LABOR, Livio
Nacque a Leopoli il 1° luglio 1918 da Marcello, medico chirurgo, e da Elsa Reiss. Fino al 1936 visse con la famiglia fra Trieste e Pola, dove frequentò il liceo; si trasferì quindi a Roma per iscriversi alla facoltà di medicina, che abbandonò, dopo un solo anno, per quella di filosofia presso l'Università cattolica di Milano.
Sulla formazione e la personalità del L. esercitò una grande influenza la figura del padre, socialista ed ebreo, che nel 1914 si era convertito alla fede cattolica (cambiando il proprio cognome da Loewy in Labor) e nel 1938, rimasto vedovo, fu ordinato sacerdote.
In quegli stessi anni a Milano, il L. scelse di impegnarsi in un'intensa attività di apostolato religioso nelle file della Compagnia di S. Paolo, alla quale appartenne dal 1937 al 1956. Dopo essersi laureato nel 1940, con una tesi sulla perfezione della natura umana, e aver diretto la casa dello studente e il pensionato Cardinal Ferrari, nel 1948 ritornò a Roma. Qui lavorò presso l'Istituto cattolico di attività sociali (ICAS), come redattore per le questioni sindacali del periodico Orientamenti sociali e come organizzatore dei corsi di formazione per giovani sindacalisti. Votato all'impegno sociale e all'apostolato religioso, il L., che non condivideva l'indirizzo impresso all'Azione cattolica da L. Gedda, si mantenne piuttosto distante dall'attività politica e soltanto nel 1950 s'iscrisse alla Democrazia cristiana (DC). In quello stesso anno si trasferì nuovamente a Milano, dove divenne vicepresidente provinciale delle Associazioni cattoliche lavoratori italiani (ACLI) e direttore della sede milanese dell'Ente nazionale ACLI istruzione professionale (ENAIP).
Nel 1955 si stabilì definitivamente a Roma, essendo divenuto membro della presidenza nazionale delle ACLI con l'incarico di responsabile della formazione e dal 1957 come vicepresidente centrale.
In quegli anni il L. svolse un ruolo importante nella battaglia per l'affermazione dell'autonomia delle ACLI dalla DC, intesa "non come un divieto della politicità dell'organizzazione ma come un presupposto del suo pieno dispiegarsi sul terreno suo proprio, quello culturale e sociale" (Grande Enciclopedia…Gli aclisti, IV, p. 573).
Il L., che nel 1954 era stato eletto nel consiglio nazionale della DC per la corrente di Forze sociali, si batté per l'incompatibilità tra mandato parlamentare e cariche esecutive nelle ACLI. Su tale questione si sviluppò in seno all'organizzazione un acceso dibattito, nel quale il L. dovette fronteggiare l'opposizione di autorevoli dirigenti aclisti che sedevano in Parlamento. Il VII congresso nazionale (Milano, 6-8 dic. 1959) approvò il principio dell'incompatibilità, ma poi, con voto segreto, introdusse la possibilità di deroga, aprendo così la strada alla conferma del presidente D. Penazzato, contro il quale si era candidato il Labor. Pochi mesi dopo, il 10 apr. 1960, in seguito alle prevedibili dimissioni di Penazzato, entrato a far parte del governo, il consiglio nazionale fu chiamato a eleggere il nuovo presidente. La minoranza di sinistra legata al L. candidò V. Pozzar, che fu sconfitto per un solo voto da U. Piazzi, candidato della componente parlamentare moderata. In vista del congresso successivo il L. si dedicò allora a organizzare l'opposizione interna, riunendo intorno alla rivista Moc un gruppo di giovani che in parte erano stati suoi collaboratori quando guidava gli uffici formazione e studi. All'VIII congresso (Bari, 8-10 dic. 1961) i rapporti di forza risultarono ribaltati e il nuovo consiglio nazionale che ne uscì elesse il L. presidente centrale delle ACLI.
La sua presidenza si caratterizzò subito per la determinazione con cui percorse la strada dell'autonomia. Nel portare il saluto delle ACLI all'VIII congresso nazionale della DC (Napoli, 27-31 genn. 1962) il L. affermò che il rapporto del suo movimento con il partito democristiano doveva intendersi come tra due forze, perfettamente autonome l'una dall'altra e dialoganti fuori d'ogni subordinazione o strumentalizzazione.
