LIUTPRANDO
Duca longobardo di Benevento, figlio del duca di Benevento Gisulfo (II) e di Scauniperga; è ignoto l'anno della sua nascita, presumibilmente da collocare intorno alla metà degli anni Quaranta del secolo VIII e non tra il 738 e il 739 (Gasparri, 1978, p. 96).
Restaurando al potere nel Ducato beneventano il proprio nipote Gisulfo (II), il bellicoso sovrano pavese Liutprando aveva cercato di garantirsi, in un'area dalle forti tendenze autonomistiche, la presenza di un alleato di provata fedeltà; il re aveva anche provveduto a dare in moglie al duca beneventano l'aristocratica Scauniperga; secondo la più recente storiografia il matrimonio avvenne quasi certamente verso l'estate 742.
L'ultimo documento in cui appare Gisulfo (II) è la donazione di una casa ad "Aloin iudex" nel febbraio 751, mentre il primo in cui figura L., suo successore, affiancato peraltro dalla madre Scauniperga ormai vedova, è un preceptum libertatis del dicembre 752 (Troya, p. 393). Gisulfo doveva essere scomparso pochi mesi prima. Scauniperga, politicamente vicina alla corte pavese, ebbe da subito un ruolo di primissimo piano alla guida del vasto Ducato meridionale. Fu dunque all'insegna della fedeltà al Regnum e al suo nuovo sovrano, Astolfo, che si inaugurò il ducato del giovanissimo L., un duca infante, il potere del quale era a tutti gli effetti nelle mani di sua madre.
Una prova dell'obbedienza beneventana alla corte pavese fu l'invio a più riprese di truppe ducali in appoggio all'esercito regio. Tali milizie parteciparono infatti in massa sia all'assedio posto da Astolfo a Ravenna nel luglio 751 sia a quello di Roma agli inizi del 756. Non vi sono dubbi sul potere acquisito da Scauniperga alla morte di suo marito: il monogramma di lei appare a fianco di quello del giovanissimo L. nella monetazione dei primi anni Cinquanta dell'VIII secolo. Anche nella documentazione della prima età ducale di L. il ruolo di sua madre risulta evidente e di spicco. La situazione che si era creata nel Beneventano in quegli ultimi decenni ha fatto pensare che, a una convinta politica filopavese, si fossero aggiunti anche il consenso e il fattivo appoggio dell'aristocrazia del Ducato, allora fedele ad Astolfo. La presenza del sovrano pavese è attestata nel Beneventano per dirimere una controversia sorta tra il monastero di S. Vincenzo al Volturno e tale Alahis, forse già fidelis del defunto duca Gisulfo. Tuttavia, alla morte di Astolfo (dicembre 756) e segnatamente, in ambito locale, con la scomparsa - per morte o per allontanamento dalla vita politica - di Scauniperga (autunno-inverno 754), le cose cambiarono. Dal novembre 754 la reggente non è più nominata nelle carte beneventane: un segno variamente interpretato dagli storici (Gasparri, 1978, pp. 97 s.; Id., 1988, p. 107; Delogu, p. 181), anche e soprattutto alla luce della presenza di un nuovo personaggio attivo alla corte ducale, il nutritor Giovanni, che aveva di fatto sostituito Scauniperga nell'importante ruolo di tutore del duca.
La moderna storiografia ha identificato Giovanni come rappresentante di quel ceto aristocratico rampante che già in altre occasioni aveva cercato di raggiungere il potere a scapito della dinastia ducale regnante. La figura di Giovanni emergeva dal fitto sottobosco di funzionari e burocrati di una corte brillante, con tendenze apertamente autonomistiche e che si sentiva "quasi regia"; un ceto aristocratico-funzionariale che aveva già avuto modo di distinguersi, per esempio, durante il periodo ducale beneventano di Godescalco, per la sua spregiudicatezza e la sua effervescenza politica.
