LIMITE (XXI, p. 162)
La moderna esigenza di una visione sempre più astratta e sintetica dei concetti fondamentali della matematica ha portato a generalizzare in più direzioni il concetto di limite. Nei seguenti nn. daremo alcune di queste generalizzazioni.
1) Limiti di punzioni definite in spazi topologici. - Uno spazio topologico S può definirsi come un insieme non vuoto ("ambiente"), nel quale sia definita (o ammessa, o supposta, ecc.) una certa famiglia d'insiemi non vuoti I chiamati "intorni", in modo da soddisfare ai quattro assiomi seguenti.
a) A ogni punto x in S corrisponde almeno un intorno Ix di x.Tale intorno Ix contiene almeno il punto x.
b) Qualunque sia x in S, se Ix′ e Ix″ sono due intorni qualunque di x, esiste sempre almeno un intorno Ix, che è contenuto nell'intersezione Ix′ ⋂ Ix″ dei due intorni Ix′, Ix″ (In simboli, scriviamo:
c) Qualunque siano x in S, Ix intorno di x, e x′ in Ix, esiste sempre almeno un intorno Ix′ di x′ tale che Ix′, ⊆ Ix:
d) Per ogni coppia di punti x, x′ distinti in S, è possibile trovare almeno una coppia d'intorni Ix di x, Ix′ di x′, tali che Ix ⋂ Ix′ = ∅, cioè Ix e Ix′ privi di punti comuni:
È il cosiddetto "assioma di separazione" o di F. Haussdorff.
Se E è un qualunque insieme di punti di uno spazio topologico S, si dice che un punto x di E è interno ad E, se esiste un intorno Ix che sia interamente contenuto in E. Un insieme E si dice aperto, se ogni punto di E è interno a E. Il complementare F = S − E di un insieme aperto E (cioè l'insieme dei punti di S che sono estranei a E) si dice chiuso. (Per evitare fastidiose eccezioni, si conviene di considerare l'insieme vuoto ∅ sia aperto sia chiuso).
Ciò premesso, sia f una funzione ("applicazione") definita in un insieme E contenuto in uno spazio topologico S, ivi assumente valori y = f(x) appartenenti a uno spazio topologico T (non necessariamente distinto da S). Sia inoltre x0 un punto di accumulazione di E, cioè un punto di S (appartenente a E, o no) tale che, in ogni suo intorno Ix0, cada almeno un punto x di E distinto da x0 (e quindi ne cadano infiniti). Si dice allora che f(x), converge a un punto c di T (o "tende al l. c") per x → x0 (per x "tendente a x0") e si scrive
se, preso a piacere un intorno Jc di c (è sottinteso: Jc ⊆ T), esiste sempre un intorno Ix0 tale che, per ogni x in E ⋂ Ix0 e x ≠ x0, f(x) cada in Jc (In simboli:
La funzione f(x) si dice "continua in x0" (sottinteso: su E), se
La funzione si dice "continua in E", se essa è continua in ogni punto x0 che appartenga a E e sia d'accumulazione di E.
Per funzioni topologiche di una variabile topologica, continua in tutto un insieme E, sono stati trovati teoremi di grande semplicità e portata che generalizzano teoremi classici, dimostrati nel sec. 19° per le funzioni reali di una variabile reale. Per poter enunciare qualcuno di tali teoremi fra i più importanti, occorre introdurre qualche proprietà particolare per gl'insiemi contenuti in spazi topologici. Diamo, per es., due di queste proprietà.
α) Diciamo che E è sconnesso (sottinteso: in S), quando è possibile decomporre E in due insiemi non vuoti e disgiunti E1, E2, in modo che nessun punto di E1 sia di accumulazione per E2, né viceversa (In simboli:
in modo che
Un insieme si dice connesso quando non è sconnesso. Si dimostra subito che, se un tale insieme E contiene almeno due punti, allora ogni punto di E è di accumulazione. L'insieme E di fig. i (intendendo che S = ???&out;R2) dà esempio di un insieme connesso; l'insieme E = E1 ⋃ E2 di fig. 2 dà esempio di un insieme sconnesso. Un insieme connesso di numeri reali (cioè S = ???&out;R) è necessariamente un intervallo (aperto, o chiuso, o semichiuso).
