MUNDA-MON-KHMER, LINGUE
Le lingue Munda-Khasi-Mon-Khmer, oggi comprese sotto il nome comune di "lingue austroasiatiche", costituiscono l'ultimo avanzo d'una grande famiglia linguistica, che probabilmente occupava, prima dell'invasione delle lingue tibeto-cinesi, l'intera India posteriore, e una parte del NE. dell'India anteriore. Colà lo strato linguistico anteriore ad esse era costituito soltanto dalle lingue dei Pigmei, delle quali rimangono come avanzo la lingua degl'isolani delle Andamane e, commista a linguaggi austroasiatici, la lingua dei Semang di Malacca.
Nel nostro esame lasciamo da parte le lingue Munda dell'India avendo esse, sotto il potente influsso delle lingue dravidiche e poi di quelle arie, modificato alcuni elementi importanti, sui quali si tornerà più avanti.
1. A differenza delle lingue tibeto-cinesi, le lingue austroasiatiche non hanno "toni". Le radici sono molto semplici e sempre monosillabiche, per lo più consonante semplice + vocale semplice + consonante semplice, di rado vocale semplice + consonante o consonante + vocale. L'iniziale in alcune di queste lingue può essere consonante + r o l, ma spesso r, l è in realtà un infisso. La consonante finale è senza eccezione consonante semplice (o nasale, o r, l); teoricamente qualsiasi consonante può chiudere la sillaba ma in alcune lingue si sono introdotte limitazioni a tale indifferenza. Parecchie lingue del gruppo, per es. le lingue Mon-Khmer e Khasi, presentano numerose aspirate, le quali tuttavia sono di origine secondaria. La radice monosillabica, che ricorre spesso ancora in forma pura, viene poi ampliata esclusivamente mediante prefissi e infissi, non mai mediante suffissi.
2. L'aggiunta di prefissi avviene in due gradi. Nel primo alla radice si prefigge una consonante semplice: sono escluse le due nasali ñ e ń e le semivocali y e w; vi è oscillazione riguardo alle due altre nasali n e m, alle due liquide l e r e alle sibilanti s o h. In alcune lingue questo sistema di prefissi si è irrigidito e fuso con la radice, in modo da rendere difficile il determinare la funzione dei prefissi. Chiaro appare il significato dei prefissi pa (va, fa, ha) formatore di causativi, la (na) formatore di aggettivi e participî (perfetto passivo), ma formatore di participî (presente e gerundî). In molti casi il carattere funzionale del prefisso può essere riconosciuto soltanto mediante la comparazione delle singole lingue, e l'indagine a ciò relativa costituisce uno dei principali tra i compiti futuri della linguistica austroasiatica.
Il secondo grado della formazione di prefissi consiste nell'inserzione d'un infisso (improprio) tra prefisso e radice. Il più frequente di questi infissi è quello nasale (m, n, ń, ñ), per mezzo del quale si formano da un lato verbi transitivi e causativi, dall'altro lato sostantivi astratti e strumentali e verbi medio-intransitivi. L'infisso r è diffuso quasi ovunque, nello Stieng e nelle lingue di Malacca anche l; manca invece probabilmente l'infisso delle liquide nel Bahnar ed è dubbio nel Nicobarese e in alcuni dialetti di Malacca. Da questa infissione di liquida si ottiene anzitutto il concetto di "l'un l'altro", poi quello di "fra gli altri" di "peggiorato" e "diminuito". Anche in questo grado si è spesso di fronte a forme irrigidite, sicché la composizione di prefisso-infisso non è più sentita come tale, ma l'insieme è considerato quale un prefisso unico; ciò avviene peraltro in misura molto estesa soltanto nelle lingue austronesiche.
Alcune lingue austroasiatiche, specialmente il Khmer, sviluppano e complicano ulteriormente l'aggiunta di prefissi; anche ciò si compie sistematicamente soltanto nelle lingue austronesiche, mentre in quelle austroasiatiche si hanno solo singoli fenomeni di sviluppo.
