LIVADIA (gr. Λεβάδεια; lat. Lebadea; A. T., 82-83)
Capoluogo di circondario (ἐπαρχία) nel νομός Attica-Beozia. La città (Livadia è nome generico, usato largamente in Grecia a indicare zone irrigue), edificata sulle rive dell'Hérkyna (affluente del Cefiso) dove questo sbocca nel piano da una stretta gola montana e dove una copiosa sorgente sgorga al piede del Lafýstion, deve la sua importanza, oltre che a questa relativa ricchezza di acque, con la quale è in rapporto il fiorirvi dell'industria tessile, al fatto che qui convergono le strade che adducono dal Golfo di Corinto (Dístomon) e dalla Locride (Anfissa) alla pianura del Lago Copaide. La città che nel 1920 contava poco più di 7 mila ab. (8740 nel comune), ne aveva 12.585 (13.414 nel comune) nel 1928; più che allo sviluppo dell'industria cotoniera, ancora a carattere tradizionale, l'aumento è dovuto all'afflusso degli emigrati greci dall'Anatolia.
Il fiume Hérkyna separava, nell'antichità, l'abitato della città dal celebre santuario e oracolo di Trofonio. Tale oracolo, consultato già da Creso nel sec. VI a. C., diede lustro e importanza alla città; questa nel sec. V fu con tutta probabilità sotto l'influenza tebana nel 395 a. C. fu devastata da Lisandro. Divenne indipendente con la pace di Antalcida (386), come prova il fatto che verso quest'epoca batté moneta propria; poi rifece parte della Lega beotica. Nella guerra dei Romani contro Perseo parteggiò per i primi, e il suo santuario fu consultato da Emilio Paolo nel 168 a. C.; nell'86 a. C. fu devastata dalle truppe di Mitridate, ma presto dovette riprendere grande splendore, poiché il periegeta Pausania ricorda Livadia come una delle più fiorenti città della Grecia. Oltre al santuario di Trofonio era rinomato anche un grandioso tempio di "Giove re", sulle colline a ovest della città, tempio di cui s'iniziò la costruzione nel 175-172 a. C., per decisione della Lega beotica e a spese di Antioco IV Epifane di Siria, ma che non fu mai terminato.
Bibl.: Pieske, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, col. 1048 segg.