CESARINI, Livia
Figlia primogenita di Giuliano, gonfaloniere di Roma per diritto ereditario della sua famiglia, e di Margherita Savelli, nacque a Roma nel 1650 circa. Intorno alla sua persona, essendo la C. erede delle due ricche famiglie romane, nelle quali per di più erano confluiti i beni dei Peretti e delle famiglie spagnole Cabrera e Bovadilla, si accese una violenta questione di interessi che coinvolse non solo molte famiglie nobili romane, ma anche gli ambienti ecclesiastici e i grandi organi curiali.
Abilmente infatti la sorella della C., Clelia, promessa sposa al principe di Sonnino, Filippo Colonna, appoggiata da alcuni dei familiari, fece sì che la C., il 29 ag. 1664, facesse solenne ablazione nel convento della Madonna dei Sette Dolori, assumendo il nome di Maria Pulcheria. Tale atto, che peraltro non comportava la sua monacagione e alterazioni quindi nel suo stato civile, fece sì che la C. rinunciasse alla primogenitura e alla cospicua eredità in favore di Clelia. Entrò quindi in convento, ma ben presto, soltanto un anno dopo le nozze della sorella, si rese conto di non essere disposta alla condizione monacale, e prese a manifestare il desiderio di maritarsi. A questo punto la famiglia Cesarini, in primo luogo Clelia, e la famiglia Colonna, in primo luogo Filippo, tentarono dapprima di far recedere la C. dai suoi proponimenti; in seguito, di fronte al suo atteggiamento deciso, di impedirgliene con ogni mezzo la realizzazione.
Dopo un primo fidanzamento con don Lelio Orsini, abilmente mandato a monte (l'Ademollo riferisce che i Colonna tenevano venti guardie armate sotto il monastero in cui alloggiava la C., per impedire che gli Orsini la rapissero), malgrado che costui godesse l'appoggio dei cardinali francesi, una nuova candidatura, quella di Federico Sforza, si profilò all'orizzonte. La C. sembrava entusiasta di tal partito e dichiarò di volersi "maritare in casa Sforza e per quanto gli sia stato detto per dissuaderla persista ostinatamente in tal risolutione la quale sarebbe di grandissimo pregiuditio al signor Principe di Sonnino" (Ademollo, p. 60).
Federico Sforza, poi duca di Segni, nato nel 1651, apparteneva al ramo di Santa Fiora, e, a detta delle cronache contemporanee, univa ad un aspetto attraente uno spirito raffinato e un buon livello di cultura che lo portarono in seguito a divenire principe dell'Accademia degli Umoristi. Egli possedeva quindi le doti necessarie perché la C. decidesse di difendere con ogni mezzo i suoi diritti contro gli altrui interessi. Invano la madre della C. si recava quotidianamente presso il monastero di S. Anna per cercare di convincere la figlia a non maritarsi. Essa era decisa, tant'è che i parenti, primo fra tutti il Colonna, decisero che ella si trasferisse al monastero delle barbarine "perché si vorrebbe effettivamente distorla non solo dal pensiero di sposare don Federico Sforza ma anco di pigliare qualsivoglia altro marito" (Ademollo, pp. 94 s.). Lo Sforza dal canto suo aveva l'appoggio del potente zio cardinale. Così mentre la situazione si complicava di archibugiate, denuncie e citazioni, il cardinale Sforza riuscì a far affiggere, l'11 dic. 1672, le pubblicazioni di matrimonio.
Si cercò allora di rimediare con una trattativa alla perdita che tali nozze avrebbero comportato per i Colonna: si sarebbe dovuta dividere l'eredità della C. tra il Colonna e lo Sforza "dicendosi che a questo toccheranno i feudi, et all'altro i denari" (p. 118). Ma prima che tale trattativa giungesse a conclusione, i partigiani del Colonna presero a sostenere che l'ablazione pronunciata dalla C. aveva il valore di voto; il papa affidò la questione alla Congregazione del Concilio che sentenziò che l'ablazione non era dirimente, ma costituiva soltanto un impedimento e che peraltro per celebrare, il matrimonio era necessaria una dispensa pontificia. Ma poiché il papa si rifiutava di concedere la dispensa se prima non si fosse giunti ad un accordo circa l'eredità tra il Colonna e lo Sforza, il matrimonio per volontà principalmente della C. fu celebrato segretamente il 27 febbr. 1673.
A questo punto si scatenò la violenza del Colonna: lo Sforza dovette asserragliarsi in casa per timore degli sbirri del cognato; il convento in cui risiedeva la C. fu assediato e, poiché costei si rifiutava di pagare al Colonna il prezzo per la concessione del permesso alle nozze, dovettero trascorrere tre mesi prima che gli sposi potessero riunirsi. La C. dimostrò, nel condurre la questione, un carattere forte e volitivo, riuscendo a far fallire tutte le trattative per un accomodamento che portasse alla divisione del patrimonio. Per tre mesi la C. rimase rinchiusa nel convento, sotto stretta vigilanza, senza poter scendere nel parlatorio; le case contigue al convento furono rovistate per vedere se potessero offrire qualche possibilità di fuga alla Cesarini. Finalmente in giugno la Congregazione del Concilio sentenziò la validità del matrimonio.
Il Colonna non abbandonò la partita. Avendo perso davanti alla Congregazione del Concilio, si rivolse alla S. Rota sostenendo che i diritti di primogenitura spettavano a Clelia in quanto si era maritata prima di Livia. La controversia durò fino al 7 febbr. 1681 quando una sentenza rotale stabilì la primogenitura alla C., alla quale toccava quindi l'eredità che era già passata al patrimonio dei Colonna. Costoro dal canto loro non riuscirono a capacitarsi che le ricchezze già incamerate dovessero prendere la strada di casa Sforza. La lite ricominciò e durò fino al 1697 quando vi pose termine una sentenza rotale favorevole agli Sforza. Forti di questa sentenza, la C. e Federico pretesero la restituzione di argenterie, mobili, danaro di cui Clelia Colonna si era appropriata, finché il 10 sett. 1709 un atto di transazione chiuse definitivamente la controversia fra le due sorelle.
La vita matrimoniale della C. fu felice; ebbe due figlie femmine e due maschi, Gaetano (che ebbe Luigi XIV per padrino di battesimo) e Gian Giorgio. La C. si adoperò molto per mantenere alla sua famiglia il favore del re francese. Lo Sforza dal canto suo seppe curare assai bene gli affari della famiglia. Nel 1695 poté ricomprare il ducato di Segni.
Poco più di un anno dopo la conclusione della controversia fra le due sorelle, il 2 febbr. 1711, la C. morì e fu sepolta nella chiesa dei cappuccini a Genzano. Federico le sopravvisse per poco: morì infatti il 10 ott. 1712.
Fonti e Bibl.: Romana primogenitura de Caesarinis,pro... D. donna Clelia de Caesarinis,contra... D. Livia Caesarinis de Sfortijs, Romae 1687; A.Ademollo. Il matrimonio di suor Maria Pulcheria,al secolo L. C., Roma 1883; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, Roma s.d., pp. 301 ss.; P. Litta, Le fam. celebri ital., sub voce Cesarini di Roma, tav. I.