LIPPI, Giovanni di Bartolomeo, detto Nanni di Baccio Bigio
Figlio di Bartolomeo di Giovanni e di Domenica di Clemente del Tasso, nacque a Firenze presumibilmente intorno al 1513, data dedotta da un documento risalente al 1565, nel quale il L. dichiara di avere 52 anni (Andres, p. 227).
Dell'attività di Bartolomeo di Giovanni, capomastro fiorentino meglio noto come Baccio Bigio e nato intorno al 1460, restano diverse testimonianze. Al 1513 risale la sua presenza, in collaborazione con Baccio d'Agnolo (Bartolomeo Baglioni), nel cantiere della cupola di S. Maria del Fiore. Negli anni successivi ricoprì un ruolo di rilievo nelle opere di rinnovamento volute dai Medici al loro rientro in città, e si occupò in particolare delle trasformazioni del palazzo di via Larga e dei trionfali preparativi per l'arrivo a Firenze di Leone X. Nel 1516 collaborò con Michelangelo al progetto per la realizzazione della facciata della chiesa di S. Lorenzo; l'anno seguente si trasferì a Roma, su invito del papa, per occuparsi della fortezza di Montefiascone. Per quel periodo la sua presenza è documentata anche nel cantiere del palazzo Medici-Lante nel rione romano di S. Eustachio. Tornato a Firenze, nel 1522 fu incaricato di dirigere i lavori per la costruzione della nuova fortezza di Poggio Imperiale. Nel 1524 sovrintese al cantiere della Biblioteca Laurenziana e, due anni dopo, nuovamente con Baccio d'Agnolo, seguì i lavori delle fortificazioni cittadine, dal lato di S. Miniato. Morì nel 1527.
A tutt'oggi non esiste uno studio esaustivo dell'opera del Lippi. Sulla lacunosa ricostruzione della sua vita e della sua attività artistica hanno pesato fattori diversi.
In primo luogo, l'equivoco documentario generato dal fatto che nella prima fase della sua attività fosse citato solo come "Giovanni di Bartolomeo scultore" ha indotto numerosi studiosi a ritenere si trattasse di un altro artista, distinto dal "mastro Nanni architetto" ricordato dai documenti successivi. Fu Giovannoni (p. 101) a dedurre che si tratta della medesima persona. In secondo luogo, la famosa disputa, che lo oppose per diversi anni a Michelangelo, ha indotto la storiografia a sottovalutarlo e a relegarlo tra le figure minori.
Il periodo della sua formazione artistica è poco noto; probabilmente fu scultore nella bottega fiorentina di Raffaello da Montelupo tra il 1527 e il 1530. Vasari ricorda che, nel 1532, il suo nome risultava tra gli iscritti alla compagnia dei pittori fiorentini di S. Luca; presumibilmente nello stesso anno si trasferì a Roma, dove fu accolto nella bottega di Lorenzo Lotti, detto il Lorenzetto, insieme con il quale realizzò la prima delle due copie della giovanile Pietà michelangiolesca, destinata alla chiesa romana di S. Maria dell'Anima.
Della sua attività di scultore, meno nota ma probabilmente prevalente fino al quarto decennio del secolo, restano diverse testimonianze, tra le quali la statua di Clemente VII nel monumento funebre in S. Maria sopra Minerva, quella di S. Girolamo già in S. Maria dei Servi a Perugia e la seconda copia della Pietà, custodita in S. Spirito a Firenze.
Si può ipotizzare che proprio in quegli anni il L., accolto nella cerchia di Antonio Cordini (Antonio da Sangallo il Giovane), avesse cominciato a interessarsi di architettura. Alla fine degli anni Trenta, sempre al seguito del Lorenzetto, partecipò al cantiere della Fabbrica di S. Pietro, dove la sua opera è documentata, tra il 1539 e il 1546, nella cappella del re di Francia e in quella del Corpus Domini (Andres, p. 228). Al L. è stato attribuito anche un importante taccuino di disegni e misurazioni per la Fabbrica, risalente al 1544-46 (Frey, p. 35).
La sua accresciuta importanza in campo artistico e la familiarità che lo univa ad Antonio da Sangallo sembrerebbero essere confermate dal fatto che entrambi figurano tra i sette confratelli proposti per l'affiliazione durante la prima adunanza della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, nel Capodanno del 1543 (Waga).
L'inizio della sua attività architettonica autonoma dovrebbe risalire ai primi anni Quaranta; la data coincide con l'avvio del cantiere per la realizzazione della residenza di Ludovico (II) Mattei, primo nucleo del palazzo Mattei di Paganica, la cui attribuzione al L., già ricordata da Vasari, è stata avvalorata dal ritrovamento di un disegno, conservato all'Albertina di Vienna (Frommel).
In realtà l'articolato iter costruttivo della fabbrica e l'assenza di ulteriori conferme documentarie non consentono di chiarire definitivamente l'attribuzione. Allo stato attuale delle conoscenze, l'ipotesi più probabile rimane quella che conferisce a G. Mangone la paternità del disegno originario dell'edificio e al L. la responsabilità del primo ampliamento del palazzo, solo parzialmente realizzato (Samperi).
