Limitare i superstipendi: gli svizzeri dicono sì
Incentivi economici spinti all’eccesso possono portare i manager alla massimizzazione dei profitti a breve
o a un conflitto d’interessi rispetto a investitori o risparmiatori. Una nuova normativa dell’Unione Europea e un referendum della Confederazione elvetica intervengono per regolare la materia.
La retribuzione dei servizi e delle prestazioni dei principali responsabili dell’impresa è caratterizzata da una parte variabile, che la contraddistingue dal salario.
Ne beneficiano, generalmente, i membri del consiglio di amministrazione e i membri della direzione generale delle imprese quotate in borsa, benché le eccezioni e le definizioni in questo campo siano numerose. Ultimamente incontra favore il termine di bonus, mutuato dal settore assicurativo, poiché permette di esplicitare il criterio della relazione fra la remunerazione e un determinato risultato connesso alla prestazione di un determinato servizio, intendendosi ogni forma di incentivo al miglioramento dei risultati aziendali e alla massimizzazione del profitto della singola impresa. Forme di incentivo sono diffuse anche tra i quadri intermedi e anche questi non sfuggono alla critica per cui il sistema degli incentivi, se spinto all’eccesso, induce alla massimizzazione del rischio, ciò che può essere un pregiudizio per gli interessi patrimoniali di un’impresa, e contrario al principio della sostenibilità dell’impresa. Una seconda critica, focalizzata specialmente sul mercato dei servizi bancari, finanziari e assicurativi, riguarda il rischio di conflitto di interessi allo scopo di privilegiare quello degli operatori e intermediari finanziari a scapito degli interessi dei risparmiatori e degli investitori. In terzo luogo, colpisce che solo eccezionalmente i manager, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi o persino in caso di insuccesso, magari fino al fallimento di un’impresa, vengano chiamati a corrispondere un malus o, perlomeno, a restituire quanto indebitamente ricevettero sotto forma di bonus. Parecchie voci pertanto criticano la diffusione dei bonus, considerandola addirittura incompatibile con il principio del buon governo dell’impresa. Nel maggio 2013 queste voci si sono concretizzate, tra l’altro, nel progetto di Guidelines on financial services bonus della European banking authority (EBA) in applicazione della Capital requirements directive IV (CRD IV). Si tratta dello strumento legislativo approvato dall’Europarlamento, nell’aprile 2013, in applicazione dell’accordo Basilea 3, che contiene nuove regole per fissare il tetto massimo dei bonus, di cui è prevista l’entrata in vigore per il 1° gennaio 2014, con validità per tutte le istituzioni di credito e di investimento con sede nello ‘spazio economico europeo’. Le linee guida EBA contengono i criteri per definire quei manager destinatari delle nuove regole, i cosiddetti material risk takers, ossia, fra l’altro, quei manager la cui remunerazione supera 500.000 euro all’anno, quelli che appartengono allo 0,3% di dipendenti con la remunerazione più elevata dell’impresa e coloro il cui bonus eccede 75.000 euro oppure il 75% della componente fissa della loro remunerazione. Si prevede di limitare il bonus dei manager in modo che la porzione variabile della loro remunerazione sia pari alla porzione fissa o al massimo doppia, ma sempre a condizione che la stessa venga approvata esplicitamente da parte degli azionisti. Ciò significa, in pratica, che la porzione variabile non dovrà più superare quella fissa dello stipendio annuale.
Già nell’ambito della direttiva 2010/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo (denominata CRD III) si erano previste norme per ridurre le forme di retribuzione incentivante, basate sui bonus, come attribuzione di benefici in natura o in denaro, remunerazione per servizi speciali resi e simili.
Nel novembre 2011 il presidente UE, José Manuel Barroso, annunciò l’avvio di una procedura di contravvenzione nei confronti dell’Italia e di altri paesi, per il ritardo nel recepimento della direttiva 2010/76: è stata proposta una multa di 97.000 euro al giorno finché l’Italia non si adeguerà alla direttiva suddetta. Nel marzo 2013
la Banca d’Italia richiamò il rispetto della direttiva, precisando che gli organi sociali delle banche con un bilancio in perdita non avrebbero dovuto distribuire dividendi e nemmeno riconoscere o pagare bonus ai vertici, riducendoli anche al resto del personale, precisando che «la misura non deve essere aggirata con un aumento dello stipendio fisso o del variabile per gli anni successivi».
