Internet, lingua di
L’impiego e la crescente diffusione della rete telematica Internet ha portato effetti importanti anche sugli usi linguistici dei suoi utilizzatori (detti talvolta, scherzosamente, internauti).
Nel trattare di questi usi e, ancor più, della loro ricaduta sull’italiano comune, il rischio principale è quello di abbandonarsi allo stereotipo secondo il quale Internet sarebbe tra i responsabili dell’imbarbarimento linguistico, in quanto segnerebbe il predominio dell’immagine sulla parola, il trionfo della superficialità, la fine di uno stile basato sull’argomentazione coesa ed ipotattica, e la supremazia di uno stile associativo, paratattico e scarsamente controllato. Studi recenti hanno mostrato come l’influenza di questi usi (nati, oltretutto, ben prima dell’era telematica) sull’italiano scritto e parlato di tutti i giorni sia tutto sommato contenuta (Antonelli 2009) e come i nuovi media elettronici agiscano non tanto sulla norma linguistica, quanto sul rapporto tra utenti e lingua – e quindi sullo stile, nel senso più lato – e sulla «redistribuzione dei domini nei quali è utilizzabile la lingua scritta» (Cortelazzo 2004: 7).
È quasi impossibile limitare alla sola lingua italiana la portata delle trasformazioni prodotte dai nuovi mezzi di comunicazione. Se ne elencheranno, di seguito, le più importanti. Molti dei tratti sotto elencati, come l’estrema manipolabilità del testo, prima ancora che dal mondo della rete derivano da quello della scrittura mediante computer: Internet non ha fatto altro che amplificarne le tendenze e incoraggiarne, tra l’altro, l’interconnessione con altri mezzi, quali il telefono cellulare.
«Con i nuovi media la scrittura è tornata, in modo del tutto inaspettato, al centro della comunicazione di massa» (Pistolesi 2004: 10). Si tratta, naturalmente, di una scrittura diversa da quella tradizionale. Una scrittura giustamente definita secondaria, «in quanto è proprio il dominio dell’oralità secondaria a deformare il codice scritto in direzione della voce e a ispirare le strategie che mirano a reintrodurre la fisicità dell’atto linguistico nel testo scritto» (Pistolesi 2004: 30).
Se la fisicità riguarda le tracce della voce nella scrittura su video (dall’uso di maiuscoli e grassetti per indicare le parti ‘urlate’, alle cosiddette faccine), essa sembra scomparire dal supporto scrittorio, che non è più la carta, ovviamente. Quando comunichiamo via Internet, infatti, «forse ci limitiamo a scambiarci fantasmi di parole: non parliamo realmente, perché comunichiamo in silenzio; non scriviamo realmente, perché le parole non restano» (Arcangeli 2005: 40). Rispetto ai testi scritti al computer e poi destinati alla stampa, dunque, quelli fruiti attraverso Internet sono ancora più distanti dalla scrittura tradizionale.
Molti scambi comunicativi possibili grazie a Internet (e-mail, chat, newsgroup, blog) esemplificano l’innovazione più importante di questo mezzo rispetto agli altri tipi di comunicazione scritta: l’interattività. Grazie a quest’ultima, alcune caratteristiche un tempo ritenute esclusive dei testi parlati (quali, ad es., un’organizzazione delle informazioni meno gerarchizzata, meno sintetica e meno coesa) possono ormai comunemente essere riscontrate anche nei testi scritti attraverso i cosiddetti nuovi media (➔ variazione diamesica; ➔ lingua parlata). Anche altri testi in rete apparentemente unidirezionali (che non prevedono, cioè, una possibilità di dialogo tra mittenti e destinatari), quali potrebbero essere le pagine di un giornale on line o le informazioni di una compagnia aerea, sono sempre più spesso concepiti, in realtà, per favorire l’interattività, vuoi sotto forma di link (o collegamento ipertestuale) per attivare il programma di posta elettronica e scrivere un messaggio ai responsabili del sito, vuoi sotto forma di lista di argomenti da discutere con altri lettori in un forum. Anche questa possibilità di rapido feedback (o segnale di retroazione, di conferma dell’avvenuta ricezione di un messaggio e di reazione a esso), garantita dai testi on line, contribuisce ad avvicinarli ai testi parlati. Internet ha dunque prodotto non soltanto un diverso rapporto tra mittente / destinatario e forme e usi dei messaggi, ma anche un diverso rapporto tra gli utenti, ormai concepiti come rete globale, secondo il significato, per l’appunto, della parola inglese net, rafforzata dal prefissoide inter (più o meno «rete delle reti»: Rossi 2000: 7).
