LIUTVARDO
Nacque forse verso la metà del IX secolo da una nobile famiglia sveva, originaria di Reichenau, sul lago di Costanza. Con il fratello Cadolto divenne monaco nel monastero di Reichenau.
Non molto probabile è la notizia, proveniente dalla redazione moguntina degli Annales Fuldenses, di un'origine di L. "ex infimo genere" (p. 105): la fonte è inficiata dall'accesa avversione che questa redazione, attribuita a Meginardo, dimostra nei confronti di tutto l'entourage di Carlo III il Grosso e in particolare proprio di Liutvardo. A dimostrare l'influenza e il prestigio della famiglia cui L. apparteneva - e insieme lo spiccato nepotismo di quello che sarebbe divenuto uno degli uomini più potenti del tempo - sono note le carriere di alcuni suoi membri: lo stesso Cadolto, morto nell'aprile 891, fu eletto vescovo di Novara nell'agosto 882; un altro nipote, Adalberto, fu un fidelis dell'imperatore Carlo III, da cui ricevette donativi di terre.
Presto L. entrò nella Cancelleria del re della Francia Orientalis (Svevia) Carlo il Grosso, uno dei figli dell'imperatore Ludovico il Germanico. Documenti di suo pugno dell'877 lo vedono firmatario in veste di semplice cancellarius (Die Urkunden, nn. 2, 3, 5); ma già a partire dal 24 marzo 878 è citato con il titolo di archicancellarius (ibid., n. 8). In tempi rapidi divenne uno tra i più capaci e fidati collaboratori del re, come si evince dal grande numero di sue intervenzioni nei diplomi di Carlo redatti per il Regnum Italiae. L'elezione a vescovo di Vercelli del suo "dilectus, summus, intimus consiliarius" (ibid., nn. 21, 29, 33, 36, 47, 78, 111, 114, 126) è probabilmente da mettere in relazione - e quindi da ritenere immediatamente conseguente - all'incoronazione di Carlo a re d'Italia. L'elevazione al soglio episcopale vercellese dovette pertanto avvenire tra l'ottobre 879 e il 1° febbr. 880, data in cui per la prima volta L. è citato col titolo di vescovo in una carta della Cancelleria carolina (ibid., n. 18). Dopo l'incoronazione a imperatore di Carlo (12 febbr. 881) e prima del 24 giugno 883 (ibid., n. 83) con l'arcicappellanato L. toccò l'apice della carriera cancelleresca.
Molti beni gli furono donati in questi anni: non solo possedimenti terrieri per la diocesi di Vercelli, ma anche terre e beni a titolo personale, come una cappella a Bierlingen, presso Tubinga, permutata su richiesta del vescovo con una cella a Reichenau, e la ricca abbazia di Massino, oggi Massino Visconti, nel Novarese.
Un'ulteriore attestazione dell'importanza di L. è la lettera con cui Notkero Balbulo di San Gallo (dopo l'884-885) gli dedicò la celebre raccolta delle sue Sequenze (Werner).
Se Carlo si era servito dell'abilità diplomatica del suo consiliarius per la delicata questione presso la S. Sede della sua incoronazione imperiale, il papa Giovanni VIII a sua volta seppe profittare dell'influenza esercitata da L. presso la corte imperiale e fin dall'881 ne fece un suo legato.
L. accompagnò Carlo al di là delle Alpi nell'aprile 882; partecipò, a maggio, alla Dieta di Worms e, a luglio, all'assedio della fortezza di Asselt (oggi nei Paesi Bassi, presso Maastricht) di cui si erano impossessati i Normanni.
La redazione moguntina degli Annales Fuldenses sottolinea il ruolo negativo giocato da L. in questo avvenimento: fidandosi del comandante dei Normanni, Goffredo, figlio del re danese Araldo III, attirò di fatto l'esercito di Carlo in un tranello. Una logica conseguenza del suo comportamento fu il patteggiamento col nemico, cui l'imperatore si trovò costretto: a Goffredo furono infatti assegnati alcuni territori frisoni e, in seguito, si organizzò addirittura il suo matrimonio con Gisela, una figlia illegittima di Lotario II. Nonostante il disprezzo riservatogli da Meginardo, L. con il suo intervento ad Asselt probabilmente intese inaugurare una nuova politica per affrontare il crescente problema dell'espansione normanna, tentando l'integrazione degli aggressivi conquistatori nel sistema dei Regni carolingi.
