LIPPO di Benivieni
Pittore fiorentino attivo dall'ultimo decennio del sec. 13° alla prima metà del Trecento.L. viene ricordato come maestro indipendente già nel 1296, quando associa per tre anni nella sua bottega l'apprendista Neri di Binduccio; nel 1314 dipinse gli sportelli di un tabernacolo, ora perduto, per il battistero di S. Giovanni a Firenze su commissione dei consoli dell'Arte di Calimala. L. dovette iscriversi per la prima volta all'Arte dei medici e speziali tra il 1312 e il 1320 (Hueck, 1972, pp. 119-120), mentre in altri documenti fiorentini del 1316 egli risulta attivo per l'importante Compagnia dei Laudesi di S. Maria Novella, della quale divenne in quello stesso anno capitano (Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984, p. 26).Dopo la sua riscoperta critica (Offner, 1956) e i contributi fondamentali di anni più recenti (Volpe, 1972; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), L. è ritenuto uno dei protagonisti della pittura fiorentina del primo Trecento, caratterizzato soprattutto da una grande originalità creativa ed espressiva. Nelle opere più antiche che gli si possono riferire, databili ancora nell'ultimo decennio del sec. 13°, tra cui le tre storie della Passione di Cristo divise tra due raccolte private italiane e Strasburgo (Mus. des Beaux-Arts; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), oppure l'intensa Madonna con il Bambino a Bologna (coll. privata; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), emergono già con chiarezza gli spiccati accenti goticheggianti che contraddistinguono l'intero percorso dell'artista.Nel corso dei primi due decenni del Trecento L. ebbe un rapporto privilegiato di committenza con il monastero benedettino femminile di S. Pier Maggiore a Firenze, per la cui chiesa, demolita nel 1785, egli dovette eseguire almeno quattro opere. La grande croce commissionata dalla famiglia Da Filicaia (Firenze, Mus. dell'Opera di Santa Croce; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984) fu dipinta per il tramezzo della chiesa intorno al 1300 e documenta la grande autonomia mentale del pittore nell'interpretare l'imprescindibile esemplare di Giotto dipinto per S. Maria Novella. La Madonna con il Bambino in trono fra S. Pietro e S. Lucia (Firenze, Mus. Horne) fu dipinta invece per la cappella di S. Lucia di patronato degli Albizzi, probabilmente nel 1318 come parrebbero indicare precisi indizi documentari (Bietti Favi, 1990, p. 244). Tuttavia, per S. Pier Maggiore, L. dovette dipingere ancora, oltre al grande polittico per la seconda cappella a sinistra del coro poi divenuta di patronato degli Alessandri (Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), anche la tavola dell'altare maggiore con S. Pietro in trono fra due angeli (Firenze, S. Simone), datata 1307, talvolta riferita erroneamente al Maestro della S. Cecilia.Tra le opere certe di L. occorre ricordare anche il bel tabernacolo portatile di Memphis (Brooks Mus. of Art; Tartuferi, 1986), databile al 1310-1315, il cui Compianto di Cristo dipinto alla base dello sportello destro rimanda puntualmente alla grande tavola cuspidata di analogo soggetto conservata a Pistoia (Mus. Civ.; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), da ritenere plausibilmente il massimo raggiungimento dell'artista. Il Compianto di Pistoia illustra molto bene la suggestiva interpretazione del linguaggio gotico offerta da L., attenta soprattutto al dettaglio naturalistico e interessata in modo particolare alla resa dei sentimenti più profondi dell'animo umano. D'altra parte, la ritmica raffinatezza disegnativa e lo spiccato gusto decorativo avvicinano sensibilmente L. al Maestro di Figline, il cui svolgimento appare per molti aspetti parallelo a quello di Lippo. Alla sua fase matura, nel corso degli anni venti, spettano opere quali il trittico della donazione Contini Bonacossi (Firenze, Uffizi) o il S. Giovanni Battista in trono di Oxford (Christ Church Picture Gall.), il cui goticismo sottile e inquieto documenta la posizione alternativa del pittore sulla scena artistica fiorentina, soprattutto nei confronti del giottismo ortodosso ormai in via di piena affermazione. Intorno alla metà del terzo decennio dovrebbe collocarsi l'importante frammento di Maestà di New York (Metropolitan Mus. of Art, inv. nr. 63.203; Boskovits, in Offner, Steinweg, 1984), le cui dimensioni originali dovettero essere pressoché analoghe a quelle della grande Maestà di Ognissanti di Giotto (Firenze, Uffizi).L. fu certamente una delle massime personalità della pittura fiorentina della prima metà del Trecento, i cui ideali artistici influenzarono sensibilmente l'attività di alcuni pittori contemporanei, quali il Maestro della S. Cecilia e il Maestro di Figline, ma anche alcune figure di notevole rilievo appartenenti probabilmente alla generazione artistica successiva, quali il Maestro del Codice di S. Giorgio, il Maestro di San Martino alla Palma e lo stesso Bernardo Daddi.
Bibliografia
Fonti. - G. Milanesi, Nuovi documenti per la storia dell'arte toscana dal XII al XV secolo, Roma 1893, p. 15 nr. 24 (Firenze 19012); D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine Painters from the 13th to the 17th Centuries, London 1928, p. 156; I. Hueck, Le matricole dei pittori fiorentini prima e dopo il 1320, BArte, s. V, 57, 1972, pp. 114-121.
Letteratura critica. - R. Offner, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 6, New York 1956, pp. III-IX, 27-45; C. Volpe, Frammenti di Lippo di Benivieni, Paragone 23, 1972, 267, pp. 3-13; R. Fremantle, Florentine Gothic Painters from Giotto to Masaccio, London 1975, pp. 27-34; R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 9, a cura di M. Boskovits, Firenze 1984, pp. 26-34; P.P. Donati, Nell'ambito di Lippo di Benivieni, Paragone 36, 1985, 419-423, pp. 17-21; F. Todini, Un dossale fiorentino del primo Trecento, ivi, pp. 22-25; A. Tartuferi, Corpus of Florentine Painting. Nouveautés sur le Trecento, RArt, 1986, 71, pp. 43-46; M. Bietti Favi, Indizi documentari su Lippo di Benivieni, Studi di storia dell'arte 1, 1990, pp. 243-252.