Abstract
Viene esaminata la procedura di liquidazione nell’ambito dei principali tributi erariali e locali. In particolare, dovendosi intendere per “liquidazione”, sia una attività materiale del contribuente, sia il “contenuto” di taluni specifici provvedimenti dell’Agenzia delle entrate (o degli enti territoriali), nel corso della trattazione è analizzato tale argomento nella duplice prospettiva dei poteri dell’amministrazione finanziaria e degli obblighi gravanti sui contribuenti per la cosiddetta “autoliquidazione”.
Per “liquidazione” si intende l’operazione – più o meno complessa – mediante la quale si applica ad un determinato parametro – la base imponibile – una determinata aliquota, al fine di quantificare l’entità della prestazione pecuniaria dovuta. Il termine, tuttavia, con il passare del tempo, ha assunto significati eterogenei ed, attualmente, la liquidazione ha, quanto meno, una duplice accezione: da un lato, è identificabile con una “attività” (sia del contribuente, sia dell’Amministrazione finanziaria), dall’altro, con un atto amministrativo, comunemente denominato “avviso di liquidazione”, tradizionalmente riconducibile alla disciplina delle imposte sui trasferimenti.
Oggi, tuttavia, anche in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto sono previste importanti procedure di liquidazione, del tutto peculiari rispetto a quelle di accertamento e di riscossione in senso stretto, che hanno indotto la dottrina a configurare un vero e proprio “potere di liquidazione” in capo all’Agenzia delle entrate (Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, Trieste, 2000, 33 e ss.). La liquidazione, infatti, nell’ambito degli schemi applicativi di tali tributi, si pone in una fase precedente ed autonoma rispetto a quelle, eventuali, di controllo e accertamento in senso stretto, con la funzione di quantificare l’imposta dovuta partendo da quanto dichiarato e versato dal contribuente in sede di “autoliquidazione”.
Al tempo stesso, anche nell’ambito delle imposte sui trasferimenti si sono affermate rilevanti fasi di “autoliquidazione” da parte del contribuente (sul punto, per considerazioni sistematiche, v., per tutti, Rinaldi, R. Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 36 e ss.; Id, Liquidazione dei tributi in Dizionario di Dir. Pubb., Cassese, S., diretto da, Milano, 2006, IV, 3556; Montanari, F., La liquidazione nei diversi modelli di attuazione del tributi, Bologna, 2010). Conseguenza diretta della mutata realtà normativa è che anche l’atto tipico della procedura, vale a dire l’avviso di liquidazione, al quale appare ormai difficile negare la natura “provvedimentale” in senso stretto, assume funzioni assai diverse a seconda del diverso modello di attuazione nel quale si inserisce.
L’aspetto maggiormente significativo della liquidazione, nell’ambito delle imposte dirette e dell’Iva, consiste nell’assenza di qualunque attività dell’Amministrazione finanziaria nella “quantificazione” del debito tributario, tant’è che si suole parlare in termini di autoliquidazione per evidenziare il ruolo attivo del soggetto passivo e, specularmente, la mera funzione di controllo da parte dell’Agenzia delle entrate: in sostanza, la concreta applicazione del tributo avviene ad opera dello stesso contribuente ovvero senza che, a tal fine, sia necessaria la emanazione di un qualsiasi atto o provvedimento dell’amministrazione finanziaria (sul punto, per considerazioni sistematiche, v., per tutti, Basciu, F., L’autoliquidazione del tributo, in Riv. dir. fin., 1986, I, 174; Basciu, A.F.,-Nuzzo, E. Autoliquidazione del tributo in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1991, 1; Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit.,13).
Nell’ambito delle imposte dirette e dell’Iva, se, da un lato, l’attività di liquidazione si estrinseca in una serie di “operazioni materiali”, più o meno complesse, poste in essere in sede di predisposizione e presentazione della dichiarazione, dall’altro, il medesimo concetto identifica l’esercizio di un autonomo potere da parte della Amministrazione finanziaria che si concretizza nella possibilità per la stessa di avvalersi di talune procedure specifiche. Il riferimento è agli artt. 36 bis, d.P.R. 29.9.1973 n. 600 e 54 bis, d.P.R. 26.10.1972 n. 633. Tali norme hanno un contenuto speculare, pur dovendo essere calate nei diversi nuclei normativi ai quali si riferiscono ed hanno entrambe la funzione, “mediante procedure automatizzate”, di correggere gli eventuali errori materiali posti in essere dal contribuente in sede dichiarativa.