Iniziò una fase nella quale le ACLI ebbero una grande espansione organizzativa e una crescente influenza nella società civile, nella vita politica e nella comunità ecclesiale, investita dallo spirito nuovo del concilio ecumenico Vaticano II.
In particolare fu rimarchevole "il contributo che le ACLI diedero, quando ancora non era ben cementata nemmeno l'unità d'azione, nel far maturare la prospettiva dell'unità sindacale organica" (Turone, p. 328). Nei convegni aclisti di Vallombrosa s'iniziò anche a guardare con attenzione e senza pregiudizi alle trasformazioni del comunismo italiano e a mostrare grande apertura nei confronti del movimento giovanile e studentesco. Su tali questioni maturarono significative divergenze con la DC, mettendo in discussione il principio dell'unità politica dei cattolici, che, secondo il L., era destinato a perdere valore di fronte al sorgere di altre forme di partecipazione politica.
Confermato alla presidenza dopo i congressi nazionali del 1963 e del 1966, il L. preparò con particolare cura il successivo congresso del 1969 (Torino, 19-22 giugno), nel quale l'86 per cento dei delegati approvò l'affermazione del "non-collateralismo" con la DC e del voto libero. Al termine di quel congresso il L. lasciò la presidenza e poi anche il consiglio nazionale delle ACLI, per non coinvolgerle nelle sue scelte personali sul terreno politico.
L'8 marzo 1969 il L. aveva infatti dato vita, insieme con R. Lombardi e altri esponenti del mondo cattolico e socialista, all'Associazione di cultura politica (Acpol) che avrebbe dovuto essere un luogo di confronto finalizzato alla creazione di una nuova forza progressista. L'indisponibilità di settori della sinistra democristiana, della Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL) e delle ACLI portò il 4 luglio 1970 allo scioglimento dell'Acpol, ma non indusse il L. a rinunciare al suo progetto, che approdò, nel settembre dello stesso anno, alla costituzione del Movimento politico dei lavoratori (MPL).
Il L., che pure riteneva una fuga in avanti la "scelta socialista" delle ACLI formulata dal suo successore E. Gabaglio, si proponeva di fare del MPL un soggetto politico alternativo alla DC. Secondo il L. la trasformazione del partito cattolico in forza conservatrice metteva in crisi l'interclassismo e apriva un nuovo spazio a una sinistra ristrutturata. Il MPL, i cui quadri erano in massima parte costituiti da cattolici di provenienza aclista, si batteva per una società alternativa, basata sull'eliminazione dell'organizzazione capitalistica del lavoro, la finalizzazione della produzione ai bisogni collettivi e nuovi rapporti tra istituzioni e vita delle masse.
Il MPL presentò alle elezioni del 7-8 maggio 1972 proprie liste che ottennero soltanto lo 0,4 per cento dei voti, determinando la fine di quell'esperienza politica. L'assemblea nazionale, convocata a Roma l'8 e il 9 luglio, ratificò l'autoscioglimento del MPL, la cui maggioranza guidata dal L. decise di confluire nel Partito socialista italiano (PSI).
Sul risultato elettorale negativo aveva pesato indubbiamente l'atteggiamento di quegli esponenti della gerarchia cattolica che definirono il L. "scudiero del comunismo" (Galli, p. 358), ma le ragioni più profonde del fallimento del MPL furono individuate dallo stesso L.: "soprattutto è mancato il tempo materiale di omogeneizzare l'unità che volevamo realizzare tra i diversi filoni (cattolici, giovani che provenivano dalle lotte studentesche, gruppi spontanei, lavoratori, singoli frustrati da varie esperienze nella sinistra italiana)". In quanto alle prospettive il L. aggiunse: "ho preso atto che ancora per molti anni mancherà lo spazio per una situazione politica nuova. Di qui la scelta della necessità di aderire a uno dei partiti istituzionali del movimento operaio, la scelta del PSI che è il partito più aperto alle nostre intuizioni, più libero nel suo dibattito, e perché no, anche il più positivamente tormentato" (intervista ad Aut-aut, ottobre 1972, n. 24, cit. in Cerimoniale, p. 1421).