Oltre ai bonus, la parte variabile delle remunerazioni dei manager comprende anche incentivi di svariata natura, come i premi di entrata e i premi di liquidazione, ossia somme che vengono pattuite contrattualmente, da versarsi all’inizio del contratto di assunzione e al momento in cui il contratto ha termine. Cospicue possono essere le somme che vengono versate a quel manager che abbia condotto una determinata operazione, come l’acquisizione, la cessione o la scissione di un’impresa. Altrettanto vale per i premi di non concorrenza versati al manager che cessa di prestare la sua attività, allo scopo di evitare che quest’ultimo si faccia assumere da imprese concorrenti; secondo un recente studio della Wanderbilt University i 4/5 dei contratti con CEO nelle imprese statunitensi fruiscono di una simile clausola. La società GMI Ratings cita fra i pacchetti di liquidazione più sostanziosi: 417 milioni di dollari della General Electric a favore di Jack Welch, 189 milioni versati dalla Merck a Fred Hassan e 188 milioni versati dalla Pfizer a Henry McKinnell. Un simile pacchetto di liquidazione per 72 milioni di franchi svizzeri previsto da Novartis a favore del proprio CEO, Daniel Vasella, nel 2013, contribuì a favorire l’accettazione strepitosa dell’iniziativa popolare per la revisione della Costituzione federale svizzera, denominata ‘Iniziativa Minder’, dal nome del suo promotore. Infatti questa iniziativa, in votazione popolare del 3 marzo 2013, raccolse il consenso del 68% degli elettori e quello di tutti i Cantoni svizzeri. Il suo testo prevedeva, per tutte le imprese quotate sulla borsa svizzera e straniera, il divieto di tutte queste forme di remunerazione. Per contro questa iniziativa, come quelle analoghe che si sono succedute dopo questa votazione popolare, non prevedeva limiti agli importi versati a titolo di bonus. Ci si limita alla trasparenza: le imprese debbono rendere noto, almeno ai loro azionisti, se non al mercato, l’importo complessivo e il criterio di determinazione della retribuzione di tutti i suoi manager, sia nella parte fissa che in quella variabile, indipendentemente dalla denominazione, rispettando il principio substance over form. Inoltre, al principio della trasparenza si accompagna quello del rafforzamento dei diritti degli azionisti, per esempio l’approvazione di un regolamento sulle remunerazioni e l’approvazione di un rapporto annuale comprensivo di tutte le remunerazioni versate ai manager.
L’ ‘iniziativa Minder’
er tenere conto della composizione effettiva dell’azionariato delle imprese quotate in borsa, l’iniziativa Minder si è preoccupata di stimolare la partecipazione attiva perlomeno da parte degli azionisti istituzionali. Da un lato, ha previsto il divieto della rappresentanza del diritto di voto da parte degli organi per i titoli in deposito; ci si riferisce alla diffusa pratica secondo cui gli azionisti privati ma anche quelli istituzionali, come per esempio i fondi di investimento, rinunciano a esercitare, in occasione delle assemblee degli azionisti, il diritto di voto connesso ai loro titoli depositati presso le banche. Infatti, queste ultime esercitano tale diritto di voto approvando le proposte presentate in assemblea da parte del consiglio di amministrazione, comprese quelle riguardanti la remunerazione del consiglio di amministrazione stesso e della direzione generale. È prevista pertanto la designazione di rappresentanti indipendenti e professionalmente sperimentati dei titoli azionari depositati presso le banche e che altrimenti non eserciterebbero il diritto di voto. Sul mercato borsistico svizzero operano quindi alcune fondazioni indipendenti che mettono la propria consulenza al servizio di questi rappresentanti, quando addirittura non esercitano esse stesse tale funzione. Questi servizi di consulenza vengono messi a disposizione anche delle casse pensioni e degli istituti di previdenza, dal momento che questi ultimi, secondo l’iniziativa Minder, devono «votare nell’interesse dei loro assicurati e rendere pubblico il loro voto». I promotori dell’iniziativa costituzionale, allo scopo di impedire che si impantanasse nelle strettoie parlamentari, inserirono nel testo anche l’obbligo di mettere in esecuzione le sue regole nel termine di un anno. A questo scopo, in attesa della promulgazione di un testo di legge, il governo svizzero dovrà mettere in esecuzione, a partire dal 1° gennaio 2014, un’ordinanza di esecuzione e di applicazione del testo dell’iniziativa. I legislatori e regulators di organizzazioni internazionali e di singoli Stati vi troveranno interessanti spunti per soluzioni regionali o nazionali riguardanti la regolamentazione delle retribuzioni in favore dei manager di impresa.