VENTURI, Lionello
– Nacque a Modena il 25 aprile 1885 dall’unione fra Adolfo (v. la voce in questo Dizionario) e Giovanna (Jenny) Zanni (Modena 1855-Roma 1940); tre anni prima era nato il primogenito Aldo, ingegnere che morì di tifo in Libia all’epoca della conquista italiana (Modena 1882-Tripoli 1912).
Dopo aver conseguito la maturità classica nella capitale – dove la famiglia si era trasferita nel 1888 a seguito della chiamata del padre Adolfo alla direzione generale dei Musei e delle Gallerie del ministero dell’Istruzione – Lionello si laureò in lettere all’Università La Sapienza nel 1907 con Giovanni Monticolo, discutendo una tesi di storia rinascimentale veneziana, edita poi a Venezia, con titolo invariato, due anni dopo: Le Compagnie della Calza, sec. XV-XVI.
Allievo del padre nella Scuola di perfezionamento da lui diretta alla Sapienza, partecipò ai primi concorsi banditi in quegli anni dal ministero per reclutare nuovo e qualificato personale da inserire nell’amministrazione periferica delle Belle Arti (soprintendenze e musei), ottenendo – in rapida successione – la nomina a ispettore delle Gallerie di Venezia (1909-10), il trasferimento alla Galleria Borghese di Roma (1911-12) e il precoce avanzamento di carriera quale direttore e soprintendente della Galleria nazionale di Urbino (1913-14), a soli ventotto anni.
Nel 1911 conseguì la libera docenza di storia dell’arte medievale e moderna all’Università di Padova, fin qui ripercorrendo la strada pionieristicamente tracciata, pochi anni prima, dal padre Adolfo (che dal 1901 fu titolare della prima cattedra italiana di storia dell’arte alla Sapienza, dove insegnava fin dal 1889 come libero docente).
Insegnò brevemente anche a Roma, sino all’affermazione nel concorso del 1914 per una cattedra universitaria di storia dell’arte: sulle destinazioni inizialmente accarezzate da Venturi (Firenze o Pisa) ebbe la meglio l’Ateneo di Torino, dove il docente occupò il posto rimasto vacante dopo il trasferimento di Pietro Toesca a Firenze. La prolusione al corso di esordio nell’Università torinese, pur muovendo dall’ambito medievistico che aveva caratterizzato l’insegnamento di Toesca, offrì «una visione della disciplina allargata non solo a suggestioni extraeuropee, ma a connessioni vitali tra arte antica e contemporanea, nella proposta di una linea portante della “civiltà pittorica del tono” da Giorgione sino agli impressionisti francesi» (M.M. Lamberti, in Lionello Venturi e la pittura a Torino..., 2000, p. 18). Il discorso, con evidente intento programmatico, fu presto pubblicato su una testata di larga diffusione (L. Venturi, La posizione dell’Italia nelle arti figurative, in Nuova Antologia, CLXXVI (1915), 1036, pp. 213-226).
L’avvio della nuova esperienza torinese di Venturi subì, però, un brusco arresto con l’entrata in guerra dell’Italia, quando egli si arruolò come volontario (avendo già assolto gli obblighi di leva nel 1905), provocando il disappunto del padre Adolfo e riscuotendo invece il sicuro apprezzamento dello zio paterno Giuseppe (che durante il conflitto si guadagnò l’appellativo di ‘eroe del Sabotino’). Inizialmente inquadrato nel distretto militare di Torino e poi assegnato al controllo di un deposito di armamenti, nell’aprile 1917 ricevette la nomina a tenente e la guida di una compagnia di mitraglieri, con la quale fu inviato al fronte.
Nel corso dell’undicesima battaglia dell’Isonzo, il 19 agosto 1917, si distinse per un atto di particolare audacia, che gli valse l’assegnazione di una medaglia d’argento al valor militare. Il 10 ottobre dello stesso anno, tuttavia, un incidente occorso durante un’esercitazione gli causò ferite al volto e al globo oculare destro. Ricoverato a Padova, fu infine congedato dal servizio, anche se il recupero della vista dall’occhio offeso non fu immediato né completo, e solo negli anni Quaranta Venturi si sottopose a un intervento chirurgico risolutivo negli Stati Uniti.
