Liu Shipei
Filosofo cinese (n. 1884 - m. 1919). Originario di una famiglia di letterati, distintasi per una solida tradizione di studi, manifestò da subito uno spiccato interesse per gli Annali delle Primavere e Autunni (Chunqiu) e in seguito per i testi classici della scuola confuciana. Condivise con Zhang Binglin (➔) un periodo di prigionia e da allora avversò radicalmente l’establishement mancese, affermando con ogni mezzo idee estreme di nazionalismo. Durante un soggiorno in Giappone (1907-08), si avvicinò agli anarchici locali, promuovendo con accorati articoli le posizioni anarchico-socialiste. Propugnò l’ideale di una società basata su un’assoluta uguaglianza e pertanto sulla abolizione di ogni forma di governo, della proprietà privata, delle divisioni sociali e razziali ecc., un cambiamento non lento e graduale, ma violento, rivoluzionario che avrebbe finalmente restituito anche alla classe contadina coscienza e agiatezza materiale. Tuttavia, dopo la rivoluzione del 1911 affermò idee più antiche, più conservatrici. Dalla dottrina monistica di Dai Zhen (➔) trasse profonda ispirazione e, accentuando la necessità di una crescita interiore, concepì un’etica in cui l’impulso morale dell’uomo tende necessariamente a manifestarsi nelle azioni. In tal modo l’uomo non subisce più alcun destino, ma egli stesso ne segna invece la direzione, forte di una volontà che esprime all’esterno il grado di perfezione interiore della propria natura.