LIUTPRANDO vescovo di Cremona
Di famiglia longobarda, come ci è rivelato anche dal nome, nacque in Pavia o nei dintorni di Pavia, fra il secondo e il terzo decennio del secolo X. Dovette anche essere di famiglia distinta, sapendosi da lui che il padre era stato inviato come ambasciatore a Costantinopoli dal re Ugo. Morto il padre, nel 927, rimase dapprima presso il padrigno, che gli apprese gli elementi del latino e del greco, quindi, nel 931, fu accolto nella corte di Ugo, del quale seppe acquistarsi il favore. Successivamente fu chierico e diacono nella chiesa pavese. Tramontate le fortune di Ugo, fu accolto nella corte di Berengario, del quale divenne "secretorum conscius et epistolarum signator". Non poté tuttavia godere presso di lui dello stesso favore che presso Ugo. Mandato infatti ambasciatore a Costantinopoli (del viaggio si giovò per approfondire la sua conoscenza del greco) cadde, al ritorno, in disgrazia di Berengario, tanto che, spogliato dei beni e minacciato di mali peggiori, dovette riparare in Germania presso Ottone. Rimase in Germania alcuni anni, e là imprese a scrivere, nel 958, la prima delle sue opere a noi pervenute, l'Antapodosis, in cui sono narrate le principali vicende d'Italia e d'Europa dall'887 al 950.
L'opera di violento tono polemico contro Berengario e Villa, sua moglie, è in sei libri. Per i primi tre libri, che vanno dall'887 al 931, L. espone quanto a viris gravissimis gli era stato narrato. Per il periodo successivo invece parla degli avvenimenti dei quali era stato testimone e partecipe, onde il suo racconto si fa più preciso. L'ultimo libro è incompleto, anche perché, tramontate ormai le fortune di Berengario, era venuta meno in L. la ragione di scrivere contro di lui.
L. fu certo compagno di Ottone nel viaggio, e da lui anzi elevato alla sede vescovile di Cremona, alla fine di quell'anno o nei primi giorni del successivo. Il 2 febbraio 962, dovette essere anche presente in Roma all'incoronazione imperiale di Ottone, e da allora anzi può dirsi che incominci il periodo della sua maggiore attività politica e della sua partecipazione alle vicende dell'Italia e dell'impero. I momenti principali di questa attività sono i seguenti. Alla fine del 963, venuti in contrasto l'imperatore e il pontefice per il favore dato dal pontefice al figlio di Berengario, L. fu presente in Roma al sinodo convocato dall'imperatore per deporre Giovanni XII (4 dicembre) e per sostituirgli il protoscriniario Leone (6 dicembre 963). In quell'occasione egli tradusse anche in latino, al concilio, l'allocuzione pronunciata in tedesco da Ottone. Nel settembre del 965, morto Leone, fu mandato dall'imperatore, come suo legato, a Roma, insieme col vescovo Otgero di Spira, per presenziare all'elezione del nuovo pontefice, che fu il vescovo di Narni, Giovanni XIII (1° ottobre). Successivamente, nel 967, fu presente, nell'aprile, a Ravenna, alla grande assemblea presieduta dall'imperatore e dal pontefice e nel Natale, a Roma, all'incoronazione di Ottone II. Parimenti l'anno successivo (968) fu a capo della legazione inviata a Costantinopoli per chiedere la mano della principessa Teofania desiderata in moglie da Ottone II. Dell'esito negativo della legazione e delle vicende che l'accompagnarono L. rese conto all'imperatore nella Relatio de legatione constantinopolitana che è conservata. In fine, il 20 marzo 970, lo sappiamo a Ferrara per la decisione della lite tra l'arcivescovo Pietro di Ravenna e il comitato ferrarese, alla presenza di Ottone. Oltre a questi segni più salienti della sua attività, v'è poi tutta una serie di testimonianze minori, anche nel campo del diritto privato, quali ad esempio, le due permute da lui conchiuse nel 965 e nel 966 in Cremona, già pubblicate entrambe dal Muratori (Rer. Ital. Script., II, 1, p. 420-421). Dopo il 970 le informazioni si fanno meno precise. Secondo l'autore della traslazione di S. Imerio, (Ughelli, Ital. sac., IV, pp. 797-800) egli sarebbe stato inviato una seconda volta a Costantinopoli nel 971 per prendervi la principessa Teofania, e non sarebbe più ritornato a Cremona. Sarebbe quindi morto nel viaggio o al ritorno in Italia, probabilmente nel 972.
Oltre alle opere ricordate è da aggiungere il Liber de rebus gestis Ottonis imperatoris che in 21 capitoli narra la storia di Ottone dal 960 al 964. Quanto poi al carattere e al valore delle opere stesse, è indubitabile che L. rivela in esse un temperamento polemico singolarmente aggressivo e vivace, e duro e aspro egli si dimostra specialmente nei confronti di Berengario. Ma, a prescindere da queste asprezze di forma, le sue opere sono indubbiamente da riguardarsi nella sostanza come una delle fonti principali per la storia del secolo X.
Bibl.: L. Muratori, Rer. Ital. Script., II, 1, pp. 419-22; G. H. Pertz, Mon. Germ. hist., Scriptores, III, pp. 264-73; R. A. Köpke, De vita et scriptis Liutprandi episcopi cremonensis, Berlino 1842; E. Dümmler, Liutprandi opera, ed. 2ª in usum scholarum, Hannover 1877, pp. v-xvii; M. Hantzsch, Über Liudprand von Cremona, Progr. d. Gymn., Leoben 1888; C. Colini Baldeschi, L. vescovo di Cremona, Giarre 1889; A. Potthast, Bibliotheca hist., I, pp. 742-43; S. Pivano, Stato e Chiesa da Berengario I ad Arduino, Torino 1908, pp. 58, 73, 85, 86, 98, 173, 180, 181. Per il valore storico delle opere di L. vedi in particolare il lavoro di P. Fedele, Ricerche per la storia di Roma e del papato nel sec. X, in Arch. della R. Soc. rom. di st. pat., 1910-11.