LIPPO VANNI
Pittore e miniatore attivo a Siena a partire dai primi anni quaranta del Trecento.Milanesi (1854) ebbe il merito di pubblicare, insieme ad altri documenti che riguardavano L., quelli dell'agosto del 1344 e del 7 maggio 1345, che testimoniano la già intrapresa attività di miniatore, e di rendere noto nella stessa occasione il Breve dell'arte de' pittori senesi dell'anno MCCCLV (Siena, Bibl. Com. degli Intronati, C II 12), dove L. figura al primo posto nell'elenco dei pittori del 1356; ma fu di fatto soltanto con De Nicola (1912), grazie all'identificazione di alcune opere di L. con le citazioni documentarie, che prese consistenza la figura artistica del pittore e miniatore L., considerato fino ad allora poco più che un nome. Il critico collegò due documenti di pagamento per cinque miniature commissionate all'artista dallo Spedale di S. Maria della Scala (Siena, Arch. di Stato, Spedale di S. Maria della Scala, 514, Entrata e Uscita, 1341-1344, c. 66v) con le prime cinque miniature di un graduale proveniente, appunto, dallo Spedale di S. Maria della Scala, (Siena, Mus. dell'Opera della Metropolitana, 98-4). In base all'analisi stilistica di quelle miniature, è stato possibile accostare al maestro altre miniature e alcuni dipinti su tavola e ad affresco ritrovati successivamente.Il recupero di opere giovanili di L. da parte di De Nicola (1912) è tanto più significativo se si tiene conto del fatto che soltanto tre sono le opere firmate e datate dall'artista giunte fino a oggi, e tutte e tre ormai della piena maturità: il trittico del 1358 con la Madonna e il Bambino, s. Aurea e s. Domenico al centro, e storie della Vita di s. Aurea negli sportelli laterali (Roma, Angelicum, già convento domenicano dei Ss. Domenico e Sisto; Perkins, De Nicola, 1910); la spettacolare, dettagliatissima Battaglia di Val di Chiana, nella quale vinsero le truppe senesi affiancate da quelle di Francesco Orsini contro gli armati bretoni della Compagnia del Cappello, guidate dal condottiero Niccolò di Montefeltro, e di fianco il protettore di questa, S. Paolo, circondato dalle sette Virtù (Siena, Palazzo Pubblico, sala del Mappamondo), entrambi ad affresco monocromo in terretta bruna su fondo azzurro, liberati dallo scialbo che aveva coperto le iscrizioni e la data del 1363 (Siena, Arch. di Stato, D 5, II, c. 193v; Borghini, 1983, pp. 224ss., 346, n. 270); infine un'Annunciazione nel chiostro di S. Domenico a Siena - sotto la quale erano la firma e la data 1372, lette da Fabio Chigi e ricordate in un manoscritto del 1625-1626 (Siena, Bibl. Com. degli Intronati; Bacci, 1939) - ma oggi scomparsa e di cui si conserva, dopo uno strappo effettuato nel 1971, solo il frammento della testa della Vergine (Siena, Pinacoteca Naz.; Mostra di opere d'arte, 1979, pp. 70-71).Non sono più reperibili altre opere ricordate dai documenti e dalle antiche fonti senesi che avrebbero facilitato la ricostruzione della fisionomia artistica del pittore, dal momento che alcune di quelle erano ancorate a date certe, come l'Incoronazione della Vergine ad affresco nella sala della Biccherna nel Palazzo Pubblico di Siena, per la quale esiste il documento di pagamento del 30 giugno 1352 (Siena, Arch. di Stato, Biccherna 229, c. 138); l'affresco fu completamente ridipinto, con lo stesso soggetto, nel 1445 da Sano di Pietro e da Domenico di Bartolo, i quali dell'opera di L. risparmiarono soltanto la firma e la data in calce. Così come sono andate perdute le due opere documentate della sua estrema attività: gli sportelli per il Crocifisso del duomo di Siena, per i quali ricevette un pagamento nel marzo del 1375 (Milanesi, 1854, I, p. 28), e il suo intervento pittorico, nello stesso anno, su dodici angioletti scolpiti per il duomo senese (Lusini, 1911, p. 322, n. 83).