β) Qualunque sia l'insieme E ⊆ S, si dice che ℱ (E) è un ricoprimento aperto di E, se ℱè una famiglia (insieme) d'insiemi aperti A (sottinteso: contenuti in S) tali che ogni punto x di E sia contenuto in almeno uno di questi A. Si dice che un insieme E è compatto (sottinteso: in S), se qualunque ricoprimento aperto ℱ (E) infinito (cioè tale che gli A di ℱ siano in numero infinito) ne contiene un altro ℱ 0(E) finito.
Si dimostra che ogni insieme compatto è chiuso e che, se S è metrico (particolare spazio topologico), allora ogni insieme compatto in S, è ivi anche limitato. Se S = ???&out;Rn (spazio euclideo a n dimensioni), è vera anche la proposizione inversa: cioè ogni insieme limitato e chiuso, è anche compatto.
In uno spazio S metrico, la cui distanza indichiamo con d(x, x′), si può parlare anche di continuità uniforme di una funzione metrica f, cioè di una funzione assumente valori appartenenti a uno spazio metrico T (non necessariamente distinto da S). Si dice che f è uniformemente continua in E, se, prefissato ad arbitrio un numero reale σ > 0, è possibile determinarne un altro δ > 0 tale che, per ogni coppia di punti x, x′ ∈ E per cui d(x, x′) 〈 δ, risulti sempre:
(D[y, y′]: distanza di due punti y, y′ in T).
Relativamente al concetto di l., si possono ora enunciare i seguenti teoremi.
I) Se f è una funzione topologica di una variabile topologica x, continua in tutto un insieme E compatto (in S), anche l'immagine f(E) (insieme dei valori assunti dalla f in E) è compatta (in T).
II) Se S e T sono entrambi spazi metrici, ogni funzione continua in un insieme compatto E ⊆ S, è ivi uniformemente continua (generalizzazione di un classico teorema di G. Cantor).
III) Si usa chiamare "continuo" ogni insieme di uno spazio topologico, che sia simultaneamente connesso e compatto in tale spazio. Si ha allora che, se f è continua in un continuo E ⊆ S spazio topologico, anche l'immagine f(E) è un continuo dello spazio topologico T in cui è contenuta.
IV) Una funzione reale f, continua in un insieme compatto E ⊆ S spazio topologico, trasforma E in un'immagine f(E) chiusa e limitata, ed è perciò dotata, in E, sia di massimo che di minimo assoluti (generalizzazione di un classico teorema di K. Weierstrass).
V) Se una funzione reale f è continua in un insieme E connesso di uno spazio topologico S, se x1 e x2 sono due punti di E tali che f(x1) 〈 0 〈 f(x2), allora esiste in E un punto x0 tale che f(x0) = 0. In particolare, se S = ???&out;R, allora un tale punto x0 esiste certamente all'interno dell'intervallo di estremi x1, x2 (generalizzazione del teorema detto "d'esistenza degli zeri delle funzioni continue").
L'ordine d'idee qui sopra accennato s'è dimostrato, nei recenti sviluppi dell'analisi matematica e nelle sue applicazioni, di grande, fondamentale importanza.
2) Limiti di funzioni f(x) per x tendente all'infinito. Se f è definita in un insieme E ⊆ S spazio metrico, e se tale spazio è illimitato, ha spesso interesse il concetto di
Si fissi, a piacere, un punto o (origine) in S. Dire che E è illimitato, equivale a dire che esistono in E punti x tali che d(o, x) superi ogni numero naturale prefissato M. Dopo ciò, l'uguaglianza:
significa che, prefissato a piacere un intorno Jc del punto c in T (spazio topologico contenente l'immagine f(E)), è possibile determinare un numero naturale M tale che, qualunque sia x in E con d(o, x) > M, sempre f(x) cada in Jc.
Inversamente siano: S topologico e T metrico, x0 un punto di accumulazione di E. Si fissi un punto o* (origine) in T. L'uguaglianza:
significa che, prefissato a piacere un numero naturale M, è possibile determinare un intorno Ix0 di x0 in S, tale che, qualunque sia x in E ⋂ [Ix0 − {x0}], si abbia sempre D[o*, f(x)] > M. Naturalmente ciò può accadere soltanto se l'insieme f(E) è illimitato in T.
Infine siano S e T entrambi metrici, E ed f(E) entrambi illimitati (nei rispettivi spazi S, T). L'uguaglianza:
significa che, prefissato a piacere un numero naturale N, è possibile determinarne un altro M tale che, qualunque sia x ∈ E con d(o, x) > M, si abbia sempre D[o*, f(x)] > N.