3. Accanto all'aggiunta di prefissi, è particolarmente caratteristica di queste lingue l'inserzione di infissi (proprî), la quale avviene mediante l'introduzione entro la radice stessa di una nasale, più raramente di una liquida e ancora più raramente di p; questi infissi derivano da antichi prefissi aggiunti a una radice cominciante per vocale. Così l'infisso n forma sostantivi strumentali e astratti, spesso anche aggettivi, e nel Bahnar anche participî perfetti passivi; in alcuni casi si forma da essi un plurale collettivo. L'infisso m è frequente solo nel Khmer e forma aggettivi (per lo più personali), più di rado sostantivì astratti; nel Mon forma specialmente aggettivi, poi anche participî presenti e alcuni sostantivi astratti; nel Bahnar sostantivi, aggettivi e verbi intransitivi; nelle altre lingue non è stato riscontrato finora. Gl'infissi r e l sono più rari, hanno su per giù la stessa funzione dei prefissi r, l (v. sopra).
L'infisso p è frequente soltanto nel Khmer, dove è usato solo in luogo del doppio infisso mn ogniqualvolta la radice comincia per y, l, r; la funzione del doppio infisso mn, presente anche nel Nicobarese, e quindi quella dell'infisso p, è di formare astratti. I doppî infissi rl e rn, la cui funzione è press'a poco eguale ai precedenti, sono stati finora riscontrati soltanto nel Khmer. V. a questo proposito W. Schmidt, in Aufsätze zur Kultur- und Sprachgesch. E. Kuhn... gewidmet (Breslavia 1916, pp. 547-74)
4. La formazione delle parole presenta quindi nelle lingue austroasiatiche una certa complessità, mentre la sintassi è piuttosto semplice. Tale complessità è anche maggiore nel Nicobarese e nelle lingue Munda, che oltre a prefissi e infissi possiedono anche suffissi, e così nelle lingue austronesiche (v. W. Schmidt, Die Mon-Khmer Sprachen, pp. 45, 47 seg.). In questi gruppi, molti suffissi sono di natura secondaria e particolare, e nelle lingue Munda sono sorti in seguito all'influsso delle lingue dravidiche e all'uso del genitivo preposto, che queste hanno introdotto (v. più avanti). Tuttavia una parte di questi suffissi, specialmente nel Nicobarese, sembrano essere originarî. Deve ammettersi che essi siano andati perduti nel maggior numero delle lingue austroasiatiche, nelle quali oggi mancano. Si hanno inoltre indizî che permettono di supporre che alcuni esiti consonantici delle lingue austroasiatiche attuali non siano altro che avanzi irrigiditi di antichi suffissi (v. Schmidt, loc. cit., pag 54 segg)
5. In corrispondenza con l'uso del semplice prefisso e infisso, nella maggior parte delle lingue austroasiatiche il genitivo privo di affisso viene sempre posposto alla parola da determinarsi, il che avviene peraltro anche nel Nicobarese. Il fatto che nelle lingue Munda esso è inmce preposto è conseguenza dell'azione delle lingue dravidiche, il che risulta anche da ciò, che le lingue Munda pospongono ancora l'indicazione del possessivo nei nomi designanti parentela (Schmidt, loc. cit., p. 16).
6. Questa indicazione del possessivo nelle altre lingue austroasiatiche - come, tra le lingue austronesiche, anche nelle indonesiche - è apposta immediatamente a tutti i sostantivi. Ma nelle lingue Munda - e, tra le lingue austronesiche, in quelle melanesiache, e in origine anche nelle polinesiache - questa opposizione immediata è usata soltanto con quelle parole che denotano un possesso stretto: nelle Munda con i nomi di parentela, nelle melanesiache con questi e con i nomi di parti del corpo. Con gli altri sostantivi l'indicazione del possessivo avviene mediante una particella congiuntiva, e il tutto è opposto al sostantivo. Ciò è indizio, tanto nelle lingue Munda quanto in quelle melanesiache (e polinesiache) che si trovano ambedue in aree marginali, di un'attenuazione dello stato originario, provocato dall'influsso di lingue estranee.