Un elemento significativo che è dato cogliere, consiste nella generalità dell’esecuzione della liquidazione, nel senso che non è previsto alcun controllo selettivo, come invece avviene nell’ambito delle procedure di accertamento, ma anche di controllo formale della dichiarazione ex art. 36 ter, d.P.R. n. 600/1973 (su tali profili v., per tutti, Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 194).
Quanto all’oggetto del controllo, esso può riguardare, da un lato, errori materiali contenuti nella dichiarazione (ad esempio, un erroneo riporto di una eccedenza di imposta, piuttosto che l’indicazione di una detrazione in misura superiore a quanto spettante), dall’altro, il mero recupero di tributi laddove sia riscontrabile una divergenza tra quanto dichiarato e quanto concretamente versato.
Il problema che si è posto è se il controllo effettuato dalla Agenzia delle entrate possa riguardare anche la “riqualificazione” giuridica della base imponibile, effettuata dal contribuente in sede di dichiarazione, oppure, se la procedura in questione abbia per oggetto solamente la “quantificazione” dell’imposta (sulle diverse linee interpretative v., da ultimi, Nussi, M., La dichiarazione tributaria, Torino, 2008, 294; Boletto, G., Il ruolo di riscossione nella dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, Milano, 2010, 98; Califano, C., La motivazione degli atti impositivi, Torino, 2012, 316 e ss.; Esposito, R., La riscossione, in Fantozzi, A., a cura di, Torino, 2012, 838 e l’ampia bibliografia citata dagli autori). Sul punto non vi è unanimità di vedute ed anche la giurisprudenza è parzialmente altalenante, pur essendo quest’ultima, in larga misura, orientata nel senso che l’attività di liquidazione non può risolversi in «attività di interpretazione ed applicazione di norme e principi giuridici, di qualificazione di fatti e di rapporti, di risoluzione di questioni di imponibilità o di deducibilità o attività relative all’applicabilità di norme di agevolazione o di esenzione» (Cass., 17.3.2000, n. 3119). Dunque, le norme in questione sembrano attribuire all’Agenzia delle entrate, solamente il potere di rettificare gli errori commessi dal contribuente in sede di dichiarazione, purché tale rettifica avvenga sulla scorta dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalla dichiarazione stessa: al contrario, non possono, invece, essere “risolte” questioni giuridiche o esaminati atti diversi dalla dichiarazione stessa (da ultimo, Cass., 3.4 2012, n. 5318). È paradigmatico in tal senso che la Corte abbia negato che con la procedura in questione possa essere disconosciuto un credito d’imposta (da ultima, Cass., 22.2.2013, n. 4539).
La procedura di liquidazione prevista dai menzionati artt. 36 bis e 54 bis, è “scomponibile” in diverse fasi. L’Agenzia delle entrate, infatti, deve notificare al contribuente un apposito atto mediante il quale viene comunicato a quest’ultimo l’esito della liquidazione “automatica”: laddove emergano delle irregolarità, o il destinatario, nel termine di trenta giorni, si “adegua”, versando quanto richiesto, con una riduzione delle sanzioni ad un terzo, oppure può presentare le proprie osservazioni all’ente impositore.
Nell’ipotesi in cui i chiarimenti forniti non vengano accolti, l’Agenzia delle entrate procede con l’iscrizione a ruolo dei maggiori tributi richiesti e, conseguentemente, per il tramite dell’agente della riscossione, viene notificata al contribuente una cartella di pagamento (sui rapporti tra procedura di liquidazione e di riscossione v., da ultimi, Carinci, A., La riscossione a mezzo ruolo nell’attuazione del tributo, Pisa, 2008, 236; Boletto, G., Il ruolo di riscossione nella dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, op. cit., 92 e ss.).