Agli stessi anni risale l'incontro che avrebbe impresso una notevole svolta alla carriera del L., quello con G. Ricci di Montepulciano, suo grande protettore e committente. Nel corso del 1547, anno successivo alla morte di Antonio da Sangallo, ebbe inizio la polemica, trascinatasi per anni, che in qualità di portavoce della cerchia sangallesca lo vide opposto a Michelangelo a proposito delle modifiche da quest'ultimo introdotte nel cantiere della Fabbrica di S. Pietro (Wittkower).
Nell'anno seguente fu avviata la costruzione della villa Rufina a Frascati, voluta da monsignor A. Ruffini; l'attribuzione al L. si basa principalmente su una missiva inviata da Ricci al cardinale Alessandro Farnese nel 1564, nella quale si ricorda "quel Nanni che ha fatto la Ruffina così bella" (Ronchini, pp. 357 s.).
Un disegno autografo, conservato alla Biblioteca nazionale di Parigi e risalente al 1550, raffigura il progetto per la chiesa del Gesù a Roma. Probabilmente fu in base a questo disegno, riproducente una grande navata con sei cappelle per lato, un transetto raccorciato e concluso da una tribuna e da un coro ampi come la navata, che venne posata la pietra angolare; ma poi, per difficoltà di diversa natura, i lavori furono sospesi e il progetto fu abbandonato (Ackerman, 1988).
Nell'estate del 1551 il L. fu incaricato di condurre a termine il consolidamento del ponte S. Maria a Roma, lavoro precedentemente affidato a Michelangelo. Il L. ottenne l'incarico dopo aver dichiarato di poter eseguire il lavoro più rapidamente e a costi minori. In effetti l'opera fu completata nel giro di pochi mesi, ma sfortunatamente, nel 1557, durante una piena del Tevere la struttura crollò e il cedimento fu imputato alla sua imperizia (D'Onofrio).
Con la nomina di Ricci a cardinale, nel 1551, gli incarichi del L. si moltiplicarono: sua fu la responsabilità della ripresa del cantiere di palazzo Ricci a Montepulciano, come pure la realizzazione di due appartamenti nei palazzi Vaticani, uno destinato allo stesso Ricci e l'altro, posto sopra il corridore orientale del Belvedere, al papa Giulio III (Andres, p. 230).
Dal 1552 fu impegnato contemporaneamente nella conduzione di diversi importanti cantieri. Innanzitutto seguì, per conto di Ricci, che ne era divenuto proprietario, l'ampliamento dell'attuale palazzo Sacchetti in via Giulia, portato a parziale compimento tra il 1555 e il 1556. Egli intervenne sull'edificio incompleto di Antonio da Sangallo, aggiungendo due campate su via Giulia, allargando l'originario cortile e spostando il portone di un asse; le botteghe al piano terra furono sostituite da edicole e fu aggiunto il terzo piano, chiuso da un grandioso cornicione (Benedetti - Zander, p. 645).
Allo stesso periodo risalgono pure i lavori per l'ampliamento del palazzo Del Monte a Monte San Savino, la cui attribuzione è avvalorata dalla notizia di un compenso di 25 scudi, versato al L. nel settembre del 1554 (Colonna, 1993, p. 213). Un altro pagamento lega il suo nome pure alla costruzione della loggia a tre fornici posta a sud del palazzo Senatorio sul Campidoglio (Benedetti - Zander, 1990, p. 646). Di poco posteriore sembra essere la realizzazione del palazzo Sforza di Proceno (nel Viterbese), attribuito al L. grazie alla scoperta di una sua stima autografa, oltre che sulla base di considerazioni stilistiche (Calzona).
Dal 1555 fu probabilmente incaricato dei progetti relativi ad altri due importanti edifici romani: il palazzo Salviati alla Lungara e il palazzo Ruspoli. Nel primo, commissionato dal cardinale Bernardo Salviati come ampliamento del palazzo Adimari, l'intervento del L. sembra aver interessato in particolare l'ala di via della Lungara e forse il rifacimento della facciata sul giardino (Morolli). Nel secondo caso sono state le notevoli analogie stilistiche con altre realizzazioni del L. che hanno portato a supporre il suo coinvolgimento nel primo impianto del palazzo, risalente al 1556 (Benedetti, 1992, p. 163).
Tra la fine del sesto e l'inizio del settimo decennio l'attività del L. dovette subire una battuta di arresto, in ragione della quale egli accettò incarichi di natura ingegneristica che lo portarono in varie località dello Stato pontificio, in particolare a Fano dove, nel 1559, predispose un progetto per la costruzione delle nuove fortificazioni urbane (Wittkower, p. 253).