Nel settembre 885 L. fu inviato da Carlo a Roma con l'ordine di deporre il nuovo papa Stefano V, frettolosamente consacrato per acclamazione - senza attendere l'approvazione imperiale - pochi giorni dopo l'improvvisa morte del predecessore Adriano III. Ma a Roma L. non fece in tempo ad arrivare: fu intercettato dai legati del neopontefice che lo convinsero della legittimità dell'elezione. Dal canto suo Stefano V si affrettò a invitare Carlo a scendere in Italia. L'imperatore, in effetti, passò le Alpi nei primi mesi dell'886, ma si fermò a Pavia e si limitò a mandare a Roma Liutvardo.
In questi tempi si colloca l'episodio, riportato dalla redazione ratisbonense degli Annales Fuldenses senza specificarne la causa, del contrasto tra L. e il marchese del Friuli Berengario (I); questi avrebbe saccheggiato Vercelli e depredato molti beni del vescovo. La motivazione del repentino attacco, sferrato con ogni probabilità in assenza dalla sua sede del presule - impegnato nella missione presso la corte papale - può essere quella riportata dalla redazione moguntina degli Annales, come di consueto ostile al vescovo vercellese: L. sarebbe stato solito organizzare rapimenti di giovani donne della nobiltà italiana e germanica per unirle in matrimonio a suoi parenti; per le nozze di un nipote avrebbe dunque rapito dal monastero bresciano di S. Giulia una figlia (forse una Gisela, ma il nome non è certo) del conte Unroch, fratello di Berengario. Mentre secondo la redazione ratisbonense la lite fu composta già l'anno seguente con un rappacificante incontro dei due presso Waiblingen, gli Annales di Meginardo invocano l'intervento divino nell'episodio della figlia di Unroch (che conservò la verginità perché il marito impostole con la forza morì giusto nella notte delle nozze) e narrano dei sempre più gravi delitti commessi da L., culminanti con l'asserzione di tesi eretiche.
Nel giugno 887 Carlo si trovò pertanto costretto a deporlo dalla carica di arcicappellano (il ruolo fu immediatamente ricoperto dal rivale Liutberto di Magonza), ad allontanarlo dalla corte e a confiscargli i beni. Gli Annales nella redazione di Ratisbona confermano la caduta in disgrazia di L., ma riferiscono che egli fu vittima di una congiura maturata in ambiente svevo.
Da ulteriori fonti (cfr. Borgolte) sappiamo che un espediente per screditare il vescovo fu anche l'accusa di adulterio con l'imperatrice Riccarda.
Secondo la tradizione la donna, per sostenere la sua innocenza, chiese e ottenne un'ordalia con il fuoco, da cui uscì indenne. L'accusa d'altra parte risultò infondata: tutto ciò che i testimoni citati rivelarono fu che l'imperatrice un giorno si era inginocchiata davanti a L. per baciare una reliquia che egli portava nella croce pettorale. Ciò non impedì l'allontanamento anche di Riccarda dalla corte (tanto più che il matrimonio con Carlo non aveva dato eredi e si volevano creare le condizioni per una nuova legittima unione imperiale). La donna si ritirò nel monastero da lei fondato ad Andlau, di cui era badessa la nipote Rotruda.
Meginardo riferisce ancora che, dopo questi fatti, L. si rifugiò in Baviera, presso quell'Arnolfo, figlio illegittimo del fratello di Carlo, Carlomanno, destinato in seguito al trono del Regno germanico. Di lì a poco lo stesso imperatore Carlo, malato e messo in minoranza dalla Dieta per la sua infelice politica e la nutrita serie dei suoi insuccessi, abdicò, e nel gennaio 888 morì.
Degli ultimi anni di vita di L., forse spesi senza più allontanarsi dalla diocesi vercellese, si sa molto poco. Secondo quanto viene riferito nel necrologium di Reichenau, egli perse la vita in uno scontro con gli Ungari il 24 giugno del 900 o 901.