Quanto alla natura della suddetta comunicazione di irregolarità, si è sostenuto che essa costituisce un «adempimento procedimentale a carico dell’Amministrazione finanziaria tesa a sollecitare la partecipazione del contribuente alla fase attuativa del tributo» (Fantozzi, A. Il diritto tributario, Torino, 2003, 543). La Suprema Corte, in linea con tale orientamento, ha affermato che trattasi di una «complessa sequenza procedimentale che ha inizio con la presentazione della dichiarazione e si conclude… con la notifica della cartella di pagamento» (Cass., 7.10.2011, n. 20600; su tali profili, per considerazioni sistematiche, v., da ultimi, Ragucci, G., Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, 2009, 72 e ss.; Fantozzi, A., Violazione del contraddittorio ed invalidità degli atti tributari in Riv. dir. trib., 2011, I, 137; Picciaredda, F., Il contraddittorio anticipato nella fase procedimentale, in Bodrito, A.-Contrino, A.-Marcheselli, A., a cura di, Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente. Studi in onore del prof. Gianni Marongiu, Torino, 2012, 403).
La Corte di cassazione, quanto agli effetti della mancata comunicazione dell’esito della procedura sulla legittimità o meno della successiva iscrizione a ruolo, ha assunto una posizione particolarmente “cauta”; la giurisprudenza di merito, al contrario, nella maggior parte dei casi, propende per la invalidità del provvedimento di riscossione, pur esprimendosi, erroneamente, in taluni casi, in termini di nullità piuttosto che di annullabilità (si v., in particolare, Montanari, F., Natura ed effetti della comunicazione ex art. 36-bis del D.P.R. 600/1973, in Giust. trib., 2007, 791; Basilavecchia, M., Avviso bonario e comunicazione al contribuente, in Corr. trib., 2008, 871; Pierro, M., Invalidità del ruolo per omessa valutazione dei documenti prodotti dal contribuente nella liquidazione automatica della dichiarazione in Rass. trib., 2012, 1574).
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la cartella di pagamento non preceduta dalla comunicazione al contribuente dell'esito della liquidazione è pienamente legittima, in quanto, da un lato, in caso di inadempimento non è prevista alcuna sanzione, in termini di nullità, dall’altro, tale comunicazione, essendo finalizzata a consentire al contribuente di evitare la reiterazione di errori e di regolarizzare alcuni aspetti formali, è rivolta, esclusivamente, all'orientamento del comportamento futuro del contribuente, esulando, quindi, dall'ambito dell'esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti della cartella di pagamento stessa (Cass., 23.5.2012, n. 8137; da ultimo, Cass., 4.4.2013, n. 8321).
Tuttavia, la stessa giurisprudenza del Supremo Collegio non sembra del tutto chiarificatrice in quanto, in altre occasioni, ha stabilito che la mancata comunicazione può inficiare la validità dell’iscrizione a ruolo «soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», senza fornire un criterio risolutivo (Cass., 25.5.2012, n. 8342).
Dunque, sembra da escludersi, secondo tale orientamento, l’obbligo di contraddittorio preventivo nell’ipotesi in cui la liquidazione riguardi mere divergenze tra quanto dichiarato e quanto versato, ma, al tempo stesso, è ragionevole giungere a conclusioni di segno opposto nelle ipotesi in cui, per esempio, il controllo (e l’esito dello stesso) riguardino la spettanza di una detrazione d’imposta o, comunque, tutti quei casi in cui il contraddittorio avrebbe potuto orientare in maniera diversa l’Amministrazione finanziaria.
In ultima analisi, occorre rilevare che la comunicazione in questione, secondo la Corte di cassazione, la quale ha mutato orientamento rispetto al passato, costituisce un atto autonomamente impugnabile innanzi alla Commissione tributaria in quanto porta a conoscenza del contribuente una «pretesa compiuta e definita» (Cass., 11.5.2012, n. 7344; su tali profili v., da ultimi, Fransoni, G., Spunti ricostruttivi in tema di atti impugnabili nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 2012, I, 979; Cipolla, G.M., Processo tributario e modelli di riferimento: dall’onere di impugnazione alla impugnazione facoltativa, in Riv. dir. trib., 2012, I, 957).
