LITI (lat. Laeti)
La deficienza di soldati nell'impero romano fece sì che sin dalla fine del sec. III gruppi di Germani venissero collocati in terre dell'impero concesse loro ereditariamente, con il divieto di alienarle e con l'obbligo di prestare servigi militari. Tali terrae laeticae erano numerose, e sul principio del sec. V si noveravano in specie in Gallia e nella Belgica dodici prefetture che presiedevano a questi laeti, in gran parte d'origine franca. Questo stesso termine latino viene poi adoperato dalle fonti germaniche per indicare una condizione intermedia fra la libertà e la servitù: sono i Liten o Leten dei varî linguaggi germanici.
Si tratta di persone legate al suolo con un vincolo ereditario e con obblighi perpetui, che non possono essere alterati. I liti hanno personalità civile, ma non possono contrarre matrimonio senza il consenso del padrone, il quale ha diritto a una parte del guidrigildo dovuto per la loro uccisione; esso li rappresenta in giudizio. Sembra che si tratti di antiche popolazioni vinte che i vincitori, come fecero i Sassoni dei Turingi, aggiogarono alla terra. La condizione dei liti soggetti ai Franchi è corrispondente a quella degli aldî longobardi (v. aldio). Nel sec. X la condizione dei liti si confonde con quella dei coloni.
Bibl.: F. Schupfer, Aldi, Liti e Romani, in Enc. giuridica italiana; H. Brunner, Deutsche Rechtsgeschichte, 2ª ed., Lipsia 1906, I, p. 149.