7. Nelle lingue Munda (e tra le altre lingue austroasiatiche nel Nicobarese e nel Bahnar) si usa una doppia forma della 1ª persona plurale (duale, triale): una inclusiva, in cui è compreso colui al quale si parla, l'altra esclusiva, in cui è escluso. La medesima particolarità si ritrova anche in tutte le lingue austronesiche.
Partizione delle lingue austroasiatiche. - L'insieme delle lingue austroasiatiche può ripartirsi, secondo criterî interni e in parte anche geografici, nei gruppi seguenti:
a) Gruppo arcaico di Malacca (comprende i tipi più arcaici delle lingue austroasiatiche, mescolati con avanzi delle lingue dei Pigmei di Semang): Semang, Sakei: Senoi, Ple-Temer (le fonti migliori e più recenti sono: P. Schebesta, Grammatical Sketch of the Sakai Dialect, spoken by a Negrito tribe, in Bull. School. Orient Studies, IV, 1v, pp. 804-826; id., Grammatical Sketch of the Ple Temer Language, in Journ. Roy. Asiatic Soc., 1931, pp. 641-52).
b) Gruppo centrale: I. Khasi; 2. Nicobarese; 3. Wa, Riang, Palong.
c) Gruppo meridionale-orientale (Mon-Khmer): 1. Mon (Peguano, Talaing); 2. Khmer (Cambogiano), Stieng; 3. Bahnar; 4. Moi; 5. Bersisi, Jakun (gruppo recente di Malacca).
d) Gruppo settentrionale-occidentale (Munda): 1. Gruppo orientale: Santali, Mundari, Bhumij, Birhar, Koda, Ho, Turi, Asuri, Korva; 2. Gruppo occidentale: Kurku, Kharia, Juang; lingue miste: Savara, Andaba.
e) Lingua mista orientale: Annamitico.
f) Lingue miste meridionali-orientali: Cham, Rade, Jarai, Sedang.
Bibl.: 1. L'esistenza parziale d'un gruppo Mon-Khmer-Anam fu segnalata per la prima volta da J. Logan, The West-Himalayan or Tibetan Tribes of Anam, Burma and Pegu, in Journal of the Indian Archipelago, II, p. 1858; più chiaramente e completamente da C. J. F. S. Forkes, Comparative Grammar of the Languages of Further India, Londra 1881, e da E. Kuhn, Über Herkunft und Sprache der transgangetischen Völker, Berlino 1883, il quale ultimo nei suoi Beiträge zur Sprachenkunde Hinterindiens, in Sitzungsber. bayr. Ak. Wiss., 1889, p. 219 segg., mise anche in luce i rapporti con le lingue Munda e con quelle degli aborigeni di Malacca. L'elaborazione più precisa e definitiva dell'argomento è stata compiuta in ogni senso da W. Schmidt in una serie di lavori riassunti nell'opera Die Mon-Khmer Sprachen, ein Bindeglied zwischen Völkern Zentralasiens und Austronesiens, Brunswick 1906; trad. franc., Les peuples Mon Khmèr, in Bull. de l'Éc. fr. d'Extrême-Orient, 1907, pp. 213-263; 1908, pp. 1-35). In quets'opera è dimostrata comparativamente la pertinenza a questo gruppo anche delle lingue Munda (Kolh) del NE, dell'India anteriore e di quella degli isolani del Nicobarese, e per la prima volta l'insieme di tali lingue è designato col nome di "lingue austroasiatiche". Parimenti in quest'opera è indicata la parentela di questo grande gruppo linguistico con quello delle lingue austronesiche, ossia di quelle degli arcipelaghi dell'Indonesia, Melanesia e Polinesia, e i due gruppi sono riuniti sotto il nome di "lingue austriche". Anche A. Trombetti, indipendetemente, com'egli afferma, da W. Schmidt, giunse a riconoscere la connessione tra queste lingue, che egli però complica ed offusca aggiungendovene altre, le quali certamente sono loro estranee. V. quanto egli dice nei suoi Elementi di glottologia, Bologna 1923, pp. 55-63, 83-102, 423-452, dove alquanti caratteri particolari di queste lingue sono bene illustrati.