È opportuno quindi tenere presente che le iniziali istoriate del graduale dello Spedale di S. Maria della Scala, identificate da De Nicola (1912) e da lui collegate con la data certa della loro esecuzione nel 1345, rimangono il punto di riferimento più antico del percorso artistico di L. e quindi l'unico, sia per studiare la sua attività giovanile sia per comprendere la sua cultura di formazione, tanto discussa dai critici moderni. Infatti alcuni studiosi (Bologna, 1969; Zeri, 1976; De Benedictis, 1976; 1979) hanno preferito sostenere che agli esordi L. stabilì contatti determinanti con Simone Martini, o con qualche suo stretto seguace, mentre proprio le miniature del graduale dello Spedale di S. Maria della Scala rivelano evidenti e significativi rapporti con Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Tali rapporti, colti già da De Nicola (1919) e da Toesca (1951), sono stati recentemente ribaditi da Volpe, il quale, nel riferirsi a quelle miniature, sosteneva che esse costituivano "il suo primo punto fermo cronologico" quando "la mente di L. è soprattutto rivolta ai Lorenzetti" (Volpe, 1976, p. 55). Lo studioso, nell'attribuire all'artista un dipinto giovanile con un S. Pietro (coll. privata), chiariva inoltre la sua interpretazione riguardo le frequentazioni giovanili dell'artista, avanzando l'ipotesi che L. avesse eseguito la piccola tavola inedita nella bottega stessa di Pietro Lorenzetti, a completamento di un polittico del maestro. D'altra parte Boskovits (1974), che ha espunto dal corpus delle opere di L. alcuni dipinti - un polittico smembrato di chiara impronta martiniana e il trittico conservato a Miami (Univ., Lowe Art Mus.), da tempo considerati della fase giovanile dell'artista -, ha contribuito alla corretta comprensione degli esordi pittorici di Lippo. Ne consegue perciò che, una volta sgombrato il campo da pretese influenze di Simone Martini, non dovrebbero permanere dissensi sul determinante apporto della scuola di Pietro Lorenzetti nella formazione artistica di L., come testimoniano indiscutibilmente le prime miniature documentate, individuate da De Nicola.Lo stesso De Nicola (1912, p. 15) mise a frutto la sua connessione tra il documento del 1345 e le miniature del graduale attribuendo a L., in base all'analisi stilistica, anche le miniature presenti in due antifonari provenienti dai Conservatori Riuniti del Refugio (Siena, Mus. dell'Opera della Metropolitana, antifonari nrr. 125, 126; Van Os, 1974, pp. 69-70). Anche il graduale della collegiata di Casole d'Elsa presso Siena, esposto come "maniera di Niccolò Tegliacci" (Mostra storica nazionale della miniatura, 1953, p. 242), è stato eseguito, come ha riconosciuto per primo Van Os (1967-1968), da Lippo. Per quanto riguarda la datazione di tutti questi codici, si ribadisce che sia i due antifonari provenienti dai Conservatori Riuniti del Refugio sia il graduale di Casole d'Elsa devono essere precedenti di qualche anno rispetto al graduale 98-4, dal momento che vi si osserva una maggiore semplicità nel disegno delle iniziali e dei fregi marginali, una più elementare distribuzione delle figure nelle iniziali istoriate rispetto allo sviluppo assai maggiore delle miniature eseguite nel 1345 (Chelazzi Dini, 1982, p. 255ss.). Non distanti temporalmente da questi corali sono anche tre codici di San Gimignano (Mus. d'Arte Sacra, LXVIII-5; LXVIII-6; LXVIII-7), provenienti dalla collegiata, assegnati all'artista da De Benedictis (1976; 1979), dai quali, purtroppo, prima del 1986 sono state rubate diverse iniziali istoriate. È doveroso segnalare anche, per le novità iconografiche delle storie entro le iniziali, l'Antiphonarium et Graduale per la festa di s. Maria Maddalena, nel quale sono comprese anche le antifone per le festività di s. Marta (Siena, Seminario Arcivescovile, Bibl.; Berenson, 1968).La matrice lorenzettiana fu profonda e persistente anche durante la maturità