Fonti e Bibl.: Meginhardus Fuldensis, Annales Fuldenses, rec. Mogunt., in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germ. in usum scholarum, VII, Hannoverae 1890, ad annum 882 p. 98, ad annum 887 pp. 105 s.; Annales Fuldenses, rec. Ratisb., ibid., ad annum 886 p. 114, ad annum 887 p. 115; Die Urkunden Karls III., a cura di P. Kehr, ibid., Diplomata, Berlin 1937, nn. 2 p. 5, 3 p. 6, 5 p. 8, 8 p. 13, 18 pp. 31 s., 21 pp. 35 s., 23 p. 39, 26 p. 44, 27 p. 45, 28 p. 46, 29 p. 49, 33 pp. 56 s., 36 p. 62, 38 p. 65, 39 p. 67, 44 p. 74, 46 p. 76, 47 pp. 77 s., 48 p. 80, 54 pp. 92-94, 78 p. 128, 82 p. 133, 83 p. 134, 84 p. 136, 87 p. 141, 92 pp. 150 s., 92a pp. 151 s., 94 p. 154, 99 p. 161, 104 p. 168, 111 p. 177, 114 p. 181, 115 p. 182, 121 p. 192, 123 p. 196, 126 p. 203, 129 p. 207, 151 p. 243, 153 p. 247, 156 p. 253, 170 p. 275; Registrum Iohannis VIII papae, a cura di E. Caspar, ibid., Epistolae, VII, ibid. 1928, nn. 224 p. 221, 253 p. 229, 263 p. 233, 291 pp. 254 s., 309 pp. 267 s.; Regino Prumiensis, Chronicon cum continuatione Treverensi, a cura di F. Kurze, ibid., Script. rer. Germ., Hannoverae 1890, ad annum 887 p. 127, ad annum 901 p. 148; Necrologium Augiense, a cura di F.L. Baumann, ibid., Necrologia Germaniae, I, ibid. 1866-88, p. 277; Necrologium Sancti Galli, ibid., p. 476; St. Gallische Denkmale aus der karolingischen Zeit, a cura di E.L. Dümmler, Zürich 1859, p. 224; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Il Piemonte, Torino 1898, pp. 445 s.; J. Werner, Notkers Sequenzen. Beiträge zur lateinischen Sequenzendichtung…, Aarau 1901, pp. 97 s.; P.F. Kehr, Aus den letzten Tagen Karls III., in Deutsches Archiv, I (1937), pp. 138-146; J. Fleckenstein, Die Hofkapelle der deutschen Könige, I, Stuttgart 1959, pp. 189 s.; G. Tellenbach, Liturgische Gedenkbücher als historische Quellen, in Mélanges Eugène Tisserant, V, Città del Vaticano 1964, pp. 396-399; H. Keller, Zum Sturz Karls III., in Deutsches Archiv, XXII (1966), pp. 333-384; Id., Zur Struktur der Königsherrschaft im karolingischen und nachkarolingischen Italien. Der "consiliarius regis" in den italienischen Königsdiplomen des 9. und 10. Jahrhunderts, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLVII (1967), pp. 158 s., 214 s.; G. Arnaldi, Berengario I, in Diz. biogr. degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 8, 11; D. Riesenberger, Prosopographie der päpstlichen Legaten von Stephan II. bis Silvester II., Freiburg i.B. 1967, pp. 231-234; K. Schmid, Liutbert von Mainz und Liutward von Vercelli im Winter 879/80 in Italien, in Geschichte, Wirtschaft, Gesellschaft. Festschrift für C. Bauer um 75. Geburtstag, a cura di E. Hassinger, Berlin 1974, pp. 41-60; M. Borgolte, Richardis, in Lexikon des Mittelalters, VII, München-Zürich 1995, col. 827; S. MacLean, Kingship and politics in the late ninth century: Charles the Fat and the end of the Carolingian Empire, Cambridge 2003, pp. 30-36, 178-184; Allgemeine Deutsche Biographie, XIX, coll. 20 s.; Neue Deutsche Biographie, XIV, coll. 724 s.; Lexikon des Mittelalters, V, col. 2042; Biographisch-bibliographisches Kirchenlexikon, VII, col. 827.