Nel corso del 1561 lavorò alle fortificazioni di Castel Sant'Angelo, alla costruzione di porta Pia e alla realizzazione della strada per Civitavecchia e del ponte della Traspontina. A quell'anno risale inoltre l'incarico per il rifacimento del prospetto esterno della porta del Popolo, voluto da Pio IV. In quel periodo l'unico progetto civile a lui attribuibile è quello della villa Angelina, ora villa Vecchia, costruita a Frascati sempre per il cardinale Ricci (Andres, p. 231). L'anno seguente, su invito dei conservatori capitolini, partecipò, con Guidetto Guidetti e Iacopo Barozzi (detto il Vignola), al concorso per la ristrutturazione del palazzo della Sapienza.
Forte dei propri agganci, egli riaccese la polemica contro Michelangelo, al fine di ottenerne la destituzione dal cantiere di S. Pietro. Il pontefice, preoccupato per la costruzione della cupola, decise di affiancare a Michelangelo un altro architetto e scelse Daniele Ricciarelli da Volterra, ma il L. convinse i deputati della Fabbrica a incaricarlo al posto di Daniele. Michelangelo, furioso, minacciò di abbandonare il cantiere e il L. fu costretto a lasciare il posto dopo appena un mese (Wittkower, pp. 255-257).
Nel 1564, sempre grazie all'interessamento di Ricci, il L. fu incaricato della sistemazione di un giardino di proprietà del cardinale A. Farnese a Fabrica di Roma e, soprattutto, diede avvio ai lavori per la realizzazione della villa che Ricci volle sulle alture del Pincio.
La paternità di quest'opera è stata tradizionalmente attribuita al figlio del L., Annibale, ma sembra essere ormai certo che fu il L. a partecipare al progetto sin dalle fasi iniziali e che a lui vada attribuita la responsabilità della costruzione, dei giardini e della maggior parte dei padiglioni. La sua competenza nella realizzazione di ville suburbane, del resto, era già consolidata, come sottolineato dall'esistenza di diversi motivi comuni tra questo e i progetti delle ville Rufina e Vecchia a Frascati (Andres, pp. 241-250).
Tra le altre probabili attribuzioni, suffragate da un'attenta analisi stilistica, si ricordano quelle della chiesa di S. Croce a Bosco Marengo e del Casaletto, edificato su una diramazione della via Aurelia nei pressi di Roma, opere patrocinate da Pio V e risalenti al 1566.
Secondo i registri relativi al 1567, il L. ricoprì il ruolo di architetto della Camera apostolica ma è probabile che l'inizio di questo incarico risalga a un periodo precedente (Colonna, 1993, p. 206). La mansione lo portò a seguire numerosi lavori di differente entità e natura. Tra quelli meno rilevanti, in termini di impegno, si ricordano le numerose racconciature alle strade e ai ponti sul Tevere. Dato l'elevato numero di interventi è lecito supporre che il ruolo del L. fosse quello, esclusivo, di ideare i progetti affidati alle maestranze del cantiere.
Al 1567 risale la realizzazione della Torre di Ostia, probabilmente progettata nel 1561 da Michelangelo, dopo la morte del quale (1564) i lavori furono affidati al Lippi. Egli sovrintese pure alla risistemazione dei conventi di S. Pudenziana e S. Sabina: nel primo caso si trattò di lavori di modesta entità; nel secondo fu probabilmente avviata la costruzione ex novo di una parte del convento.
Tra il 1567 e il 1568 il L. fu responsabile del progetto di rinnovamento edilizio del complesso ospedaliero di S. Spirito in Sassia e della costruzione dell'attiguo palazzo del Commendatore, voluti da monsignor Bernardino Cirillo. La stesura del progetto dovrebbe risalire agli anni 1566-67. I documenti identificano il responsabile in "mastro Nanni architetto" ed è possibile che questo incarico fosse frutto di una collaborazione familiare, dal momento che risultano pagamenti anche a suo figlio Annibale e a un "mastro Claudio pittore" che potrebbe essere identificato con l'altro suo figlio (Colonna, 1998, pp. 25 s.).
Al 1568 risale pure l'edificazione della chiesina di S. Martino degli Svizzeri in Vaticano, la cui costruzione fu conclusa nel giro di un anno. La documentazione dimostra il coinvolgimento del L. nel progetto, ma non definisce con certezza il suo ruolo. Per Lewine (p. 36) si trattò semplicemente di una supervisione dovuta al ruolo istituzionale che egli ricopriva; mentre secondo Colonna (1993, p. 209), che adduce motivazioni di tipo stilistico, a lui andrebbe attribuita l'intera paternità del progetto, realizzato poi da Pietro Antonio da Volterra.
L'ultimo incarico del L., incompiuto, riguardò il restauro e l'ampliamento delle prigioni di Tor di Nona, voluto da Pio V prima dell'affidamento dell'istituto alla Confraternita di S. Girolamo della Carità: l'edificio fu demolito dopo la chiusura del carcere, nel 1656.
Il L. morì a Roma nell'agosto del 1568 e fu sepolto nella tomba di famiglia, nella chiesa di Trinità dei Monti. Sposato con la sorella del pittore Iacopino (Iacopo) Del Conte, di cui non è noto il nome, ebbe tre figli: Annibale, Claudio (che seguirono le orme paterne e collaborarono attivamente in alcuni dei cantieri da lui seguiti) e Laura.
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