litterato
Nel senso più generico di " uomo di lettere " D. usa l. come sostantivo in If XV 107. Tale è il senso di gran litterato, in Fiore XCII 6.
In senso più specifico l. sono designati coloro che intendono il latino (‛ saper lettera ' equivaleva infatti a " intendere il latino ") e quindi non litterati sono coloro che non dispongono che della lingua volgare: una delle ragioni che spingono D. a usare il volgare nel commentare le canzoni del Convivio è che lo latino non l'averebbe esposte se non a' litterati, che li altri non l'averebbero inteso. Onde con ciò sia cosa che molti più siano quelli che desiderano intendere quelle non litterati che litterati, seguitasi che non averebbe pieno lo suo comandamento come 'l volgare, che da li litterati e non litterati è inteso (I VII 12). I litterati fuor di lingua italica sono appunto tutti coloro che intendono il latino ma non parlano il volgare italico (I IX 2). Sicché volgari e non litterati si designano in Cv I IX 5 tutti i nobili (non importa che se ne possa trovare alcuno litterato, IX 9), i quali hanno lasciata la litteratura a chi ne fa un uso venale. Donde la polemica contro i l. avari, indegni di questo nome perché si servono del latino come mezzo di guadagno (I IX 3).
Per i luoghi citati del Convivio, v. Busnelli-Vandelli. La medesima contrapposizione fra l. e volgari è in Vn XXV 3 tra noi... non volgari ma litterati poete queste cose trattavano.. In questo caso, se, com'è più probabile, la distinzione fra volgari e l. riguarda l'altra gente, l. non saranno i poeti ‛ latini ', ma il termine (cfr. i commenti della Vita Nuova a c. di G. Melodia [Milano 1905, 187 n.] e di M. Barbi [Firenze 1932, 112-113]) designerà più largamente coloro che presso altri popoli non del ceppo latino hanno usato e usano la lingua ‛ grammaticale ', secondo quanto D. stesso dice in VE I I 3.