SANUDO (Sanuto), Livio
SANUDO (Sanuto), Livio. – Nacque a Venezia nel 1520, figlio naturale del ricco e prolifico cavalier Francesco di Angelo, del ramo a San Giacomo dell’Orio, che oltre a sette maschi legittimi ebbe anche tre naturali e sei femmine, parte legittime, parte no. E tuttavia Francesco si dimostrò padre responsabile verso tutti i suoi figli, che provvide di una buona educazione, assicurando loro un’esistenza dignitosa.
A Livio il padre destinò particolare attenzione, avendone compreso la vivacità intellettuale; dopo averlo fatto istruire nelle lettere e nella musica, lo inviò a completare gli studi in Germania, ma le fonti non precisano quando né dove. Tuttavia, poiché il padre soggiornò nel 1541 a Ratisbona in qualità di ambasciatore presso Ferdinando I d’Asburgo, è possibile che abbia portato con sé il figlio, che durante la permanenza in terra tedesca ebbe modo di sviluppare le sue conoscenze nell’ambito matematico e geografico. Pertanto l’anno dopo, nel 1542, Francesco poteva raccomandarlo al cardinale Pietro Bembo, che si dilettava anche di quegli strumenti scientifici che il giovane Sanudo era ormai in grado di costruire, ma l’invito venne lasciato cadere.
Tornato a Venezia, continuò gli studi di cosmografia e cartografia sulla scorta di Tolomeo e dei più qualificati autori antichi e moderni, vivendo modestamente con lo stipendio di cogitor (coadiutore) presso il magistrato dell’Avogaria e con la rendita della masseria di Pusterla (ora borgo San Marco, Vicenza), donatagli dal padre. Nonostante la crescente fama di studioso e scienziato (al punto che – cosa rarissima per gli illegittimi – il suo nome compare negli alberi genealogici del patriziato), Sanudo visse faticosamente l’imperfezione della nascita e questo suo malessere può forse contribuire a spiegare certe inquietudini spirituali che, come ha supposto Federica Ambrosini (1999, p. 174), inducono a pensare a una qualche vicinanza con la religiosità protestante, anche se l’atteggiamento di Sanudo risulta «tutt’altro che nitidamente decifrabile» (p. 177).
Le prime testimonianze della sua attività intellettuale non riguardano però le scienze, ma la letteratura: nel 1548 pubblicò un Epithalamio di m. Livio Sanuto nelle nozze del magnifico cavalier Bernardo e nel 1551 stampò La rapina di Proserpina, rielaborazione in versi sciolti del De raptu Proserpinae di Claudiano; del 1555 è Il gir’avanti, alcun non mi contenda, sonetto in lode di Giovanna d’Aragona, le cui vicende stimolarono la musa di vari letterati.
Alcuni studiosi (citati in Cicogna, 1827, p. 296) hanno avanzato l’ipotesi che l’autore di questi componimenti possa essere un fratello del padre, anch’egli di nome Livio, ma a questa attribuzione si oppongono, nell’Epithalamio, la mancata sigla di n.h. (nobil homo), sostituita da un semplice m. (messer) quale titolo qualificante il rango sociale dell’autore; ancora, la Rapina di Proserpina è dedicata al cardinale di Trento Cristoforo Madruzzo, che svolse vari importanti incarichi per Carlo V, per cui è possibile che Sanudo abbia avuto modo di conoscerlo nel corso del suo soggiorno in Germania.
Il 2 novembre 1555, egli redasse il suo secondo testamento (il primo era stato steso dieci anni prima; dopo quello del 1555 altri seguirono, nel 1575 e 1576), dove risulta sposato con Chiara Volo di Santo, un greco di Modone. Il matrimonio (cui forse non furono estranei i buoni uffici di un altro zio, Lorenzo, che fu bailo a Nauplia, sempre nel Peloponneso) rese meno precaria la situazione economica di Sanudo, che andò ad abitare in una casa della moglie, a San Marcilian; nella dichiarazione dei redditi, presentata nel 1566, i suoi beni consistono tutti nella dote di Chiara: alcune case a Venezia e qualche terreno nel Padovano.
Costante rimase la sua applicazione allo studio, particolarmente nel campo geografico, ove si occupò a lungo della calamita e del problema della longitudine, che cercò di risolvere con un complicato apparecchio da lui costruito dietro le indicazioni fattegli pervenire da un amico di Sebastiano Caboto; ma la questione sarebbe stata risolta solo nel XVIII secolo dall’inglese John Harrison. Fu probabilmente per questi meriti che, nel 1560, entrò a far parte della prestigiosa, ma effimera, Accademia della fama, che raggruppava oltre cento soggetti tra i più distinti nelle scienze umane.
Ignoriamo la data, ma fu presumibilmente nell’arco di tempo compreso fra il 1570 e il 1574 che Sanudo diede corpo ai suoi studi costruendo un globo terrestre dal notevole diametro di 68,5 cm; a tal fine egli poté giovarsi dell’aiuto del fratello Giulio, parimenti illegittimo, che fu valente incisore e predispose le tavole in rame.
Dell’opera sino a pochi anni fa si conosceva soltanto una serie di fusi stampati; l’unico esemplare montato su sfera è stato ritrovato recentemente nei depositi del Museo Correr di Venezia: grossolanamente ridipinto (cosa che ne ha ritardato l’identificazione), esso non ha meridiano né orizzonte ed è collocato in posizione retta su un singolare sostegno tardottocentesco.