Nell’ambito delle imposte indirette sui trasferimenti (intendendosi, come tali, l’imposta di registro, quelle “ipocatastali” e la novellata imposta sulle donazioni e successioni) la cosiddetta “autoliquidazione” da parte del contribuente, sino a pochi anni addietro, era limitata solamente a talune fattispecie – anche se tutt’altro che residuali ed irrilevanti – mentre la regola generale era, tradizionalmente, quella della liquidazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. D’altro canto, l’art. 41 del d.P.R. 26.4.1986 n. 131, introduce, espressamente, un principio di carattere generale secondo cui «l’imposta è liquidata dall’ufficio…».
Nell’ambito dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali – le quali, quanto alle procedure di liquidazione, accertamento e riscossione, rinviano, giusto il disposto dell’art. 13, d.lgs. 31.10.1990, n. 347, al d.P.R. n. 131/1986 – non è ravvisabile un modello di attuazione unitario, posto che a seconda del verificarsi delle diverse fattispecie impositive (ovvero, delle varie tipologie di atti da sottoporre a registrazione) il legislatore ha previsto, in alcuni casi, una attività di liquidazione esclusivamente ad opera del contribuente, in altri, dell’Agenzia delle entrate.
Analogamente, per quanto concerne l’imposta sulle gratuità (e non più solamente sulle donazioni, essendo stato esteso, in seguito all’entrata in vigore d.l. n. 262 del 3.10.2006, convertito dalla l. 24.11.2006 n. 286, tale tributo a taluni atti a titolo gratuito che non presuppongono alcun animus donandi), l’art. 55, d.lgs. 31.10.1990, n. 346, rinvia alle forme di registrazione e liquidazione previste dal d.P.R. n. 131/1986. Rimangono, dunque, escluse da tale disciplina, le cd. donazioni indirette le quali necessiterebbero un’autonoma trattazione (sul punto v., Gaffuri, G., L’imposta sulle successioni e donazioni: trust e patti di famiglia, Padova, 2008, 141; Salanitro, G., Brevi appunti sulla tassabilità della donazione informale in Riv. dir. trib. 2012, II, 273).
In base al momento “temporale” in cui l’Agenzia delle entrate procede alla liquidazione ed al tipo di potere esercitato, sono annoverabili tre distinte tipologie di avvisi di liquidazione: per imposta principale, suppletiva o complementare (si v. Uckmar, V.-Dominici, R., Registro (imposta di). in Nss. D.I, Appendice, Torino, 1986, 543 e ss.; Rinaldi, R. Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 62 e ss.). Come si osserverà nel successivo paragrafo, la liquidazione dell’imposta principale può, tuttavia, esulare da qualunque attività dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 42 del d.P.R. n. 131/1986, infatti, definisce come principale l’imposta liquidata al momento della registrazione e, suppletiva, quella applicata nel caso in cui l'Ufficio che ha ricevuto l'atto da sottoporre a registrazione abbia commesso esso stesso «errori od omissioni». L’imposta complementare, invece, è definita in via del tutto residuale, con un espresso riferimento ad «ogni altro caso» diverso da quelli che danno luogo alla applicazione dell’imposta principale e suppletiva.
La disciplina riguardante la registrazione degli atti in via telematica è contenuta nel d.lgs. 18.12.1997, n. 463, a sua volta integrato ed, in larga parte, modificato dal d.lgs. 18.1.2000, n. 9 , nonché dal d.l. 31.5.2010 n. 78, convertito dalla l. 30.7.2010, n. 122 (sul punto v., per tutti, Salanitro, G., L’autoliquidazione nella disciplina dell’imposta di registro, in Riv. dir. trib., 2004, I, 1245; Tabet, G., Spunti critici sulla figura del notaio nel sistema di registrazione telematica, in Rass. trib., 2013, 94; Puri, P., Note a margine di un recente contributo sulla figura del notaio nel sistema di registrazione telematica, in Rass. trib., 2013, 1022).