3) Limiti di successioni d'insiemi. - Anche questo concetto, introdotto nella teoria degl'insiemi astratti agl'inizi del secolo, ha avuto una notevole importanza in recenti sviluppi dell'analisi. Seguendo C. de la Vallée Poussin (1915), chiamiamo "funzione caratteristica" (abbreviaz.: f. c.) ϕ di un qualunque insieme E contenuto in un qualunque ambiente S, quella y = ϕ(x) che assume il valore i per x ∈ E, il valore 0 per x ∈ S − E. Sarà 1 − ϕ la f. c. dell'insieme S − E complementare.
Se {En} (n = 1, 2, ...) è una successione d'insiemi tutti contenuti in S, indicate con ϕn le loro rispettive f. c., il prodotto ϕ1 ϕ2 ... ϕn ... sarà la f. c. dell'intersezione
En di tutti gli En, la differenza
sarà la f. c. dell'unione
En di tutti gli En (Si riconosce subito che tale differenza si riduce alla somma
nel caso che gli En siano due a due disgiunti).
Qualunque sia n, la successione di funzioni ϕn, ϕn+1, ϕn+2, ... ammette, in tutto S, un estremo superiore Φn″: esso, al variare di x in S, è la f. c. dell'unione
Ek. La detta successione ammette analogamente un estremo inferiore Φn′ che, al variare di x in S, è la f. c. dell'intersezione
Ek. Le due successioni {Φn″}, {Φn′} (n = 1, 2, ...) sono, come subito si riconosce, generalmente monotone in ogni punto x di S: la prima non crescente, la seconda non decrescente. Esistono perciò, ???S-104???x ∈ S, i due l.:
Questi risultano definiti, a loro volta, come f. c. di due nuovi insiemi E′′ ed E′ rispettivamente: si chiamano il "l. massimo" e il "l. minimo" della successione {En}, e si scrive
Si riconosce subito che
e pertanto: E′′ è l'insieme dei punti di S comuni a infiniti En, E′ l'insieme dei punti di S comuni a tutti gli En, esclusi al più un numero finito di indici n (questo numero potendo variare da punto a punto di E′). In ogni caso è E′ ⊆ E′′. Quando E′ = E″, questo insieme E = E′ = E′′ si chiama il l. di En per n → ∞, e si scrive:
Esempi. a) Siano En i cerchi chiusi (nel piano cartesiano xy)
Risultano essere: E′′ il cerchio chiuso x2 + y2 ≤ 1, E′ il cerchio aperto x2 + y2 〈 1.
b) siano En i cerchi chiusi
Risulta essere E = E′ = E″ il cerchio chiuso x2 + y2 ≤ 1.
4) Limiti di variabili ordinate. - Da altro punto di vista, il concetto di l. è stato generalizzato da E. M. Moore e H. L. Smith (1922) e, indipendentemente da questi e in modo più approfondito e completo, da M. Picone (1923).
Da tale punto di vista si considera un insieme ordinato Ω di operazioni ω. Con ciò deve intendersi attribuito, su Ω, un particolare significato al verbo "seguire", nel senso che, qualunque sia l'operazione ω di Ω, siano individuabili in Ω tutte quelle operazioni ω′ che la "seguono" (o, ciò che è lo stesso, che sono "precedute" da ω). Indichiamo con S(ω) l'insieme di tali ω′ e scriviamo: ω → ω′. Si tratta di una relazione, astrattamente definita dai due assiomi seguenti.
a) Se ω′ è un'operazione seguente ω, e se ω″ è un'operazione seguente ω′, allora ω″ è seguente ω (proprietà transitiva dell'ordinamento: ???S-104???ω, ω′, ω″ ∈ Ω; se ω → ω′ e ω′ → ω″, allora ω → ω″).
b) Se ω ed ω′ sono due operazioni qualunque di Ω, esiste sempre un'operazione ω″ che le segue entrambe
Supponiamo ora che ogni operazione ω di Ω abbia per "risultato" un punto x di uno spazio topologico S. Si dirà che, al variare di ω in Ω, x è una variabile ordinata, definita in Ω. Si dirà anche che x "assume definitivamente" (o anche: acquista e conserva) una certa proprietà P, se esiste un'operazione ω di Ω tale che tutte le operazioni di S(ω) producano risultati ("valori") x che godono della proprietà P.