Con il rientro a Torino, Venturi poté finalmente riprendere gli impegni accademici, insegnando, come professore ordinario, dal 1919 al 1931. Negli anni Venti egli svolse un ruolo di primo piano sulla scena torinese, chiamato a far parte di commissioni e comitati scientifici. Assunse particolare rilievo, sin dal loro primo incontro nel 1918, il rapporto con l’industriale Riccardo Gualino, culminato con la pubblicazione del catalogo della collezione d’arte messa assieme dal mecenate anche con la consulenza di Venturi (L. Venturi, La Collezione Gualino, Torino 1926), e l’organizzazione di una mostra dei suoi capolavori nelle sale della Galleria Sabauda (L. Venturi, Alcune opere della Collezione Gualino esposte nella R. Pinacoteca di Torino, Milano-Roma 1928). Tuttavia, proprio la frequentazione di Gualino, controverso personaggio inviso al regime fascista, concorse a compromettere la posizione di Venturi dal punto di vista politico, il che fece anche presto decadere la sua ‘naturale’ candidatura per la successione al padre Adolfo, quando quest’ultimo lasciò la Sapienza per raggiunti limiti d’età nel 1931.
La situazione, infine, precipitò allorché Venturi – con pochi altri colleghi in tutta Italia – si rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al regime imposto ai docenti universitari nell’ottobre del 1931. Tale presa di posizione, comportando automaticamente l’esclusione dalla vita universitaria, significò per Venturi il volontario esilio all’estero, anche per non incorrere in più gravi conseguenze: la vicenda giudiziaria dell’amico Gualino, arrestato nel gennaio del 1931 e condannato al confino sull’isola di Lipari, agì da monito in questo senso. Il 3 gennaio 1932 Venturi partì quindi per gli Stati Uniti, approfittando dell’invito a tenere una serie di conferenze a Harvard.
Al termine dell’impegno americano, Venturi si stabilì a Parigi, centro dei suoi interessi di ricerca sulla pittura moderna; in Francia, inoltre, Venturi era noto alla comunità scientifica per gli articoli pubblicati sulla Gazette des beaux-arts e sulla Renaissance de l’art francais et des industries de luxe fin dai primi anni Venti (dato messo in evidenza da Iamurri, 2011, p. 10 nota 7), oltre che per la frequentazione delle gallerie e del mercato dell’arte. In quegli anni lo studioso tenne corsi e conferenze presso gli atenei di Parigi, Lione, Londra, Cambridge, recandosi più volte negli Stati Uniti. Frutto di quella stagione furono il primo catalogo ragionato di Cézanne (Paul Cézanne. Son art, son oeuvre, Paris 1936) e quello di Pissarro (Camille Pissarro. Son art, son oeuvre, Paris 1939), nei quali Venturi perfezionò i propri studi sull’impressionismo, da tempo avviati.
Con lo scoppio della guerra nel 1939 e l’invasione nazista della Francia, egli fu obbligato ad abbandonare Parigi, trasferendosi a New York, dove rimase fino al termine del conflitto mondiale.
Già negli anni parigini era entrato a far parte della Concentrazione antifascista degli esuli italiani, aderendo al gruppo di Giustizia e libertà; tale fattivo impegno politico proseguì a New York, dove lo studioso partecipò alla Lega internazionale contro razzismo e antisemitismo, alla Mazzini Society e all’Italian emergency rescue commitee (di cui fu presidente): questi ultimi due enti ebbero sede legale presso la sua abitazione newyorkese.
Negli anni trascorsi in America, Venturi fu chiamato a insegnare alla Johns Hopkins University di Baltimora (1940), in California (1941), a Città del Messico (1942) e all’École libre des hautes études di New York (1943-44), nonché a tenere conferenze e corsi a Chicago, Detroit, Philadelphia e in altre città americane.
Questo secondo soggiorno negli Stati Uniti fu preceduto dal volume Pitture italiane in America (Milano 1931, trad. inglese New York 1933) e dalla prima edizione di History of art criticism (New York 1936), tradotta in francese due anni dopo (Bruxelles 1938) e solo al termine della guerra in italiano (Storia della critica d’arte, Roma-Firenze-Milano 1945). La prolungata presenza del celebre accademico italiano contribuì ad accrescere il livello degli studi storico-artistici negli Stati Uniti, in misura analoga a quanto accaduto con altri studiosi europei esuli Oltreoceano (cfr. C.E. Gilbert, Lionello Venturi e l’America, in Storia dell’arte, n.s., 2002, n. 101, pp. 11-14).