Sino a pochi anni addietro, la procedura in questione riguardava, esclusivamente, la registrazione dei contratti di locazione ed era obbligatoria per i “grandi proprietari” (ovvero coloro che risultano proprietari di almeno cento unità immobiliari), ma facoltativa per tutti gli altri soggetti.
A decorrere dal I° aprile 2007, invece, tale modalità di registrazione è obbligatoriaper gli adempimenti relativi a tutti gli atti formati o autenticati dalla medesima data.
La procedura disciplinata dal d.lgs. n. 463/1997 si sostanzia, per l’appunto, nella richiesta di registrazione mediante il cosiddetto modello unico informatico, la quale deve essere preceduta dal pagamento del tributo determinato, in sede di autoliquidazione, da parte del notaio rogante. In termini essenziali, la regolarità dell’autoliquidazione e del conseguente versamento dell’imposta, è oggetto di controllo da parte dell’Ufficio territorialmente competente e, «qualora sulla base degli elementi desumibili dall’atto risulti dovuta una maggiore imposta», l’Ufficio – entro sessanta giorni dalla data di presentazione del modello informatico – procede alla richiesta della maggiore imposta mediante l’emanazione di un avviso di liquidazione.
Nell’ipotesi in cui, quindi, l’Agenzia proceda a liquidare la maggiore imposta entro il termine testé menzionato, quest’ultima avrà la medesima natura di quella versata in sede di “autoliquidazione”, ovvero di imposta principale (in tal senso, Cass., 10.8.2010, n. 18493 sulla quale v., per tutti, Tabet, G., op. loc. ultt. citt., 94 e ss.; Puri, P., op. loc. ultt. citt., 1022 e ss.) che sarà richiesta direttamente al notaio mediante apposito avviso di liquidazione notificato in via telematica. Nel caso di specie, come rilevato in dottrina, trattasi di una tipologia peculiare di imposta principale “postuma” (Tabet, G., op. loc. ultt. citt., 95): infatti, il criterio di qualificazione «cronologica», previsto dall’art. 41, d.P.R., subisce una rilevante eccezione in quanto il tributo principale viene richiesto in un momento successivo rispetto alla registrazione dell’atto (al pari di quanto avviene per le imposte complementari e suppletive).
D’altro canto, è lo stesso art. 42, d.P.R. n. 131/1986 a disporre, testualmente, che «è principale», oltre all'imposta applicata al momento della registrazione, «quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica».
Nell’ipotesi in cui, invece, l’avviso di liquidazione venga notificato dopo il termine di sessanta giorni, non più al notaio che ha effettuato la registrazione telematica, ma alle parti contrattuali, è ragionevole ritenere che la maggiore imposta liquidata debba essere qualifica come suppletiva e non più principale (sul punto, v. Salanitro, G., op. cit., 1248).
Come appare evidente, dal quadro normativo in questione emerge una rinnovata responsabilità dei notai, in quanto in capo a questi ultimi è, oggi, ravvisabile un obbligo alla “corretta liquidazione” del tributo: sono, infatti, tali soggetti che “autodeterminano” l’importo relativo all’atto rogato e che, quindi, devono interpretare ed applicare le disposizioni tributarie. Dunque, il ruolo che assume tale figura professionale potrebbe mettere in discussione le ricostruzioni tradizionali che identificano nel notaio quella di mero responsabile d’imposta (su tali profili v., per tutti, Tabet, G., op. loc. ultt. citt., 97 e ss.).
Tale posizione è stata, tuttavia, confermata dalla Suprema Corte (Cass., 10.8.2010, cit.) la quale, da un lato, ha stabilito che, comunque, i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta autoliquidata dal notaio, rimangono le parti contraenti (assumendo, dunque, il pubblico ufficiale, la qualifica di responsabile d’imposta) e, dall’altro, che, conseguentemente, queste ultime sono legittimate ad impugnare l’avviso di liquidazione notificato al notaio stesso in via telematica.
