liquare
Latinismo, che si registra, in rima, in Pd XV 1 Benigna volontade in che si liqua / sempre l'amor che drittamente spira, / come cupidità fa ne la iniqua. Dai commentatori antichi, fino al Cesari escluso, il verbo è generalmente considerato come derivante dal latino liquet, con adattamento alla prima coniugazione, e inteso, quindi, nel senso di " si manifesta ".
Il Cesari, però, obiettando che " il liquet non istà mai altro che neutro assoluto, e qui con la si, piglierebbe il modo dei neutri passivi ", propone la derivazione da liquo, " che risponde affatto alla uscita italiana meglio del liquet, e si affà meglio al sentimento del passo di Dante... ‛ Liquatur ' significa ‛ si risolve, si stempera ', e figuratamente ‛ L'amor santo si risolve e torna in buona volonta ' ". La proposta del Cesari è stata accolta da numerosi studiosi (Blanc, Zingarelli, Torraca, Vandelli, Mattalia, ecc.), mentre altri (Tommaseo, Sapegno, Porena, ecc.) dimostrano di preferire la derivazione da liquet, interpretando " si manifesta ".