All'interno del PSI il L. si ritrovò sulle posizioni della sinistra di R. Lombardi, divenne membro della direzione nazionale e nelle elezioni del 20 giugno 1976 fu eletto al Senato nel collegio di Rovereto. La sua esperienza parlamentare si esaurì nella VII legislatura, nel corso della quale si astenne dal voto sulla legge che sanciva la non punibilità dell'aborto. Nel gennaio 1982 il L. fu nominato presidente dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), carica che mantenne fino al 1994. Nel 1996 fu tra i promotori del Comitato italiano per i diritti degli anziani, di cui divenne presidente e al quale dedicò le sue ultime energie.
Il L. morì a Roma il 9 apr. 1999.
Fra le opere del L. si ricordano: Sindacalismo e socialità, Roma 1950; Il movimento operaio cristiano di fronte alla realtà ed ai motivi del comunismo, ibid. 1965; Realtà italiana e strategia del movimento operaio, ibid. 1968; In campo aperto, Firenze 1969; Le ACLI e l'unità sindacale, in Idee e documenti per l'unità sindacale, Roma 1969.
Fonti e Bibl.: Roma, Istituto Achille Grandi, Archivio storico, Fondo Livio Labor; Rischiare in campo aperto, in Il Manifesto, 1° genn. 1970, pp. 7-11 (il L. intervistato da A. Natoli); A. Boschini, Chiesa e ACLI, Napoli 1975, passim; Cristiani nella sinistra, Roma 1976, pp. 203-205, 219; M.C. Sermanni, Le ACLI: dal ruolo formativo all'impegno politico-sindacale (1944-1961), Napoli 1978, ad ind.; G. Galli, Storia della Democrazia cristiana, Roma-Bari 1978, ad ind.; Storia del movimento cattolico in Italia, diretta da F. Malgeri, VI, Roma 1981, ad ind.; V. Colombo, Cattolicesimo sociale, movimento operaio, Democrazia cristiana (Acli-Cisl-Sinistra Dc-Acpol-Mpl), Milano 1983, ad ind.; V. Pozzar, Quarant'anni di ACLI… Da espressione della corrente sindacale cristiana a movimento sociale dei lavoratori cristiani, Roma 1985, passim; M.C. Sermanni, Le ACLI alla prova della politica 1961-1972, Napoli 1986, ad ind.; M. Cerimoniale, Dal "Manifesto" al PDUP, in I partiti italiani tra declino e riforma, Roma 1986, pp. 1421 s.; F. Boiardi, L. L. e il Movimento politico dei lavoratori, in Il Parlamento italiano. 1861-1988, XX, 1969-1972, Fra Stato sociale e contestazione, Milano 1992, pp. 56, 123-125, 458; S. Turone, Storia del sindacato in Italia dal dopoguerra al crollo del comunismo, Roma-Bari 1992, ad ind.; Grande Enc. della politica. I protagonisti dell'Italia repubblicana. Gli aclisti, II, 1947-53; III, 1954-61; IV, 1961-69; V, 1969-76, Roma 1993-95, ad indices; D. Rosati, L'incudine e la croce: mezzo secolo di ACLI, Torino 1994, passim; L. Bianchi, Una lunga fedeltà: per una storia religiosa delle ACLI, Milano 1995, pp. 93-113 e passim; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Torino 1995, ad ind.; M. Maraviglia, ACLI: 50 anni a servizio della Chiesa e della società italiana, Cinisello Balsamo 1996, passim; D. Rosati, La profezia laica di L. L.: apologia di un cristiano senza paura, Roma 1999; A. Renzi, Autonomia e unità del movimento operaio cristiano nell'esperienza italiana (1944-1970), s.n.t. [ma 1999], passim; L. L., la virtù dell'impazienza, Roma 2000; C.F. Casula, Le frontiere delle ACLI. Pratiche sociali, scelte politiche, spiritualità. I verbali del Consiglio di presidenza 1944-1961, Roma 2001, passim; L'ipotesi socialista trent'anni dopo (1970-2000), a cura di A. Scarpitti - C.F. Casula, Roma 2001, passim; I presidenti delle ACLI, a cura di A. Nanni, Roma 2002, pp. 21-24; Le ACLI e la Chiesa. La crisi del 1971, a cura di A. Scarpitti, Roma 2002, passim; Panorama biografico degli italiani d'oggi, Roma 1956, s.v.; Lui chi è?, Torino 1970, sub voce.