ZANUSSI, Lino
ZANUSSI, Lino. – Nacque a Pordenone il 15 febbraio 1920 da Antonio e da Emilia Michelotto.
Il padre, figlio di un fabbro, per anni aveva lavorato in proprio come riparatore di stufe e cucine a legna. A 26 anni, nel 1916, aveva aperto una piccola azienda artigiana, l’Officina fumisteria Antonio Zanussi, che si sviluppò nel giro di poco tempo. Il contesto economico-sociale era in piena evoluzione. Da area prevalentemente agricola, con l’arrivo dell’energia elettrica, Pordenone e la zona circostante avevano iniziato un processo di industrializzazione e di modernizzazione. La posizione geografica favorevole – la città era ben collegata con Venezia e Trieste, ma anche con l’Austria e, dopo il 1919, con la Iugoslavia – contribuì non poco alla crescita economica già negli anni tra le due guerre. Così fece anche l’azienda di Zanussi che, partita con tre dipendenti, aumentò rapidamente dimensioni e livelli occupazionali. Dal 1920 il nome iniziale della ditta venne modificato in quello di AZP, che stava per Antonio Zanussi Pordenone. Dalla piccola officina di una trentina di metri quadrati, costruita un terreno in via Garibaldi, angolo via De Paoli, nella quale lavoravano il fondatore e tre dipendenti, le cose cambiarono molto in fretta. Già nel 1926 l’azienda era stata trasferita in un capannone di 120 metri quadrati e poteva contare su 22 operai. Anche i due figli di Antonio, Lino e Guido (di tre anni più vecchio del fratello) davano una mano in officina appena era possibile, crescendo con valori fortemente impregnati di spirito di sacrificio e dedizione al lavoro. La crisi del 1929 fu molto pesante anche in Friuli, provocando un’ondata di disoccupazione. Tuttavia, Antonio Zanussi non si lascò abbattere dalle difficoltà. La sua azienda aveva già una buona rete commerciale e fin da quegli anni guardava con interesse anche ai mercati internazionali. Certi prodotti, ad esempio un forno a legna con piastra in ghisa, realizzato in ferro stampato, erano destinati prevalentemente a tali sbocchi. Inoltre mostrò di avere intuizioni di grande spessore, specie per una persona priva di una formazione superiore. Nel 1933, ispirandosi al famoso transatlantico italiano, lanciò il proprio marchio, Rex, il cui successo fu reso possibile anche da uno slogan pubblicitario che accompagnò il lancio dei nuovi prodotti: «Rex, fatti, non parole». In questa corsa per posizionarsi sempre meglio sul mercato era necessario anche dotarsi di una struttura produttiva molto più grande. Nel 1934 Antonio Zanussi investì una buona parte delle sue disponibilità nella realizzazione di un nuovo stabilimento di circa 2000 metri quadrati in via Montereale, nella zona nord di Pordenone, sede che sarebbe stata operativa per oltre vent’anni. Al censimento industriale del 1936 l’impresa annoverava un centinaio di dipendenti. Un ulteriore salto di qualità venne effettuato durante il secondo conflitto mondiale. Nel 1943 Antonio avviò un processo di integrazione verticale con la costruzione di una fonderia che garantiva i semilavorati necessari all’attività manifatturiera. In un certo senso si trattava del vero passaggio dall’artigianato all’industria. Il fondatore dell’azienda poté assaporare molto brevemente i vantaggi della nuova situazione. Un infarto lo stroncò nel 1946.
Con la morte di Antonio la AZP passò ai due figli, Guido e Lino, presidente il primo e amministratore delegato il secondo. Gli assetti proprietari furono però perfezionati nel 1952, quando l’AZP venne trasformata in un’accomandita semplice – la Fratelli Zanussi sas – le cui quote vennero distribuite tra Lino (51%), Guido (48%) e il fratellastro Antonino (1%), figlio della seconda moglie di Antonio, Edvige Cinat, nato nel 1941.
Nel 1945 Lino Zanussi aveva sposato Angela Pavan (1924-2016). Dalla loro unione nacquero Antonia (che sposò Gianfranco Zoppas, dal quale poi si è separata), Paola (moglie di Leonardo Mondadori) e Andrea.
