasti ambiti di edilizia urbana, sia le iniziative regionali e interregionali di adeguamento delle strutture retroportuali rappresentate dagli interporti, dagli autoporti, dai centri intermodali realizzati - anche con il contributo di operatori privati - nelle vallate e nei nodi viari delle province confinanti di Cuneo, Alessandria, Piacenza e Parma. Con i porti liguri queste strutture fanno ormai parte di una catena logistica di livello europeo che annovera non solo attività di magazzinaggio e di spedizione dei container, ma anche quelle - a più alto valore aggiunto - di trasformazione delle materie prime, dei beni e dei semilavorati, della ricomposizione dei carichi, dei servizi connessi con il controllo della qualità, con il confezionamento, con l'etichettura e con la consegna diretta dei beni finali sui mercati di sbocco. Sovrapponendosi e interpolandosi con l'attività industriale di base, costituita dalla cantieristica, dall'impiantistica, dalla siderur-gia, dalla chimica e dagli armamenti, queste attività consentono altresì alla regione di contenere, almeno dal punto di vista statistico, la deindustrializzazione e la conseguente fuoriuscita dal lavoro di molta manodopera.
Dal punto di vista dei fattori esogeni, il successo dell'armatura portuale (soprattutto di Genova, Savona e La Spezia) è invece sempre più dovuto alle correnti di traffico che qui confluiscono, attraverso il Canale di Suez, dal Medio Oriente e dal Sud-Est asiatico, e che sono prevalentemente destinate alle aree industriali dell'Europa centrale e del Mare del Nord.
L'economia ligure non è tuttavia solo riconducibile al turismo e alle attività connesse con la portualità e la logistica. Un settore significativamente complementare è costituito dal comparto della floricoltura. Questa attività, sorta inizialmente nelle propaggini più occidentali della provincia di Imperia, si va ormai diffondendo su tutta la Riviera di Ponente fin verso il genovese. A favorire questo allar-gamento territoriale sono in prima istanza le condizioni climatiche e la vicinanza ai mercati urbani. A questi fattori si sono aggiunti la capacità competitiva degli operatori, la nascita e lo sviluppo di centri di servizio ad alta specializzazione tecnico-scientifica, nonché una riuscita diversificazione dell'attività che annovera la produzione e la commercializzazione del fiore reciso nelle aree dello sviluppo originario e la coltivazione in serra dei fiori e delle piante da vaso nel resto del territorio. Proprio quest'ultima produzione è alla base di un'intensa attività di esportazione in buona parte d'Europa e in particolare negli Stati (Paesi Bassi e Danimarca) in cui essa assume proporzioni e ruoli di rilievo mondiale.
Un secondo settore, distribuito lungo tutto l'arco alpino, è quello della produzione e della lavorazione del legno. La superficie boschiva particolarmente estesa, anche per l'abbondanza di precipitazioni che si originano dall'incontro delle masse d'aria marittime e continentali, sta alimentando la rinascita di una economia forestale già attiva nel passato e ora favorita anche dall'innalzamento del costo del legname importato e dalla propensione all'autoproduzione energetica. Tra la floricoltura costiera e l'economia forestale alpina in L. si interpone poi ancora la coltivazione dell'olivo e della vite con l'offerta di produzioni di qualità sempre più richieste sui mercati nazionali e internazionali.
Il quarto settore integrativo di quelli di base è invece riconducibile ai servizi urbani, privati e pubblici, con particolare riferimento al potenziamento dell'offerta culturale, fieristica, espositiva e convegnistica scaturita dalle trasformazioni, anche urbanistiche, delle città, soprattutto di Genova. Nell'insieme le infrastrutture realizzate hanno consentito al capoluogo regionale lo svolgimento delle Celebrazioni colombiane e di numerose manifestazioni culturali e fieristiche di livello internazionale (come, per es., quelle legate alla nautica e alla floricoltura). Occasioni di richiamo e di sviluppo delle economie locali sono altresì offerte dagli esiti delle ristrutturazioni e delle riconversioni funzionali del vecchio porto, al cui interno l'Acquario costituisce l'attrazione primaria.