Lino
Poeta greco, è uno dei personaggi posti da D. nel Limbo tra gli abitanti del ‛ nobile castello '. Il suo nome ricorre in If IV 141 Tulïo e Lino e Seneca morale, ricordati assieme a Orfeo, che compare alla fine del verso precedente (e vidi Orfeo) in vari codici il testo si legge diversamente: Alino, Alano e anche Livio.
La leggenda di L. ha origini oscure e complesse e presenta, nelle molteplici versioni che di essa si ritrovano, elementi eterogenei, difficilmente conciliabili tra di loro. Secondo la versione argiva, che sembra fosse la più antica, sarebbe stato figlio di Apollo e della principessa Psamate, figlia di Crotopo, re di Argo; esposto dalla madre appena nato, sarebbe morto sbranato dai cani del re. Da Stazio (Theb. I 595) si ricava che il re fece uccidere anche Psamate. Il lutto di Apollo per la morte di L. si legge in Stazio (cfr. Sil. V V 55); e a tale compianto, che per ordine dell'oracolo delfico fu cantato in onore di L. e della madre, si ricollegava con ogni verisimiglianza un canto molto patetico, chiamato ‛ lino ' e in seguito erroneamente identificato con un ‛ threnos ' o canto funebre. La saga argiva risulterebbe quindi d'impostazione eziologica, in quanto mirava a spiegare l'origine poco chiara del nome attribuito a un certo tipo di componimento flebile e solenne.
All'altra versione del mito, che è tebana, risale la creazione, certo posteriore a Platone e con ogni probabilità non anteriore all'età alessandrina, di un personaggio adulto di nome L., musico e cantore, figlio forse di Mercurio e di Urania o di un'altra delle nove muse, che sarà ucciso da Apollo per aver osato gareggiare nel canto con lui. Ma questa versione verrà a confondersi in qualche modo con l'argiva, perché tra le più svariate genealogie riferite dagli autori antichi, greci e latini, la paternità di Apollo affiora con insistenza, fino a divenire luogo comune.
Attraverso un ulteriore sviluppo della leggenda, si arriverà a fare di L. il padre del canto e della musica, poi addirittura della poesia, tanto che il suo nome si trasformerà in un simbolo e sarà affiancato ai nomi di Orfeo e Museo, figure altrettanto leggendarie e in ugual misura legate a una primitiva forma di poesia religiosa, frutto di postulazioni a posteriori, che si muovono tra la leggenda e il mito.
D. trovava in Virgilio due accenni a L., dai quali si ricavano da un lato la paternità di Apollo e l'accostamento di L. a Orfeo (Buc. IV 55-57 " non me carminibus vincet nec Thracius Orpheus, / nec Linus, huic mater quamvis atque huic pater adsit, / Orphei Calliopea, Lino formosus Apollo "), dall'altro l'immagine di L. pastore-poeta (Buc. VI 67 " ut Linus haec illi divino carmine pastor ").
Va aggiunto anche quanto si legge in Servio ad Verg. ecl. IV 55 (" Linus idest Apollinis [filius] fuit Thebis oriundus, qui de cursu solis lunaeque omniumque astrorum scripsit versibus non infacundis "), a conferma del fatto che a L. si attribuì in epoca tarda la composizione di opere poetiche, come il poema di argomento astronomico qui citato.
Tanto basta a spiegare come L. e Orfeo siano accostati nella citazione dantesca; né sembra del tutto giustificata la questione che si solleva circa la logica da cui sarebbe animata l'interposizione del nome di L. poeta tra quelli di Cicerone e Seneca, filosofi, purché s'individui nella collocazione un iperbato di ordine poetico: Orfeo e L. formano una coppia rispetto all'altra Cicerone e Seneca, e la poesia mistico-religiosa si affianca con piena dignità alla filosofia.
Bibl. - F. Mazzoni, il c. IV dell'Inferno, in " Studi d. " XLII (1965) 196-197.