Come precedentemente accennato, l’atto “tipico” della procedura di liquidazione, nell’ambito delle imposte sui trasferimenti, è il cosiddetto avviso di liquidazione il quale ha una struttura, evidentemente, “poliforme” in ragione del singolo microsistema impositivo in cui si inserisce (per un inquadramento sistematico, oltre alla bibliografia precedentemente citata, v. Romanelli, Grimaldi, E., Avviso di liquidazione in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, 1; Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 38 e ss.).
In particolare, come detto, mentre la liquidazione dell’imposta principale non presuppone, necessariamente, alcun atto dell’Amministrazione finanziaria, la liquidazione dell’imposta suppletiva e complementare implica, sempre e comunque, la notificazione di un apposito provvedimento.
Appare, oggi, largamente condiviso che non possa essere negata, tout court, a tale categoria di atti la natura provvedimentale e, quindi, che gli stessi debbano contenere un’autonoma motivazione (sul punto v., da ultimo Califano, C., op. cit., 305 e ss.). Come più volte ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’avviso di liquidazione costituisce un «provvedimento di accertamento in senso ampio» posto che gli atti della Amministrazione finanziaria devono essere considerati «a prescindere» dalla loro «denominazione» ma in base alla «efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo» (Cass., 20.7.1994, n. 6753). D’altro canto, appare ormai pacifico nella giurisprudenza che sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione tutti quegli atti con cui l'amministrazione comunica al contribuente una «pretesa tributaria ormai definita… non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione avviso di liquidazione o avviso di pagamento o la mancata indicazione del termine o della forma da osservare per l'impugnazione o della commissione tributaria competente» (Cass., 9.12. 2009, n. 25699).
Ciò non significa, come detto, che l’avviso di liquidazione abbia una struttura “uniforme” e sia sempre espressione di “potere impositivo” in senso stretto, in quanto la funzione ed il contenuto di tale provvedimento variano a seconda delle diverse ipotesi normative che ne sanciscono l’obbligatorietà o la eventualità: funzione e contenuto possono, dunque, differire in maniera significativa (sul punto, per le diverse ricostruzioni v., da ultimo. Califano, C., op. cit., 309).
In particolare, il Supremo Collegio distingue, nettamente, gli avvisi di liquidazione in due categorie: da un lato, gli atti che si risolvono in un mero calcolo dell'imposta «applicando i parametri di legge sulla base dei dati forniti dal dichiarante», dall’altro, i provvedimenti espressione di un vero e proprio potere impositivo che presuppongono un’attività istruttoria e di controllo o, quanto meno, di corretta qualificazione della fattispecie da parte degli Uffici (Cass., 18.2.2009, n. 3863).
Così, non pare possibile negare che costituisca diretta espressione di tale potere l’avviso di liquidazione che, in base all’art. 20, d.P.R. n. 131/1986, riqualifichi, dal punto di vista sostanziale, l’atto sottoposto a registrazione, come, al tempo stesso, pare ragionevole negare l’esercizio di tale potere nel momento in cui l’avviso di liquidazione abbia la funzione di atto con il quale l’Amministrazione pone in essere un mero calcolo del tributo (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla registrazione degli atti giudiziari ove l’avviso di liquidazione costituisce un «meccanismo di attuazione della registrazione e della determinazione dell’imposta» principale) (sul punto si rinvia a Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 99).
