linearita
linearità Proprietà matematica di una funzione o di uno spazio.
Una funzione di variabili reali f è lineare se, dati due punti qualunque x e y, e due costanti a e b anch’esse arbitrarie, si ha che f(ax+by)=af(x)+bf(y). Una funzione lineare in uno spazio vettoriale è anche detta iperpiano (➔), o piano nel caso particolare di due sole dimensioni (cioè d=2).
La proprietà di l. è molto conveniente, perché semplifica tutte le operazioni di tipo lineare: se le funzioni f e g sono lineari, le operazioni f(g(x)) e g(f(x)) sono interscambiabili. Se la funzione f è definita su uno spazio vettoriale molto generale (per es., uno spazio di matrici, di funzioni o di variabili aleatorie), invece del termine funzione si può usare il termine applicazione, o anche operatore. Tra gli operatori lineari più comuni, vi è la traccia di una matrice (➔), tr(A), e l’operatore media (➔). Per l’operatore media si ha, infatti, che E(aX+bY)=aE(X)+bE(Y), dove X e Y sono due variabili aleatorie (➔ variabile aleatoria) con media finita, mentre a e b sono due costanti qualsiasi. L’operatore varianza non è invece lineare, poiché
Var(aX+bY)=a2Var(X)+b2Var(Y)+2abCov(X,Y).
Un altro esempio di operatore lineare è il cosiddetto operatore alle differenze prime (o lag), generalmente indicato con L, che a una serie storica Y={Yt} associa le differenze
(Y)={(Yt−Yt−1),(Yt−1−Yt−2), ...}.
Lineare è anche l’operatore derivata (➔), che a una funzione f associa la sua derivata prima.
Una funzione a una sola variabile si dice lineare se è rappresentabile nel piano cartesiano tramite una retta, ossia se assume la forma f(x)=ax+b, dove a e b sono costanti. Un esempio in economia è la funzione lineare del consumo, C=+cYD, in cui rappresenta il consumo autonomo, c la propensione marginale al consumo e YD è il reddito disponibile. Questa definizione riguarda le funzioni a una sola variabile ed è a rigore formalmente corretta solo se b=0. In matematica, infatti, le funzioni in cui b è diverso da 0 vengono denominate affini. ● In economia si è spesso interessati a funzioni che hanno come argomento più variabili, ossia vettori. La funzione si dice in tal caso lineare se preserva le operazioni di additività e moltiplicazione scalare: f(tx+sy)=tf(x)+sf(y), in cui x e y sono vettori, mentre s e t sono scalari. Se il risultato operato dalla trasformazione della funzione f(.) è uno scalare invece che un vettore, si è in presenza di un funzionale lineare. Per es., se p è un funzionale lineare, allora p(x)=px=z, dove z è uno scalare. Esempi molto noti in economia di funzionali lineari sono il vincolo di bilancio (➔ bilancio, vincolo di) e l’isocosto (➔). Nel primo caso il vettore p è rappresentato dai prezzi dei beni acquistati dal consumatore, il vettore x è dato dalle quantità acquistate dei diversi beni e z è il reddito del consumatore. Analogamente, nell’isocosto il vettore p è rappresentato dai prezzi degli input, il vettore x è dato dalle quantità acquistate di questi input e z è il costo totale sopportato dall’impresa.
Samantha Leorato, Enrico Saltari