Gli anni Cinquanta furono caratterizzati da un vero e proprio boom della Zanussi. La forte crescita della domanda interna e l’apertura dei mercati internazionali furono la cornice entro cui l’impresa compì un salto di qualità sia in termini produttivi sia occupazionali (in pochi anni la manodopera aumentò da circa 100 a 700 addetti). Ad accompagnare questi sviluppi quantitativi furono però anche numerose altre novità che interessarono la diversificazione produttiva e un’attenzione per il design industriale.
Le prime novità arrivarono nel 1951, dopo il viaggio effettuato negli Stati Uniti da Lino e Guido per studiare da vicino le più moderne tecnologie di produzione e i criteri di gestione manageriale, che li convinse delle enormi potenzialità del mercato nazionale degli elettrodomestici. Alla Zanussi si cominciò a differenziare la produzione tra forni a gas (è di quell’anno l’avvio della fabbricazione del primo modello di fornello a gas, il Rex 401), elettrici (per le aree del Paese ancora prive del collegamento alla rete di distribuzione del gas) e a doppia alimentazione. A queste ne seguirono altre nel 1954 (anno in cui Lino assunse il pieno controllo dell’attività aziendale, dato che il fratello maggiore, Guido, fu costretto ad abbandonare ogni impegno a causa di seri problemi di salute), quando l’azienda aprì una nuova linea produttiva, entrando nel mondo dei frigoriferi. La loro fabbricazione, realizzata dietro licenza concessa dalla Necchi di Pavia, avveniva in un apposito stabilimento situato a Porcia, un comune confinante con Pordenone, dopo che la Zanussi aveva acquistato la locale smalteria Imes. Successivamente arrivarono i modelli concepiti in casa: il Rex 301 da 145 litri e il Rex 302 da 175 litri, cui seguirono altri venduti con il nuovo marchio Naonis. Questi elettrodomestici erano stati ideati nel Centro studi per la progettazione di nuove apparecchiature, guidato dal 1954 da Paolo Gaudenzi, perito industriale all’Istituto Farinelli di Milano, inventore di uno dei primi frigoriferi ad assorbimento, una tecnologia che produceva il freddo facendo evaporare dell’ammoniaca in un circuito. L’invenzione fu brevettata, ma la sua diffusione restò limitata. Zanussi riuscì a convincere Gaudenzi a trasferirsi a Pordenone, dove assunse la direzione del Centro senza però mai diventare un dipendente della società. Nel 1955 venne creato l’Istituto per l’addestramento industriale (analogamente a quanto avevano fatto aziende come Pirelli, Montecatini, Falk e Olivetti), la cui direzione venne affidata a Gian Battista Bozzola, veronese, laureato in economia, insieme all’incarico della formazione dei quadri intermedi. Il 1956 fu anche l’anno di nascita del centro meccanografico aziendale, dotato di macchine a schede perforate Olivetti-Bull, mentre gli addetti salivano a 1300 con assunzioni ritmate su una persona al giorno.
Dalla prima linea di frigoriferi prese corpo il modello dallo stile tondeggiante che dal 1957 avrebbe invaso le case degli italiani e anche di molti consumatori dell’Europa occidentale. A Porcia negli anni successivi si sarebbe concentrata la produzione del ‘bianco’ della Zanussi (premiata nel 1962 con il Compasso d’oro attribuito alla cucina a gas Modello 700), mentre l’anno successivo nasceva a Vallenoncello, nella nuova zona industriale di Pordenone, un’azienda autonoma, la Zanussi grandi impianti spa, che si sarebbe occupata esclusivamente del comparto ‘grandi cucine’.