La prematura scomparsa gli impedì di portare a termine l’opera più ambiziosa e che gli avrebbe assicurato rinomanza internazionale, cioè la descrizione del mondo allora conosciuto, composta da carte geografiche corredate da notizie sui Paesi, le popolazioni e le loro vicende storiche; ci resta, edita postuma nel 1588 come Geografia di m. Livio Sanuto, solo la storia dell’Africa, corredata da 12 tavole in rame, queste ultime pregevole realizzazione del fratello Giulio. Basta tuttavia questo testo sull’Africa per fare di Sanudo «l’ultimo grande geografo del periodo veneziano» (Bevilacqua, 1980, p. 373). Per la straordinaria erudizione in essa esibita, la precisione e bellezza dell’esecuzione, l’opera ebbe larga diffusione e a Venezia fu presente in tutte le maggiori biblioteche private.
La Geografia è fornita di un indice dei Paesi e delle loro località, seguito da quello delle persone e delle materie notabili, infine dei termini stranieri (portoghesi, abissini, arabi), tutti assai dettagliati, a cura di Giovan Carlo Saraceni. Le 12 tavole, a pagina doppia, sono delineate con chiarezza e precisione, con qualche disegno ornamentale secondo la moda del tempo, e riportano anche le isole principali, come le Azzorre, le Canarie e quelle del golfo di Guinea. L’ultima tavola rappresenta l’Africa nel suo complesso; Sanudo volle cominciare il suo progetto di una rappresentazione complessiva del mondo conosciuto partendo dal continente che prima di ogni altro fu noto agli europei, benché gli africani siano visti, secondo i parametri del tempo, come esseri primitivi e di scarso intelletto.
Morì a Venezia nel febbraio del 1576, ma la lacunosità delle fonti in un anno devastato dalla peste rende impossibile precisare il giorno e la causa.
Non ebbe figli, tuttavia nei quattro testamenti che redasse rivolse cure quasi maniacali nel disporre dei pochi beni che si ritrovava e, con essi, degli strumenti meccanici e scientifici che aveva realizzato. In quello stilato nel giugno del 1575, che fu pubblicato, nominò suoi commissari la cugina Marietta Balanzon e i fratelli Giulio e Marco; risultava vedovo e volle essere sepolto accanto alla moglie, in un’arca da lui fatta costruire nel monastero della Madonna dell’Orto. Nella pietra tombale volle incisi gli stemmi Sanudo e Volo, con queste parole: Haeredes hoc monumentum non sequantur: il sepolcro infatti doveva essere piombato e nessun altro poteva esserci sepolto.
Opere. Epithalamio di m. Livio Sanuto nelle nozze del magnifico cavalier Bernardo, Vinegia 1548; Al reverendissimo et illustrissimo signor il cardinal di Trento. La rapina di Proserpina di Livio Sanuto, Vinegia 1551; Il gir’avanti, alcun non mi contenda, in Del tempio alla divina signora donna Giovanna d’Aragona..., Venetia 1555, p. 347; Geografia di m. Livio Sanuto distinta in XII libri. Ne’ quali [...] si dichiarano le provincie, popoli, regni, città; porti, monti, fiumi, laghi e costumi dell’Africa. Con XII tavole di essa Africa in dissegno di rame..., Vinegia 1588.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscell. Codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VI, p. 560; Dieci savi alle Decime, Cannaregio 1566, b. 132/157; Notarile testamenti, b. 1200/123 (15 giugno 1575); l’ultimo testamento, datato 27 gennaio 1576, in Venezia, Biblioteca del Museo Correr, P.D., c 302, fasc. 27, per l’assegnazione della masseria Pusterla, fasc. 23.
G. Diedo, L’anatomia celeste [...] dove s’insegna il partir le case della figura astrologica..., Venetia 1593, p. 8; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita, e le opere degli scrittori viniziani..., II, Venezia 1754, p. 610; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, pp. 293-297, III, 1830, p. 52; R. Almagià, Il globo di L. S., in La Bibliofilia, XLVIII (1946), pp. 23-28; prudente nell’attribuzione R.A. Skelton, A Venetian terrestrial globe, represented by the largest surviving printed gores of the sixteenth century, Bologna 1969; E. Bevilacqua, Geografi e cosmografi, in Storia della cultura veneta, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, III, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, Vicenza 1980, pp. 372 s.; F. Ambrosini, Paesi e mari ignoti. America e colonialismo europeo nella cultura veneziana (secoli XVI-XVII), Venezia 1982, pp. 3, 19-21, 26, 30, 108; M. Bury, Giulio Sanuto. A Venetian engraver of the sixteenth century, Edinburgh 1990, pp. 7, 16-19, 21, 23 s., 46; A. Ziggelaar, Due veneziani, Paolo Sarpi e Leonardo Garzoni S.J., nella storia della fisica, in I Gesuiti e Venezia. Momenti e problemi di storia veneziana della Compagnia di Gesù, a cura di M. Zanardi, Padova 1994, pp. 583-585 (in partic. p. 583); F. Ambrosini, Storie di patrizi e di eresia nella Venezia del ’500, Milano 1999, pp. 173-180, 208 s., 326; Sfere del cielo, sfere della terra: globi celesti e terrestri dal XVI al XX secolo (catal., Venezia), a cura di M. Milanesi - R. Schmidt, Milano 2007, pp. 50, 111; S. Alcamo, Giorgione e i Sanudo. Un punto fermo e una rete di rapporti possibili, in Studi veneziani, n.s., 2015, vol. 71, pp. 15-34 (in partic. pp. 32 s.).