Alla conclusione del conflitto Venturi tornò in Italia e, dopo essere rientrato nei ruoli all’Università di Torino, ottenne presto il trasferimento alla Sapienza di Roma. Lì, la cattedra di storia dell’arte medievale e moderna, occupata da Toesca, fu quindi sdoppiata, affidando a Venturi il corso di arte medievale. Nel 1948, con il pensionamento di Toesca, Venturi passò all’arte moderna (per il Medioevo fu chiamato Mario Salmi) e divenne direttore dell’Istituto di storia dell’arte. Si completò con questi passaggi il ritorno all’ateneo romano di formazione, dove Lionello aveva mosso i primi passi negli studi storico-artistici all’ombra del padre Adolfo.
Nel marzo del 1955 Venturi chiese di essere messo fuori ruolo in considerazione dell’età, impegnandosi a tenere cicli di conferenze per i successivi cinque anni, sino all’effettivo pensionamento (1960): dal febbraio 1961 fu professore emerito. Fra le molte cariche si ricordano quelle di membro delle accademie dei Lincei e di S. Luca (Roma), delle Scienze di Torino e di socio corrispondente dell’Institut de France.
Venturi aveva sposato nel 1912 la conterranea Ada Scaccioni (Parma 1885-Roma 1970), dalla quale ebbe Rosabianca (Torino 1916-Ginevra 2006), storica dell’arte e moglie dell’editore Albert Skira, Antonello (Torino 1917-1918), Franco (v. la voce in questo Dizionario), celebre storico, e Lauro (Torino 1923-Ginevra 2010). Morì a Roma il 14 agosto 1961.
L’intero archivio dello studioso è conservato alla Sapienza di Roma, che lo ricevette in dono nel 1997 (una seconda parte pervenne attorno al 2010) dal nipote Antonello Venturi (figlio di Franco), a completare una più datata donazione al medesimo istituto di parte della biblioteca venturiana, avvenuta negli anni Settanta.
La bibliografia di Venturi conta circa ottocento titoli. Egli esordì nel 1903 sulle pagine della rivista L’Arte (Sulle origini della xilografia, VI, pp. 265-270; Un candeliere ornamentale di Zuan Andrea da Mantova , VI, Appendice, pp. 13-20), fondata e diretta dal padre, alla cui redazione collaborò stabilmente dal 1913, fino a orchestrare l’importante svolta in senso moderno rappresentata dalla nuova serie (avviata con il numero del gennaio 1930). Da quella data, inoltre, Lionello assunse la condirezione della rivista, continuando a pubblicarvi articoli sino al 1935, quando ne fu definitivamente estromesso a causa delle pressioni del regime. Indizio dell’imminente apertura alle figure più recenti e contemporanee della storia dell’arte fu il suo saggio su Èdouard Manet (XXXII (1929), pp. 145-164).
Dopo il 1903 seguirono, tra le tante pubblicazioni, Le origini della pittura veneziana (Venezia 1907), Giorgione e il giorgionismo (Milano 1913), La critica e l’arte di Leonardo da Vinci (Bologna 1919), Il gusto dei primitivi (Bologna 1926), Pretesti di critica (Milano 1929), a contraddistinguere un innovativo metodo di studio, basato sull’attenzione al contesto culturale e sul concetto di giudizio del valore artistico, rimuovendo al tempo stesso le barriere esistenti fra storia e critica dell’arte, in collegamento con l’estetica idealistica crociana: «questo avviene già nel 1926 con Il gusto dei primitivi, il cui concetto centrale, il “gusto” appunto, viene a porsi come elemento fondamentale per la comprensione della personalità dell’artista, relazionata all’esperienza e al giudizio del passato che rendono la sua opera creativa» (Valeri, 2015, p. 21). Alla luce di queste riflessioni, lo studioso si pone di fronte al fenomeno artistico come a un «problema sempre aperto» (ibid.), rifiutando l’idea di una storia dell’arte in progredire e applicando tale visione senza distinzione di sorta fra l’arte antica e quella moderna (intesa come contemporanea). Decisivo, anche in virtù dei molti viaggi e soggiorni all’estero, fu il ruolo di Venturi nella promozione dei ‘moderni’ per eccellenza, dei quali seppe individuare per tempo il valore: Amedeo Modigliani (la cui presenza sulle pagine dell’Arte nel 1930 provocò il disappunto del padre), Paul Cézanne, Georges Roualt, Marc Chagall, l’impressionismo e così via.
Venturi sostenne inoltre, insieme a Edoardo Persico, il gruppo dei Sei di Torino (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci) alla fine degli Venti e, alla Biennale di Venezia del 1952, il sodalizio degli Otto pittori italiani (Afro Basaldella, Renato Birolli, Antonio Corpora, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova), con i quali oltrepassare la stanca contrapposizione fra arte concreta e astratta.