Un altro effetto di questa comunità virtuale è costituito dai numerosi casi di scrittura cooperativa, a più mani, com’è quello di racconti o romanzi, ma anche di lunghe sessioni di giochi di ruolo (nei cosiddetti MUD, Multiuser dungeon o Multiple-user domain: Pistolesi 2004: 15-16; Fiorentino 2007: 192-196), concepiti proprio in seno alla rete. Ma si pensi anche all’enciclopedia più consultata del mondo, la telematica Wikipedia, alla quale possono contribuire tutti gli utenti della rete. L’anonimato delle sue voci, la gratuità dei contributi e la libertà di accesso (pur nel rispetto di certi vincoli) comportano l’attenuazione del concetto di autore, ovviamente: autore e destinatario di Wikipedia è l’intero popolo di Internet. Questo comporta, secondo alcuni, un’enorme riduzione del controllo di attendibilità delle informazioni. In realtà, proprio l’amplissima circolazione di quei testi e l’estesa possibilità di rettifica, garantite dalla libera condivisione dei dati, contribuiscono a ridurre i rischi di permanenza in rete di informazioni false.
La fruizione dei testi in Internet ha modificato la concezione del tempo e dello spazio rispetto alla pagina scritta. La presenza solitamente assai elevata di immagini nei siti Internet, per es., oltre alle limitazioni imposte dallo schermo, determina la maggiore lentezza della lettura on line rispetto a quella tradizionale. D’altro canto, però, la «velocità della trasmissione delle informazioni e del sapere [...] tende a diventare velocità di elaborazione e del consumo di conoscenze (tendenza all’effimero)» (Fiorentino 2007: 204).
Per quanto riguarda lo spazio, alla sequenzialità della pagina scritta si sostituisce la simultaneità della visione a schermo (Simone 2000: 71-95), così come alla bidimensionalità si sostituisce la tridimensionalità dell’ipertesto, basato per l’appunto sull’apertura di più ‘finestre’, l’una dentro l’altra, attivabili mediante un semplice click del mouse su un link. Si osserverà che la tecnica dell’ipertesto precede Internet e che, in un certo senso, anche gli apparati di note tradizionali comportavano un rapido passaggio da una sezione del testo a un’altra, anche molto distante, correlata alla prima. Se questo è vero, è indubitabile che i siti Internet hanno sviluppato al massimo grado tali tecniche: oggi quasi non esistono siti privi di link, i quali il più delle volte aprono finestre che non contengono solo testo, ma fotografie, filmati, musiche, brani parlati, talora programmi informatici da scaricare, ecc. Per questo, oltre all’interattività e all’ipertestualità, un’altra caratteristica incrementata da Internet è la multimedialità. La tecnica del link, naturalmente, velocizza oltremodo i passaggi da una parte all’altra dello schermo e aumenta, conseguentemente, la ‘profondità’ del sito. La possibilità di dilatare lo spazio on line senza limiti, tuttavia, è soltanto teorica, come si dimostra nelle dimensioni più ridotte degli articoli dei giornali on line rispetto a quelli stampati (Petralli 2003: 151).
Direttamente connesso alla diversa gestione del tempo e dello spazio, ma anche alla smaterializzazione del supporto e all’interattività, è il minore coinvolgimento con il testo che sta leggendo dell’utente di Internet, un utente nello stesso tempo più attivo del lettore a stampa e più distratto, perché abituato a fare molte cose contemporaneamente. Non a caso il termine per la fruizione on line non è leggere ma navigare, visitare, ecc. L’attività di scrittura e di lettura in rete, infatti, è resa più spezzettata, «sincopata [...] perché interrotta da tante altre attività che si realizzano col computer mentre si scrive [o si legge], come chattare, leggere e scrivere messaggi di posta, navigare in rete», scaricare programmi, canzoni o film, subire il bersagliamento dei popup (finestre pubblicitarie), giocare, videotelefonare, ecc. (Fiorentino 2007: 181). In altre parole, anche in questo i nuovi mezzi di comunicazione elettronici sembrano contribuire ad avvicinare i due poli tradizionalmente occupati dallo scritto e dal parlato, presentando utenti da un lato meno vincolati al testo (per via della minore tangibilità del supporto rispetto alla lingua scritta su carta e del maggior numero di attività simultaneamente svolte rispetto al lettore / scrittore cartaceo), dall’altro molto più coinvolti emotivamente e pragmaticamente sia nei confronti del testo fruito sia soprattutto nei confronti degli altri utenti. La tendenza allo scambio di messaggi sempre più frequenti e quasi sincroni (non soltanto quelli sulle chat, ma anche quelli via e-mail, ormai) comporta un notevole allentamento delle strategie di pianificazione testuale. Benché, come si è detto, non si possa pretendere di ricondurre a un unico tipo la variegata fenomenologia dei testi Internet, non c’è dubbio che i tratti della quotidianità, della dialogicità e dell’informalità tendano a prendere il sopravvento (D’Achille 2006: 241).