Prima della fine del decennio il marchio Rex si trovava anche su altri nuovi prodotti che arricchivano il portafoglio produttivo dell’azienda di Pordenone. Nel 1959 entrarono in produzione i primi modelli di banchi congelatori e le cucine capaci di funzionare sia col gas di città sia con quello delle bombole, mentre venne ideata, ma non ancora industrializzata, una lavastoviglie per comunità. Si trattava solo di un prototipo, ma era un segnale che il processo di diversificazione si sarebbe ulteriormente arricchito negli anni successivi. Nel 1958 la Zanussi avviò anche la produzione delle prime lavatrici, denominate Rex 211, analogamente ai frigoriferi, costruite inizialmente su licenza di un altro produttore, in questo caso l’americana Westinghouse. Dal 1962, invece, da Porcia uscirono le prime lavatrici interamente progettate in casa. Queste intuizioni di Zanussi conferirono all’azienda i vantaggi del first mover.
L’industria italiana degli elettrodomestici si stava affermando a livello europeo. La Zanussi era molto probabilmente la capofila, ma la concorrenza con marchi come Ignis, Merloni, Candy, Zoppas, era infuocata. Nel caso della Zanussi, poi, la competizione aveva un sapore particolare, perché uno dei più temibili concorrenti era Zoppas, il cui stabilimento si trovava a una trentina di chilometri, a Conegliano Veneto. Peraltro, la domanda era in continua crescita, sia in Italia sia all’estero, tanto che anche nella penisola già nei primi anni Sessanta il frigorifero era un elettrodomestico posseduto da circa il 90-95 per cento delle famiglie. Se nel 1957 la produzione di lavatrici raggiungeva appena i 79 mila pezzi annui, ponendo l’Italia a uno degli ultimi posti nel mondo, superata non solo da Stati Uniti, Giappone, Germania, Unione Sovietica, ma persino dalla Polonia, nel 1964, in pieno miracolo economico, ne vennero fabbricate 1 milione e 264 mila, portando così l’industria italiana al secondo posto in Europa, superata solo dalla Germania. Tuttavia, solo tre anni più tardi l’Italia era al vertice del mercato europeo con oltre 2 milioni e 245 mila pezzi prodotti. Per quanto riguarda i frigoriferi la vocazione internazionale era nettamente preponderante. La maggior parte della produzione prendeva la via dei mercati esteri: nel 1964 le esportazioni raggiungevano il 43% (circa 840 mila pezzi); due anni dopo tale percentuale saliva al 62% (circa 1 milione e 700 mila pezzi su una produzione complessiva di 2 milioni e 800 mila frigoriferi). Sul finire degli anni Sessanta si era ormai sul 71% (circa 3 milioni sui quasi 4,4 milioni prodotti). Nel caso della Zanussi la quota esportata era pari al 25% nel 1963, al 38% nel 1968, a oltre il 50% nel 1970. I dipendenti passarono a circa 3000 nel 1961 e a oltre 7000 dieci anni più tardi.
Tutte le aziende del settore, che con gli anni avrebbe cominciato a essere definito ‘l’industria del bianco’, erano aziende familiari nelle quali proprietari e fondatori avevano in genere scarsa dimestichezza con la complessità di certe strategie aziendali. Alla testa di tali imprese stavano personalità indubbiamente carismatiche, come Eden Fumagalli (Candy), Aristide Merloni (Merloni), Guido Borghi (Ignis), Ferdinando Zoppas (Zoppas), oltre naturalmente a Zanussi. La crescita del settore fu in sostanza trainata dalla domanda, mentre il contributo delle imprese e dei loro fondatori e dirigenti era volto soprattutto a obiettivi di crescita lineari in termini quantitativi. Mancava, in maniera abbastanza generalizzata, una cultura organizzativa e manageriale capace di sostenere il proprietario-fondatore-dirigente dell’azienda. Anche per tale motivo la traiettoria della Zanussi appare particolarmente importante e per certi versi atipica.
Alla Zanussi, oltre agli elettrodomestici per la casa, nel 1960 prese forma la divisione Zanussi elettronica, che creò il marchio Sèleco per i primi televisori prodotti dalla società. Quando la produzione cominciò a toccare volumi importanti si rese necessaria la costruzione di un apposito impianto che trovò sede nella nuova zona industriale di Pordenone. Nella medesima sede venne anche sviluppata un’importante gamma dei prodotti dell’elettronica civile e industriale. La spinta verso la verticalizzazione produttiva proseguì con l’affidamento della produzione di componenti elettrici e di altri accessori a un’altra società, la Lemat che si sarebbe occupata anche di un nuovo prodotto, i distributori di bevande, in uno stabilimento appositamente realizzato a Vallenoncello. Qualche anno più tardi, nel 1964, dall’impianto di Porcia uscirono anche le prime lavapiatti.