L., d'accordo con il nuovo tutore e reggente, inaugurò - come pure avvenne allora nel Ducato spoletino - una nuova fase politica che, sulle orme di un recente passato autonomistico, prevedeva dapprima un diplomatico riavvicinamento al papa, allora Stefano II, e successivamente l'avvio di trattative con l'arnolfingio Pipino III il Breve, appena acclamato rex Francorum e da poco subentrato all'ultimo, incolore dinasta merovingio. L'idea di L. e Giovanni prevedeva una nuova alleanza che consentisse ai Ducati longobardi meridionali di sganciarsi dal pesante controllo politico e militare della corte pavese.
A questo proposito va ricordato come da sempre i duchi longobardi di Benevento avessero dimostrato una netta tendenza centrifuga rispetto al potere e alla politica del rex Langobardorum pavese; re i cui poteri, per diversi aspetti non solo geografici, risultavano senza alcun dubbio eccentrici rispetto ai territori e alle dinastie del Mezzogiorno italico. I tratti distintivi del potere longobardo in Italia meridionale sicuramente non mancavano: si pensi all'aulico appellativo di gloriosissimus, attribuito in numerosi documenti pubblici e privati già al duca Gisulfo (I). È questa un'ulteriore prova dell'elevatissima, piena coscienza del proprio ruolo sociopolitico e istituzionale che, come già rilevato da generazioni di storici, da Hirsch a Bertolini, da Gasparri a Delogu, era ed è valutato come "quasi regio".
I tempi per una soluzione positiva della politica longobarda però non erano ancora maturi. L'elezione di Desiderio al trono non determinò infatti una netta contrapposizione franco-longobarda; anzi i due popoli si riavvicinarono temporaneamente e ciò portò all'isolamento di quelle frange estremiste di partigiani filofranchi in territorio beneventano che, favorendo la politica autonomista di L. e di Giovanni, indussero Desiderio a intervenire militarmente per stroncare le mai sopite velleità indipendentiste dei Beneventani. Una spedizione punitiva mirata a ristabilire l'ordine politico regio pavese nei territori ducali fu intrapresa da Desiderio nel 758: non solo infatti era necessario evitare che L. si staccasse dal Regnum, ma era fondamentale che non si allargasse il sentimento politico filofranco nei domini periferici longobardi, lontani dal più diretto controllo di Desiderio. L'intervento militare fu deciso e realizzato rapidamente: all'arrivo dei contingenti longobardi settentrionali L. fu costretto a fuggire e a rifugiarsi a Otranto, in area di dominio bizantino. A Benevento, nella primavera 758, quale nuovo duca di questa città fu imposto dalla corte di Pavia il genero di Desiderio, Arechi (II). La ribellione beneventana si concluse con la decisa sconfitta di L.: Desiderio, il cui potere locale è incisivamente sottolineato dalla monetazione beneventana in cui compare la "D" di Desiderius, cercò e ottenne l'alleanza dei Bizantini, ai quali cedette definitivamente Otranto, dove si era rifugiato il duca fuggiasco.
Non è noto cosa sia accaduto a L.: Desiderio, che per catturarlo e per estinguere definitivamente il pericolo di rivolte locali si era accordato con Giorgio (messo dell'imperatore Costantino V Copronimo), aveva certo tutto l'interesse a chiudere per sempre la partita con lui. Le ipotesi, perché tali rimangono in assenza di prove documentarie sicure, vedono L. esiliato nel Salento bizantino, rifugiato in Oriente, arrestato e tenuto prigioniero o, più semplicemente, ucciso subito dopo la cattura da parte dei Franchi.
Rimane quindi ignota la data di morte di Liutprando.
Di sicuro il suo ducato, dalla primavera 758, con il governo del duca Arechi (II) tornava a essere in linea, pur inserito in un diverso e non meno complesso quadro politico italico, con le direttive di quella corte pavese che, meno di un ventennio dopo, sarebbe caduta per mano di Carlomagno.
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