dell'artista, come si può verificare nelle opere di sicura cronologia, nonostante che nel frattempo L. avesse istituito rapporti anche con gli artisti della sua città a lui contemporanei - come Luca di Tommè, al quale, non a caso, era stato attribuito, dopo la prima ascrizione a Pietro Lorenzetti, il finto polittico ad affresco nella basilica di S. Francesco a Siena - e sia stato affascinato dall'attività senese dello straordinario pittore di Lucca, Angelo di Puccinello, come sostiene Bellosi (1970). Per quanto riguarda Luca di Tommè, sembra che L. lo abbia tenuto presente quando descrisse con una narrazione vivace e aneddotica le quattro storie della Vita di s. Aurea, negli sportelli del trittico, opera che reca la sua firma e la data del 1358. L'artista, tuttavia, sia nello scomparto centrale sia negli episodi laterali relativi a s. Aurea, è ancora fortemente in debito nei confronti del suo grande maestro. L'impronta particolare di Ambrogio Lorenzetti è soprattutto evidente nei celebri affreschi con Storie della Vergine dell'eremo agostiniano di S. Leonardo al Lago presso Siena. Il ciclo, restituito anch'esso a L. da Berenson (1932), ma forse non così avanti negli anni come ritiene la critica che lo data tra il 1360 e il 1370 (Borsook, 1956; Carli, 1969), è senza dubbio l'impresa più impegnativa e riuscita di tutta la sua carriera artistica, e in cui sono tuttora palesi le analogie stilistiche con il finto polittico di S. Francesco, che sembra appartenere alla sua attività giovanile.Contributi alla definizione della fisionomia artistica di L., numerosi e di grande rilievo, si devono, come si è visto, a Berenson. Per quanto riguarda l'attività di miniatore, il critico gli attribuì (Berenson, 1924) un antifonario della coll. Berry (Cambridge, MA, Harvard, Univ. Lib., Houghton Lib.), ricco di belle miniature, singolari perché eseguite con una tecnica che si avvale di colori liquidi e stesi con tratti veloci, tanto da ottenere un effetto molto pittorico, assai raro nella miniatura dell'epoca, ma di cui L. aveva già prodotto alcuni esempi, sia nei corali di San Gimignano (per es. Mus. d'Arte Sacra, LXVIII-5, c.149v, Battesimo di Cristo) sia nella Natività del graduale della collegiata di Casole d'Elsa (Siena, Mus. dell'Opera della Metropolitana, 98-4, c. 8), diversamente datato dagli studiosi successivi (Van Os, 1967-1968; 1974; De Benedictis, 1976; 1979). All'antifonario Berry spetta probabilmente una datazione prossima al giovanile finto polittico di S. Francesco a Siena (Bellosi, 1970), mentre la maggior parte della critica lo ha ritenuto tardo, se non addirittura di un suo seguace (Wainwright, 1988).Tra i numerosi dipinti su tavola, sono da segnalare innanzitutto le piccole, squisite opere pensate fin dall'origine come reliquiari, per es. lo straordinario trittico, perfettamente conservato (Baltimora, Walters Art Gall.), attribuito a L. da Berenson (1917; Zeri, 1976), probabilmente eseguito per la chiesa di S. Aurea di Roma, poiché a questa santa è stata riservata la posizione d'onore, a destra della Vergine; forse gli è cronologicamente prossimo il trittico-reliquiario con S. Domenico, S. Tommaso e un altro santo domenicano dei Mus. Vaticani (Pinacoteca). Per l'alto livello qualitativo, sono da ricordare anche i piccoli dipinti che in origine facevano parte di complessi più grandi, come la Morte della Vergine di Altenburg (Staatl. Lindenau-Mus.), riconosciuta a L. da Berenson (1924, p. 267, n. 1), che la riteneva insieme alla Crocifissione di Gottinga (Städt. Mus.) scomparto di predella di un polittico; invece il Noli me tangere di Napoli (Mus. e Gall. Naz. di Capodimonte; Chelazzi Dini, 1982, pp. 257-258), che sembra temporalmente prossimo alle due tavolette appena citate, è con probabilità la valva di un dittico, come l'Incoronazione della Vergine di Tours (Mus. des Beaux-Arts).