Nell’ambito dell’imposta sulle successioni, non è prevista alcuna forma di autoliquidazione, in quanto, ai sensi dell’art. 27, d.lgs. n. 346/1990, al contribuente spetta, esclusivamente, la presentazione della dichiarazione di successione. È, infatti, l’Agenzia delle entrate a liquidare il tributo ed a notificare un apposito avviso di liquidazione. In tal caso, dunque, tale atto assume una posizione peculiare rispetto alle altre imposte sui trasferimenti per atti inter vivos: l’avviso ha la funzione di legittimare il pagamento spontaneo del tributo (sul punto v., in particolare, Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 110; Bosello, F., L’imposta sulle successioni e sulle donazioni, in Amatucci, A., a cura di, Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, 207 e ss. gg.; Gaffuri, G., op. cit., 387 e ss.). Tuttavia, in tal caso, l’oggetto della liquidazione è la dichiarazione di successione del contribuente e, dunque, i poteri di controllo esercitati dall’Agenzia delle entrate sono particolarmente complessi ed eterogenei. Tale circostanza si riflette, evidentemente, anche sul contenuto degli avvisi di liquidazione ed, in particolare, sull’obbligo di motivazione. La giurisprudenza, infatti, distingue, analogamente a quanto visto per l’imposta di registro, le ipotesi in cui l’avviso si risolve in una mera liquidazione d'imposta, da quelle in cui l’Ufficio procede a correggere errori di calcolo, piuttosto che ad escludere passività: solamente in quest’ultima ipotesi, secondo la Corte, il provvedimento deve contenere le ragioni di fatto e di diritto a sostegno della pretesa impositiva (Cass., 11.4.2011, n. 8190).
Analogamente a quanto visto per gli altri tributi sui trasferimenti, anche in tal caso l’avviso di liquidazione può riguardare l’imposta principale, suppletiva o complementare, a seconda che si tratti di errori commessi dal contribuente in sede di dichiarazione o dell’Ufficio stesso, rimanendo valido quanto già esplicitato in precedenza (sul punto v., per tutti, Rinaldi, R., Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, op. cit., 131 e ss.).
I tributi locali sono stati oggetto, negli ultimi anni – e lo sono tutt’oggi – di radicali modifiche quanto alla disciplina sostanziale ma, dal punto di vista procedimentale, l’attuale assetto normativo sembra rispecchiare, in larga misura, la struttura originaria (per una disamina delle novità v., per tutti, De Vico, L.-Lovecchio, L.-Magliaro, A.,- Ruggiano, F.,-Sarti, P.,-Uricchio, A., Manuale dei tributi locali, Rimini, 2012). In particolare, tali tipologie di entrate sono tutte caratterizzate dalla difficoltà di distinguere, nettamente, i profili dell’accertamento e della riscossione da quelli della liquidazione (per l’evoluzione del sistema v., per tutti, Amatucci, F., a cura di, Il nuovo sistema degli enti locali, Torino 2010; Del Federico, L., Tasse, tributi paracommutativi, e prezzi pubblici, Torino, 2000, 223 e ss.). Infatti, l’iscrizione a ruolo presuppone, evidentemente, un’attività preventiva di liquidazione dell’imposta dovuta che assume, quanto alla situazione di fatto, la base imponibile accertata mediante denuncia ed, eventualmente, attraverso rettifiche apportate a tale denuncia dall’Amministrazione (in tal senso Basilavecchia, M., I rapporti tra atti impositivi, in Corr. trib., 2004, 1185). In altri termini, ad oggi, non è previsto, in via generalizzata, pur essendovi talune eccezioni, un modello di attuazione fondato sull’autoliquidazione e sull’adempimento dell’obbligo impositivo mediante versamenti spontanei.
Gli enti locali, dunque, esercitano un’attività di controllo sui dati dichiarati dal contribuente, liquidano il tributo ed utilizzano lo strumento dell’iscrizione a ruolo, che funge da strumento di adempimento del debito tributario. La stessa giurisprudenza ammette l’emissione della cartella di pagamento non preceduta da alcun avviso di accertamento, qualora il Comune provveda alla semplice liquidazione del tributo (Cass., 1.10.2007, n. 20646; Cass., 14.7.2010, n. 16515).
Ipotesi del tutto peculiare, in tale contesto generale, è quella dell’Imposta municipale propria (Imu), introdotta con il d.lgs. 14.3.2011, n. 23 – e che, a decorrere dal I° gennaio 2014, è “confluita” nella cd. Imposta unica comunale (Iuc) – in cui è il contribuente stesso che provvede all’autoliquidazione, in termini analoghi a quanto accadeva con riferimento all’imposta comunale sugli immobili (Ici): lo stesso soggetto passivo, infatti, determina il quantum dovuto e procede al versamento in forma rateale, ovvero in unica soluzione ex art. 9, co. 3, d.lgs. n. 23/2011.
