linfoma
Tumore che deriva dai linfociti del sistema immunitario e si manifesta con l’ingrossamento dei linfonodi.
Il l. è una neoplasia molto eterogenea dal punto di vista istologico e prognostico. Vengono distinte due grandi categorie, che devono il nome a T. Hodgkin (➔), che per primo li descrisse: i l. di Hodgkin (LH) e i l. non-Hodgkin (LNH). Gli LNH si distinguono a loro volta in l. a basso grado di malignità, che presentano un andamento indolente, e l. ad alto grado di malignità, che, al contrario, hanno un andamento aggressivo e necessitano di trattamento immediato. La classificazione degli LNH, che negli anni si è evoluta e modificata più volte grazie alle nuove acquisizioni in campo geneticomolecolare, si basa sulla cellula di origine del l. (linfocito B, T, natural killer) e sul suo stato maturativo. Nella trasformazione neoplastica dei linfociti degli LH svolge un ruolo importante il virus di Epstein-Barr, mentre negli LNH è riconosciuto il ruolo patogenetico di anomalie genetico-molecolari, dello stato di immunodepressione e di infezioni croniche.
L’LH colpisce tutte le età, con due picchi di maggiore incidenza, uno tra 20 e 30 anni e uno oltre i 50 anni. Gli LNH ad alto grado di malignità possono colpire tutte le età della vita, mentre le forme a basso grado prevalgono nei soggetti di età superiore ai 50 anni e sono assenti nell’infanzia.
La sintomatologia di esordio è eterogenea, con la comparsa di un aumento di volume dei linfonodi superficiali o profondi, a carico di una o più stazioni linfonodali (specialmente negli LNH), della milza e del fegato. Possono essere presenti segni sistemici, con astenia marcata, febbre, sudorazione, dimagrimento; il prurito è tipico degli LH. L’interessamento midollare, con conseguente anemia, granulocitopenia e piastrinopenia, e quello extralinfonodale (cute, apparato gastroenterico, sistema nervoso centrale, polmoni, testicolo) sono più frequenti negli LNH.
La diagnosi è sempre basata sull’esame istopatologico del tessuto neoplastico mediante biopsia di un linfonodo, che consente di distinguere gli LH dagli LNH, le forme a basso o ad alto grado di malignità e i vari sottotipi istologici. È fondamentale la stadiazione, cioè la valutazione della estensione del l., che viene eseguita con l’esame obiettivo, accertamenti radiologici (per es., la TAC total body), e la biopsia osteomidollare. Una corretta diagnosi e stadiazione sono fondamentali per definire la prognosi e per impostare la terapia.
Generalmente gli LH guariscono nell’80% dei casi dopo un trattamento polichemioterapico associato o meno a radioterapia. Negli LNH, la prognosi e la terapia dipendono dalla varietà istologica e dall’International Prognostic Index (IPI), un indice prognostico che considera cinque fattori di rischio: età, stato di performance, valore di latticodeidrogenasi (LDH), stadio e numero di sedi extranodali coinvolte. Nei l. a basso grado di malignità, spesso non è necessaria alcuna terapia e sono sufficienti trattamenti non intensivi che possono garantire una normale qualità di vita anche per molti anni. Nei l. ad alto grado di malignità deve sempre essere rapidamente instaurata una polichemioterapia. Nei linfomi a cellule B, indolenti o aggressivi, alla chemioterapia si associa il rituximab, un anticorpo monoclonale diretto contro la molecola CD20, proteina di superficie che viene espressa dai linfociti B e le cui funzioni ancora non sono state chiarite. Le procedure trapiantologiche, specialmente l’autotrapianto di cellule staminali emopoietiche, vengono riservate ai pazienti giovani recidivati.