Come già accaduto con il padre Adolfo, anche attorno a Lionello Venturi crebbe una folta schiera di storici dell’arte, fra i quali si ricordano Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, Eugenio Battisti, Creighton E. Gilbert , Valentino Martinelli, Nello Ponente, Maurizio Calvesi, Enrico Crispolti, Margherita Abbruzzese; fra gli allievi del periodo torinese spiccano Mary Pittaluga e Anna Maria Brizio.
Fonti e Bibl.: Scritti di storia dell’arte in onore di L. V., I-II, Roma 1956 (in partic. Bibliografia di L. V., a cura di E. Battisti, II, pp. 319-334); N. Ponente, Bibliografia degli scritti di L. V. 1956-1961, in Commentari, n.s., XIII (1962), 3-4, pp. 155-159; A. Bertini, L. V., in Settanta, 1971, n. 2, pp. 39-47; G.C. Argan, Le polemiche di L. V., in Studi piemontesi, I (1972), 1, pp. 118-124; Da Cézanne all’arte astratta. Omaggio a L. V. (catal., Verona-Roma), a cura di G. Cortenova - R. Lambarelli, Milano 1992 (in partic. R. Lambarelli, Bibliografia di L. V., pp. 215-225); M. Aldi, Da Toesca a V. Alle origini dell’Istituto di storia dell’arte di Torino, in Quaderni di storia dell’Università di Torino, 1996, n. 1, pp. 187-204; Ead., Note e documenti sulla prima attività dell’Istituto di storia dell’arte di Torino: Pietro Toesca e L. V., in Ricerche di storia dell’arte, 1996, n. 59, pp. 42-49; M. Di Macco, Lezioni di orientamento: gli ultimi anni dell’insegnamento di L. V. nell’Università di Torino. La formazione di Giulio Carlo Argan, ibid., pp. 17-32; S. Rossi, La scuola di storia dell’arte, in Le grandi scuole della facoltà, Atti del Convegno... 1994, a cura di E. Paratore, Roma 1996, pp. 337-381; L. Casalino, Un’amicizia antifascista. Lettere di L. V. e Franco Venturi a Luigi Salvatorelli (1914-1941), in Quaderni di storia dell’Università di Torino,1997-1998, n. 2, pp. 441-461; L. Iamurri, L. V. in esilio, in Ricerche di storia dell’arte, 1999, n. 67, pp. 59-68; A. D’Orsi, La cultura a Torino tra le due guerre, Torino 2000, passim; L. V. e la pittura a Torino, 1919-1931, a cura di M.M. Lamberti, Torino 2000; S. Valeri - R. Brandolini, L’Archivio di L. V., Milano 2001; L. V. e i nuovi orizzonti di ricerca della storia dell’arte, Atti del Convegno, Roma... 1999, a cura di S. Valeri, in Storia dell’arte, 2002, n. 101, monografico; M. Cardelli, La prospettiva estetica di L. V., Firenze 2004; A. De Luca, L. V.: la via dell’arte moderna, Napoli 2004; R. Golan, The critical moment: L. V. in America, in Artists, intellectuals, and world war II. The Pontigny Encounters at Mount Holyoke College, 1942-1944, a cura di C. Benfey - K. Remmler, Amherst-Boston 2006, pp. 122-135; L. V. intellettuale antifascista (catal., Modena), a cura di G. Taurasi, Carpi 2006; Bibliografia di L. V., a cura di S. Valeri, supplemento a Storia dell’arte, 2008, n. 121; M. Perillo Marcone, L’esilio americano di L. V., in L. Venturi, Art criticism now (1941), Torino 2010, pp. XV-XC; L. Iamurri, L. V. e la modernità dell’impressionismo, Macerata 2011; S. Valeri, La storia critica dell’arte nel magistero di L. V., Roma 2011; Id., Lungo le vie del giudizio nell’arte. I materiali dell’Archivio di L. V. nella Sapienza Università di Roma, Roma 2015; Dal nazionalismo all’esilio. Gli anni torinesi di L. V. (1914-1932), a cura di F. Varallo, Torino 2016; S. Valeri, L. V. Critica e politica per la libertà della cultura, in Critica d’arte e tutela in Italia: figure e protagonisti nel secondo dopoguerra, Atti del Convegno, Perugia... 2015, a cura di C. Galassi, Passignano sul Trasimeno 2017, pp. 655-668. Si veda inoltre il film documentario L. V. Il gusto della libertà, di S. Valeri, 2013.