Bibl.:
Fonti inedite. - G.A. Pecci, Raccolta Universale di tutte l'iscrizioni, arme e altri monumenti (1730), Siena, Arch. di Stato, D 5, II, c. 193v; G. Faluschi, Memorie (1821), Siena, Bibl. Com. degli Intronati, E VI 20, c. 144.
Fonti edite. - P. Bacci, L'elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena compilato nel 1625-26 da Mons. Fabio Chigi poi Alessandro VII secondo il ms. Chigiano I. i. 11, Bullettino senese di storia patria, n.s., 10, 1939, pp. 197-213, 296-337; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I-II, Siena 1854.
Letteratura critica. - J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, II-III, Firenze 1883-1885; B. Berenson, The Italian Painters of the Renaissance, III, The Central Italian Painters of the Renaissance, New York 1897; J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A History of Painting in Italy, III, London 1908; F.M. Perkins, G. De Nicola, Alcuni dipinti di Lippo Vanni, RassASen 6, 1910, pp. 39-40; V. Lusini, Il Duomo di Siena, I, Siena 1911; G. De Nicola, Arte inedita in Siena e nel suo antico territorio, Vita d'arte 10, 1912, pp. 1-16; B. Berenson, Due nuovi dipinti di Lippo Vanni, RassA 17, 1917, pp. 97-100; id., Essays in the Study of Sienese Painting, New York 1918, p. 38ss.; G. De Nicola, Studi sull'arte senese, RassA 19, 1919, pp. 95-102; B. Berenson, Un Antiphonaire avec miniatures par Lippo Vanni, GBA, s. V, 9, 1924, pp. 257-285; Van Marle, Development, II, 1924, p. 452ss.; id., Cinque miniature di Lippo Vanni, La Diana 4, 1929, pp. 159-160; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 590 (trad. it. Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936); Toesca, Trecento, 1951, pp. 594ss., 814ss.; Mostra storica nazionale della miniatura, a cura di G. Muzzioli, cat., Roma 1953 (Firenze 19542); E. Borsook, The Frescoes at San Leonardo al Lago, BurlM 98, 1956, pp. 351-358 (con bibl.); F. Zeri, Sul problema di Nicolò Tegliacci e Luca di Tommè, Paragone 9, 1958, 105, pp. 3-16; The International Style, a cura di P. Verdier, cat., Baltimore 1962; H.W. Van Os, A Choirbook by Lippo Vanni, Simiolus 2, 1967-1968, pp. 117-133: B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, III, 1, Central Italian and North Italian Schools, London 1968, p. 444; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969; E. Carli, Lippo Vanni a San Leonardo al Lago, Firenze 1969; L. Bellosi, Lippo Vanni, in Arte in Val di Chiana, cat. (Cortona 1970), Firenze 1970, pp. 12-13 nr. 15; M. Boskovits, A Dismembered Polyptych, Lippo Vanni and Simone Martini, BurlM 116, 1974, pp. 367-376; H.W. Van Os, Lippo Vanni as a Miniaturist, Simiolus 7, 1974, pp. 67-90; C. Volpe, Sul Lippo Vanni da miniatore a pittore, Paragone 27, 1976, 321, pp. 53-57; C. De Benedictis, I corali di San Gimignano. 3. Le miniature di Lippo di Vanni, ivi, pp. 67-78; F. Zeri, Italian Paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, I, pp. 44-46; C. De Benedictis, La pittura senese 1330-1370, Firenze 1979; E.C. Southard, The Earliest Known Decoration for the Palazzo Pubblico, Siena, BurlM 121, 1979, pp. 517-518; Mostra di opere d'arte restaurate nelle province di Siena e Grosseto, cat. (Siena 1979), Genova 1979; G. Chelazzi Dini, La crisi di metà secolo, in Il gotico a Siena: miniature, pitture, oreficeria, oggetti d'arte, cat. (Siena 1982), Firenze 1982, pp. 219-289: 246-248, 255-275 (con bibl.); G. Borghini, La decorazione, in Palazzo Pubblico di Siena, a cura di C. Brandi, Milano 1983, pp. 147-349; V. Wainwright, Late Illuminations by Lippo Vanni and his Workshop, Pantheon 46, 1988, pp. 26-36.G. Chelazzi Dini