2. Dopo che i precedenti lavori ebbero messo in luce nei loro tratti fondamentali il carattere e i rapporti delle lingue moderne di questo vasto gruppo, si aprì la possibilità per due di queste lingue, il peguano (Mon o Talaing) e il cambogiano (Khmer), di raggiungere uno stadio più antico mediante lo studio delle iscrizioni di questi, che sono i due popoli dell'India posteriore che possiedono la più antica civiltà, fortemente influenzata dal brahmanesimo e più tardi dal buddhismo. Per il Mon tale studio fu compiuto da C. O. Blagden (che aveva già dato un'esposizione complessiva delle lingue moderne di questo gruppo nell'opera: W. W. Skeat e C. O. Blagden, Pagan Races of the Malay Peninsula, Londra 1906, II, pp. 377-375), nei seguenti scritti: The Talaing Inscriptions of the Myazedi Pagoda at Pagan, in Journ. Roy. Asiat. Soc., 1909, 1910, 1911, 1912; Epigraphia Birmanica, I, Rangoon 1919-20; II, 1921; III, 1923; Quelques notions sur la phonétique du Talain et son évolution historique, in Journ. Asiatique, 1910. A dare luce sull'antico Khmer contribuirono G. Coedès, Inventaire Coedès, i Bull. Éc. franç. d'Extr.-Or., VIII; Études Cambodgiennes, ibid., e G. Maspero, Grammaire de la langue Khmère, Parigi 1915 (infondati sonoi suoi dubbi sulla pertinenza a questo gruppo delle lingue di Malacca, del Nicobarese, del Khasi e delle lingue Munda). Un breve schizzo riassuntivo dellel ingue austroasiatiche è dato da J. Przyluski, in Les langues du monde, Parigi 1924, pp. 384-403.
3. La pertinenza dell'annamitico e delle ingue Cham alle lingue austroasiatiche è stata a lungo contestata. Nei primi stadî dell'indagine, la prima di queste lingue era sempre stta compresa tra le lingue austroasiatiche, sicché l'intero gruppo, era stato chiamato "mon-annamitico". W. Schmidt, il quale dapprima era anch'egli di questa opinione, dal 1906 non le assegnò più a quel gruppo. Le ricerche di H. Maspero (Études sur la phonétique de la langue annamite, in Bull. Éc. franç. d'Extr.-Or., XII, n. 1) misero in chiaro il carattere di lingua mista dell'annamitico, le cui forme prevalenti derivano da una lingua Thai, mentre il resto è fornito dalle lingue austroasiatiche. Anche il Cham, con le lingue affini Rade, Raglai, Jarai, Kančo, Sedang, ecc., rappresenta del pari senza dubbio una mescolanza di lingue astronesiche e austroasiatiche; è soltanto da chiedersi quale dei due componenti sia il più forte e il determinante: G. K. Niemann, Bijdragen tot de kennis der verhouding van het Tjam tot de talen van Indonesie, in Bijdṙ. tot de Toal-Land en Volkenkunde von Nederl. Indië, 1891, pp. 27-44, le assegna alle lingue indonesiche, come H. Kern, H. Maspero e soprattutto A. Cabaton (Dictionnaire Čam-Français, Parigi 1906), mentre K. Himly le pone tra le austroasiatiche, pur assegnando loro il carattere di lingue miste (Sprachvergl. Unters. des Wörteschatzes der Tscham-Sprache, in Sitzb. Ak. Wiss. Wien, 1896, III), e dello stesso avviso è W. Schmidt (in Anthropos, II, 1907, p. 330 segg.).