litote
Figura retorica consistente nell'attenuare un concetto formulandolo mediante la negazione del contrario, al fine di renderlo più evidente e ottenerne un effetto ironico. In essa, infatti, l'ironia si combina con l' ‛ emphasis ', in quanto l'espressione intende più di quanto non dica.
Piuttosto rara, la l. risponde, nella Commedia, alle esigenze dello stile ‛ comico '; ricorre quindi quando il poeta ricorda i disagi del suo viaggio, ora con ironica allusione ai dannati (Non era via da vestito di cappa, If XXIV 31), ora con un'inflessione ironica appena percettibile (Non era camminata di palagio / là 'v'eravam, XXXIV 97); oppure quando commenta ironicamente la pena dei peccatori (Vidi messer Marchese, ch'ebbe spazio / già di bere a Forlì con men secchezza, Pg XXIV 31-32).
In If XIII 120-121 dovrà riconoscersi una l., se le parole del suicida che deride Lano (Lano, sì non furo accorte / le gambe tue a le giostre del Toppo!) alludono al fatto che lo scialacquatore avrebbe cercato la morte, rinunciando a fuggire. Due battute analoghe sono quelle che si scambiano i falsari in XXX 109-114 (Quando tu andavi / al fuoco, non l'avei tu così presto; ma tu non fosti sì ver testimonio / là 've del ver fosti a Troia richesto). Può considerarsi una l. l'uso ironico del ‛ forse ' sulla bocca di Belacqua: Forse / che di sedere in pria avrai distretta! (Pg IV 98-99), cioè " ti accascerai stanco "; essa si aggiunge all'ironia con cui il peccatore esprime i suoi dubbi sulla valentia di D. come scalatore del monte. Del medesimo tono è la dubitativa di If XXVII 122-123 Forse / tu non pensavi ch'io loïco fossi! (cioè " non lo immaginavi nemmeno "). Più vicino al tono satirico che al comico è invece una l. come Ma i Provenzai che fecer contra lui / non hanno riso (Pd VI 130-131), che allude alle sofferenze dei sudditi degli Angioini. Si accorda con la diabolica furbizia che mostra Bonifacio VIII nel discorso rivolto a Buonconte la 1. di If XXVII 104-105 (son due le chiavi / che 'l mio antecessor non ebbe care): Celestino, infatti, aveva del tutto abbandonato quelle chiavi, cui Bonifacio vuol far intendere di non voler rinunciare.
Lo schema della l., privo però della sua funzione ironica, è sostanzialmente presente in una frase come sì che ' suoi nemici / non ne potran tener le lingue mute (Pd XVII 87), poiché la formulazione attenuata mira a sottolineare gli " elogi " che perfino i nemici rivolgeranno a Cangrande; ma la figura è servita in questo caso a costruire un'eloquente perifrasi.