Dal punto di vista dell’Ufficio, invece, la l. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) ha abrogato i primi tre commi dell’art. 11, d.lgs. 30.12.1992 n. 504, così eliminando l’avviso di liquidazione in materia di Ici. La disposizione prevedeva, infatti, il controllo formale di versamenti, dichiarazioni e denunce sulla base dei dati direttamente desumibili dalle medesime e dalle informazioni fornite dal sistema informativo del Ministero delle Finanze. Era, quindi, prevista, in caso di irregolarità, la notifica dell’avviso di liquidazione entro stringenti termini decadenziali (annuale per la “riliquidazione” dei fabbricati con rendita presunta e biennale per la liquidazione di versamenti omessi o insufficienti). Con la suddetta abrogazione, pertanto, le ipotesi di irregolarità formali sono rimaste assorbite nella disciplina generale dell’accertamento e della riscossione.
Conseguentemente, anche con riferimento all’Imu, in virtù del richiamo di cui all’art. 9, co. 7, d.lgs. n. 23/2011 alla disciplina di cui all’art. 11, co. 3, 4, 5 e all’art. 1, co. da 161 a 170 della l. n. 296/2006, deve ritenersi, sostanzialmente, eliminata l’autonomia della fase di liquidazione, confluita in quella di accertamento e riscossione.
Presenta, invece, profili peculiari l’Imu “secondaria” la quale, a decorrere dal 1° gennaio 2014, è introdotta in sostituzione di Tosap, Cosap, Icp, nonché del canone per l’autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari. Da un lato, infatti, l’art. 11, co. 2, lett. d) del d.lgs. 14.3.2011 n. 23, prevede, espressamente, il rinvio, pressoché generalizzato, alle disposizioni concernenti l’Imu propria, da quelle concernenti i modelli di dichiarazione sino alla fase della riscossione; dall’altro, invece, i tributi “sostituiti” dall’Imu secondaria – diversamente dall’Imu propria – non si fondano sul modello dell’autoliquidazione da parte del contribuente, bensì sull’attività di controllo diretto dell’ente locale sui dati dichiarati dal contribuente attraverso l’iscrizione a ruolo quale strumento di adempimento del debito tributario.
Da ultimo, anche la Tassa sui rifiuti (Tari) ed il Tributo per i servizi indivisibili (Tasi), introdotti dalla l. 27.12.2013 (cd. legge di stabilità 2014), anch’essi confluiti nella già menzionata Iuc, non deviano, in maniera significativa, rispetto al modello generale di attuazione dei tributi “a livello locale”: infatti, pur essendo da evidenziare che la disciplina è ancora “fluida”, in continua evoluzione e foriera di incertezze, il legislatore, in un’ottica di semplificazione, ha stabilito che debba essere lo stesso ente impositore a provvedere alla liquidazione dei tributi (art. 1, co. 689, legge di stabilità). Occorre, tuttavia, menzionare che, anche in base ai futuri decreti di attuazione di tale norma, non è da escludere che i regolamenti comunali possano stabilire ipotesi di autoliquidazione da parte del contribuente.
Art. 36 bis, d.P.R. 29.9.1973, n. 600; art. 54 bis, d.P.R. 26.10.1972, n. 633; artt. 20, 41 e 42, d.P.R. 26.4.1986, n. 131; art. 13, d.lgs. 31.10.1990, n. 347 al d.P.R. n. 131/1986; art. 55, d.lgs. 31.10.1990, n. 346; d lgs. 18.12.1997, n. 463; d.lgs. 18.1.2000, n. 9; d.l. 31.5.2010 n. 78; l. 27.12.2006 n. 296; d.lgs. 14.3.2011, n. 23; d.l. 6.12.2011 n. 201; art. 13, d.lgs., 31.10.1990, n. 347; art. 55, d.lgs. 31.10.1990, n. 346.
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I § 1, 2, 2.1, 2.2 sono stati elaborati da Lorenzo del Federico; gli altri da Francesco Montanari