La facilità e la rapidità con cui è possibile accedere a una mole immensa di testi, in Internet, da un lato disorienta, dall’altro infonde all’utente un certo senso di onnipotenza, poiché è sempre più indotto a «copiare e poi manipolare i testi altrui, [...] talvolta senza un’accurata citazione della fonte» (Fiorentino 2007: 188). È come se l’intero materiale della rete venisse considerato come un unico grande testo a disposizione di tutti: tale percezione genera fenomeni di ‘testualità allargata’, evidenti, per es., nel trattamento dei messaggi di posta elettronica, in cui il testo del mittente può essere variamente manipolato dal ricevente (➔ posta elettronica, lingua della).
Una serie di caratteristiche strutturali riguarda l’organizzazione del testo on line. La punteggiatura tende a ridursi ai soli punti fermo, interrogativo, esclamativo, puntini sospensivi (abusati) e alla virgola, molto meno frequente; mediamente usati i due punti, pressoché assente il punto e virgola. Molto diverso, naturalmente, è il caso dell’esuberanza di segni grafici e interpuntivi nella posta elettronica e nelle chat. I periodi tendono ad essere brevi e monoproposizionali, con frequente ricorso alla sintassi nominale e all’affastellamento dei sintagmi, scanditi perlopiù da un punto e a capo seguito da uno spazio bianco (aggiunto automaticamente dai programmi di scrittura per il web). Il capoverso (più spesso detto, per calco sull’inglese, paragrafo), marcato così nel suo isolamento, diventa sempre più l’unica unità di scansione testuale, raramente più lunga di venti righe, solitamente di cinque o sei.
Anche il rispetto delle massime di coesione, coerenza e non ridondanza avviene «a livello ‘locale’, cioè del capoverso», ma non «a livello globale», cioè dell’intero testo (Fiorentino 2007: 180); «ogni paragrafo tende a cominciare con un nuovo ‘attacco’, privo di connettivi che lo leghino al precedente» (Antonelli 2007: 109). Tali produzioni si configurano sempre più nella tipologia del testo breve: la notizia on line tende sempre più alla brevità del comunicato stampa, l’informazione sempre più all’epigrammaticità dell’annuncio pubblicitario, il saggio sempre più alla sintesi sommaria dell’articolo.
Dato che «si stima comunemente che la leggibilità sullo schermo peggiori del 25% rispetto a quella su carta» (Fiorentino 2007: 198), chi progetta siti Internet dà massima importanza al principio della leggibilità, secondo il quale, tra l’altro, andrebbero evitate le parole interamente scritte in maiuscolo, bisognerebbe ridurre i termini e i periodi troppo lunghi, andrebbe calibrato l’uso dei colori e delle immagini, ecc. Lo scopo è quello di catturare l’attenzione di un lettore spesso frettoloso e distratto, che non legge quasi mai il contenuto di una schermata ordinatamente dall’inizio alla fine, bensì salta da un punto all’altro:
dal punto di vista informativo si suggerisce di costruire l’ordine delle informazioni nel paragrafo secondo la cosiddetta piramide capovolta (dalla conclusione verso i dettagli), in modo che se chi legge abbandona la lettura prima di aver concluso il paragrafo ha avuto accesso alle informazioni principali. Infine si suggerisce di esprimere un’idea per paragrafo (Fiorentino 2007 : 200)
Nei testi on line, specialmente se tecnici, si ricorre molto spesso agli elenchi puntati o numerati e alla «messa in risalto degli elementi informativamente salienti» (Prada 2003: 263), per es. mediante il grassetto.