Tuttavia, fin dagli anni del boom economico Lino Zanussi comprese la necessità di avere non solo una gamma produttiva diversificata, ma anche una rete commerciale e distributiva ben organizzata. Infatti, oltre ad ampliare l’offerta dei prodotti, avviò una precoce strategia di penetrazione diretta sui mercati esteri, creando nel 1962 un ufficio commerciale a Parigi. Uffici analoghi spuntarono presto in molti altri Paesi dell’Europa occidentale, costruendo una vasta rete di commercializzazione verso 120 Paesi, con 135 ditte importatrici, 28 centri diretti di distribuzione commerciale con circa 10.000 venditori e un’ampia rete di assistenza tecnica. Nel 1967 venne inaugurato a Madrid il primo stabilimento all’estero. La Zanussi era diventata una vera e propria multinazionale. A questo primo impianto seguirono altri dodici stabilimenti situati in Italia, Spagna, Germania, Francia, USA e Lussemburgo che, sotto i marchi Zanussi, Rex, Naonis e Sèleco, davano lavoro a circa 14.000 addetti. Sempre nel 1967 Zanussi diede avvio a una strategia di acquisizione di imprese italiane in crisi. Le prime a essere interessate da tale politica furono la Becchi di Forlì, specializzata nella produzione di cucine, e la Stice di Firenze, produttrice di frigoriferi. Altre ne seguirono. Nel 1969 toccò alla Castor di Torino (lavatrici) e alla Aspera est spa di Mel (Belluno), azienda specializzata nella produzione di compressori, in un certo senso il ‘cuore’ del frigorifero.
Da qualche anno Lino era affiancato in azienda anche dal fratellastro Antonino, che dopo aver terminato gli studi superiori a Pordenone si era laureato a Londra.
L’azienda stava crescendo; soprattutto stava diventando «grossa» – come Lino disse a Bozzola, professore di economia aziendale alla Bocconi e consulente del gruppo – ma lui desiderava che la Zanussi diventasse «grande». Anche per questo aveva pensato di quotarla in Borsa. Ma riteneva decisivi altri fattori: «La parola che meglio di ogni altra si abbina alla competizione è innovazione, la cui presenza o meno nella vita di un’impresa è il sintomo più sicuro della sua capacità competitiva o dell’incertezza del suo futuro». In secondo luogo era fondamentale «una marcata specializzazione e una forte penetrazione nei mercati mondiali», che però aveva bisogno, «per essere sostenuta, di un’anima interna, di uno spirito di lavoro che è la vita più intima e meno appariscente di un’impresa». E per consolidarla sono necessari dei manager: «sono loro il vero motore dell’attività aziendale» – disse nel corso di una conferenza tenuta all’Università popolare di Udine l’8 maggio 1968.
Lino Zanussi non vide gli ultimi due successi della sua azienda, ma soprattutto non riuscì a festeggiare l’acquisizione forse più importante – per lui e la sua impresa – conclusasi nel 1969, quella del suo maggiore concorrente, la Zoppas.
Morì in un incidente aereo il 18 giugno 1968 pochi giorni dopo aver ricevuto la nomina di cavaliere del lavoro (il titolo gli venne poi attribuito postumo). Per la società fu un colpo durissimo perché con lui morirono anche alcuni importanti dirigenti del gruppo, italiani e stranieri.
Zanussi era sempre stato molto interessato allo sviluppo delle istituzioni di formazione: nel 1952 aveva fondato a Pordenone un istituto professionale per l’industria e l’artigianato, che oggi porta il suo nome; nel 1957 aveva partecipato alla fondazione del Centro universitario di organizzazione aziendale di Padova (CUOA). Dall’ateneo patavino ricevette la laurea honoris causa nel 1963.
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