In base agli assiomi si dimostra subito che, se la variabile ordinata x assume definitivamente ciascuna delle proprietà P1, P2, ..., Pn (qualunque sia il numero naturale n), allora essa assumerà definitivamente quelle proprietà tutte insieme.
Ciò premesso, scriviamo:
intendendo per c un punto qualunque dello spazio topologico S, se, preso a piacere un intorno Jc, la variabile ordinata x viene a cadere definitivamente in Jc.
Se S è metrico, scriviamo lim x = ∞ (limΩ x = ∞) se, preso a piacere un numero naturale M, la variabile ordinata x diviene definitivamente tale che d(o, x) > M.
In questa definizione di l. si possono far rientrare, come casi particolari, tutte quelle date in questo articolo (a eccezione del n. 3), nonché quelle date in XXI, p. 162.
Esempi. α) Ω sia l'insieme delle infinite operazioni ω1, ω2, ..., ωn, ... consistenti nel calcolare rispettivamente certi numeri reali a1, a2, ..., an, ... (Si pone pertanto S = ???&out;R). L'ordine di Ω consiste nel riguardare come seguenti una qualunque operazione ωn tutte quelle aventi indice > n. Risulta allora lim an = c (con c numero reale) se, preso a piacere un numero reale ε > o, è definitivamente c − ε 〈 an 〈 c + ε. Si vede subito che ciò equivale a dire che esiste un indice nε tale che, ???S-104???n > nε, risulti c − ε 〈 an 〈 c + ε (Si assume l'intervallo (c − ε, c + ε) come intorno Jc sopra indicato). Questa è la definizione classica della convergenza a c di una successione numerica {an}, e perciò si usa scrivere più precisamente
β) Sia x = f(u) una funzione topologica di una variabile topologica (v. sopra, n. 1). Sia essa definita in E ⊆ S, e sia f(E) ⊆ T. Indichiamo con u0 un punto di accumulazione di E, con Ω l'insieme delle operazioni ω consistenti nel calcolare f(u) in ogni singolo punto di E distinto da u0, ma contenuto in un intorno di u0. Ordiniamo Ω convenendo che sia ω → ω′, se il punto u cui si applica ω e il punto u′ cui si applica ω′, cadono rispettivamente in intorni Iu0 ed Iu′0 tali che Iu′0 ⊂ Iu0, ma u ∈ Iu0 − Iu′0 (v. la fig. 3, che ha significato simbolico).
Si osservi che, prese a piacere due operazioni ω e ω′, non si può dimostrare né che ω → ω′, né che ω′ → ω (gli assiomi del n. 1 non permettono né l'uno, né l'altro).
Risulta allora lim f(u) = c (c ∈ T) se, preso a piacere un intorno Jc, f(u) cade definitivamente in Jc. Questa definizione coincide con quella del n. 1.
γ) Sia y = f(z) una funzione reale di una variabile reale z, definita in un intervallo [a, b], ivi continua. Chiamiamo ω l'operazione consistente nel calcolare una "somma integrale", cioè il numero
Si tratta di un'operazione complessa (già descritta in XXI, p. 164), consistente nel suddividere a piacere [a, b] in intervallini parziali di ampiezze δ1, δ2, ..., δr, di scegliere a piacere un punto ζr in ciascuno di questi, e di effettuare la somma indicata.
Orbene conveniamo che ω → ω′ se, indicata con δ la massima ampiezza degl'intervallini relativi a ω, indicata con δ′ quella degl'intervallini relativi a ω′, risulta δ > δ′. Si avrà allora lim u = T, essendo
e questa definizione di l. coinciderà con quella indicata nel loc. cit.p. 164.
Questo concetto di l. è stato variamente applicato nella scuola di M. Picone, con contributi originali di G. Fichera ("Massimo e minimo l. di una funzione numerica definita sulla somma di un gruppo", 1954). In altro modo, il concetto si ritrova nella scuola francese di N. Bourbaki, come l. secondo un filtro.
Bibl.: E. Borel, Leçons sur les fonctions de variables réelles, Parigi 1905; F. Haussdorff, Grundzüge der Mengenlehren, Lipsia 1914; H. Hahn, Theorie der reellen Funktionen, Berlino 1921; M. Picone, Lezioni di analisi infinitesimale, Catania 1923; C. Kuratowski, Topologie, vol. I, Varsavia 1933; N. Bourbaki, Eléments de mathématique, vol. II, parte I, libro III: Topologie générale, Parigi 1951.