Sempre ai fini di una semplificazione della leggibilità, si tende alla maggiore esplicitezza possibile, riducendo, tra l’altro, l’uso dei pronomi (a favore della ripetizione) e incrementando, di contro, quello dei segnali discorsivi e dei connettivi. Ancora più frequente, nei giornali on line rispetto a quelli cartacei, è l’«anadiplosi, ovvero [la] ripetizione della parola che conclude una proposizione all’inizio di quella che segue; si tratta di un accorgimento espressivo destinato talvolta ad accrescere l’enfasi dell’esposizione», oltreché a garantirne la coesione (Prada 2003: 267). D’altro canto, i titoli dei giornali on line «sono meno gridati e più aderenti al contenuto», mentre,
molto più di quanto accada nel giornalismo tradizionale, gli articoli pubblicati on line poggiano su un visibile scheletro paratestuale: l’elemento portante di questo scheletro è costituito dai titoletti che scandiscono la suddivisione in paragrafi e trasformano l’articolo web in una sequenza di microarticoli, ognuno riferito a un aspetto diverso della notizia (Antonelli 2007: 108-109)
Sicuramente l’aumento del numero degli utenti e delle funzioni della scrittura prodotto da Internet ha determinato in qualche misura la desacralizzazione della grammatica italiana e quindi anche un ulteriore allentamento della norma, rispetto a quello già in atto negli ultimi decenni. Lo si riscontra soprattutto nella distinzione sempre meno rispettata tra accenti acuti e gravi (o tra forme accentate e no) e nell’uso dell’apostrofo: forme come si (affermazione, in luogo di sì), ne (negazione, per né), se (in luogo di sé), pò (anziché po’; tra l’altro pò è la forma suggerita dal programma di scrittura di molti telefoni cellulari), qual’è (per qual è), E’ (per È: lo scarso uso di quest’ultimo segno deriva anche dalla sua assenza nelle tastiere comuni) sono sempre più frequenti in rete, ancorché condannate dalle grammatiche.
Un nutrito contingente di neologismi, sotto forma di acronimi, anglicismi, calchi, adattamenti, composti e derivati, oggi sempre più comuni, deriva proprio dalle tecniche e dagli usi di Internet e degli strumenti a esso connessi. Ne segue un elenco sommario (Rossi 2000; Fiorentino et al. 2007): account, ADSL, allegato o attachment, avatar, banner, blog, blogger, bookmark o segnalibro, browser, chat, chattare, chiocciola (il cui simbolo @, originariamente un’abbreviazione latina per ad «a, presso, verso», poi passata nell’uso commerciale americano per significare «circa», e quindi usato in Internet per introdurre il nome di dominio negli indirizzi di posta elettronica, sempre più spesso viene usato in sostituzione della lettera a in talune parole degli annunci pubblicitari), cliccare, client, collegarsi, cookie, crack (con il derivato adattato craccare), cracker, download, e-mail o posta elettronica, emoticon o faccina o smiley, FAQ, fire wall, forum, forward, forwardare o inoltrare, hacker, home page, HTML, HTTP, info (che sempre più spesso, per es. nella lingua pubblicitaria, sostituisce informazioni o istruzioni), internauta, log, login, logoff, logon, mailing list, modem, MUD, navigare, netiquette, newsgroup, off line, on line, pagina, popup, portale, postare, provider, scaricare, server, sito, spam, username, virtuale, virus, visitare, web (e composti: webcam, web designer, web engineer, webmaster, ecc.), www.
Nella formazione delle parole, si segnalano il prefisso e- (letteralmente «elettronico», ma di fatto vuol dire «via Internet»), già visto in e-mail e, da lì, in una serie di composti come e-banking, e-book o e-libro, e-business, e-commerce, e-government, e-learning; il prefissoide ciber- (cibercaffè, cibernauta, ciberspazio); Internet, usato ora come prefissoide ora come aggettivo, come in internetcaf(f)è e Internet point. A parte andrebbero registrati tutti gli acronimi e i giochi grafici utilizzati soprattutto nelle chat, che ancor meno, tuttavia, sembrano poter intaccare la lingua comune e uscire dal rango del linguaggio settoriale specifico.
Un altro aspetto apparentemente contraddittorio degli usi linguistici della rete è rappresentato dalla convivenza di evidenti forme di standardizzazione (l’adozione dell’inglese come codice universale e la tendenza a produrre testi on line molto simili nella struttura, indipendentemente dalla funzione e dai destinatari) con numerosi casi di rivitalizzazione dei dialetti e di produzioni che mescolano lingua e dialetti e lingua e lingua (per es., nei testi prodotti da utenti stranieri). Per quanto riguarda i dialetti, è stata notata una certa inversione di tendenza, rispetto alla loro morte supposta e preconizzata come prossima da molti linguisti ancora negli anni Novanta del Novecento, rappresentata soprattutto dall’uso del dialetto inteso come codice identitario o espressivo da parte delle nuove generazioni, anche nelle produzioni in rete. Tale coesistenza tra globalizzazione e usi locali, che in questo caso assume le sembianze del plurilinguismo, efficacemente espressa dalla parola macedonia (➔ parole macedonia) ingl. glocal (global + local), deriva, anch’essa, dallo straordinario incremento di utenti e di funzioni della scrittura (con conseguenti avvicinamento tra scritto e parlato, abbassamento della soglia della norma, innalzamento della soglia di tolleranza dell’errore e trionfo della scrittura effimera e informale) prodotto da Internet agli inizi del XXI secolo.
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