TREVISAN, Livio
– Nacque a Lodi il 16 aprile 1909, da Ettore, friulano di origine e professore di matematica e fisica, e da Giovanna Scarpa.
A causa del lavoro paterno, dopo Lodi la famiglia si spostò a Modena, dove Livio frequentò scuola elementare e ginnasio ed Ettore fu anche assistente di Ugo Amaldi, allora docente presso la locale università. Nel 1924 avvenne il trasferimento a Vicenza, per la nomina del padre a preside del liceo scientifico P. Lioy; nel capoluogo berico Trevisan trascorse la giovinezza, conseguendo la licenza classica al liceo A. Pigafetta. Il fratello maggiore Bruno divenne ingegnere, mentre egli si iscrisse a scienze naturali all’Università di Padova, laureandosi nel luglio del 1931 con il massimo dei voti, sotto la guida di Giorgio Dal Piaz, con una tesi sulle successioni triassiche del monte Pasubio.
Compiuto il servizio di leva come sottotenente di complemento in un gruppo di artiglieria di montagna di stanza a Bressanone, nel 1933 egli si trasferì a Palermo, chiamato da Ramiro Fabiani, vicentino e allievo di Dal Piaz, come assistente di ruolo alla cattedra di geologia presso l’università. Trevisan restò in Sicilia fino al 1939, con l’incarico di insegnamento di paleontologia a partire dal 1937, conseguendo la libera docenza nel 1938. Compì rilevamenti geologici nel settore occidentale dell’isola, nelle Madonie, nella zona di Pachino e nel Siracusano; in base alle osservazioni svolte arrivò ad affermare l’alloctonia delle unità mesozoiche dei monti di Palermo su quelle terziarie, esponendo tale interpretazione, con R. Fabiani, nella nota Prove dell’esistenza di uno stile a falde tettoniche di ricoprimento nei Monti di Palermo (in Atti della Reale Accademia d’Italia, XI (1940), pp. 435-448). Queste interpretazioni innovative furono avversate, imperando all’epoca, sia in ambito accademico sia nel Servizio geologico di Stato, una visione autoctonista della catena appenninica, radicata fino a buona parte degli anni Sessanta, fatti salvi isolati pionieri tra i quali proprio Trevisan.
Nel frattempo egli aveva sposato a Venezia il 31 dicembre 1934 Silvana Ricci, figlia dell’eminente geografo Leonardo, professore a Ca’ Foscari. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Lavinia, (Vicenza, 1935, laureata in scienze naturali, palinologa ricercatrice del CNR), Vanna (Palermo, 1938), Ornella (Pisa, 1940) e Fabio (Pisa, 1943).
Nel 1939, dopo la morte di Giuseppe Stefanini, Trevisan fu chiamato dall’Università di Pisa, in attesa di un successivo concorso a cattedra, come professore incaricato di geologia e direttore pro tempore dell’istituto di geologia e paleontologia, e si trasferì nella città toscana con la famiglia. Dopo la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940 egli fu richiamato quale ufficiale di complemento per svolgere, presso il 7° reggimento di artiglieria da campagna di stanza a Pisa, due mesi di esercitazione necessari alla promozione al grado di capitano. Il reparto faceva base a Dolceacqua, in Val Nervia, quando, al repentino mutamento dello scenario bellico, a Trevisan fu affidato il comando di una sezione di mitraglierie contraeree e anticarro presso Ventimiglia, in difesa del ponte S. Michele al confine francese. Alla fine dei due mesi, la breve esperienza di combattente di Trevisan si concluse, non essendo stato trattenuto in servizio in quanto appartenente ad altro corpo di specialità; in seguito la sua divisione di artiglieria alpina fece parte dello sventurato contingente dell’ARMIR (ARMata Italiana in Russia), ma egli fu esonerato dal richiamo sussistendone i requisiti di legge, essendo nato nel frattempo il suo quarto figlio nel 1943. Dopo l’armistizio, il repentino mutamento dello scenario bellico sorprese Trevisan all’Elba, dove era impegnato nel settembre del 1943 in rilevamenti geologici con Enzo Beneo del Regio Ufficio geologico. Dopo che i tedeschi avevano iniziato a bombardare l’isola, i due geologi fuggirono avventurosamente via mare assieme a un gruppo di militari sbandati, raggiungendo Piombino in battello. Trevisan riuscì a fuggire nella calca dalla colonna in cui i soldati tedeschi avevano inquadrato gli sbarcati e in treno raggiunse, durante il coprifuoco notturno, la sua casa di Pisa. Durante il periodo di bombardamenti della città nel 1944, egli riuscì, assieme a Stefano Bonatti, direttore dell’istituto di mineralogia, a trasferire il patrimonio librario degli istituti universitari in una cascina di campagna, preservandolo dalla distruzione.
A Pisa Trevisan tenne a lungo l’incarico universitario sopra ricordato, a cui si aggiunsero gli insegnamenti di paleontologia, geologia applicata e geografia fisica. Cessata la guerra e passato il complicato periodo di transizione postbellica, egli vinse finalmente nel 1949 il concorso per professore straordinario di geologia, passando nel 1952 a ordinario presso l’Università pisana, dove trascorse il resto della sua lunga carriera accademica. Tra il 1962 e il 1965 fu preside della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali; fu anche promotore e primo direttore del Centro di studi per la geologia dell’Appennino del CNR - sezione di Pisa. Dopo il collocamento fuori ruolo nel 1979 tenne formalmente l’insegnamento di geografia fisica fino al 1981, garantendolo poi in forma seminariale, su invito dei colleghi, per altri cinque anni. Nel 1984 il suo ateneo lo nominò professore emerito. Con Giorgio Marinelli e Stefano Bonatti è considerato il fondatore della moderna scuola geologica pisana, pienamente sviluppatasi a partire dai primi anni Sessanta.
La produzione scientifica di Trevisan consta di oltre centottanta pubblicazioni, che spaziano su temi geologici, di geografia fisica, geomorfologici, geologico-applicativi e paleontologico- biostratigrafici relativi a vari settori delle Prealpi venete e tridentine, dell’Appennino centrale e della Sicilia; nei primi anni Trenta scrisse anche alcune note in campo zoologico.
L’impronta naturalistica di base dei suoi lavori, fondati su minuziose osservazioni del terreno, era accompagnata da chiarezza espositiva, supportata dalla sua profonda cultura; in ogni campo da lui affrontato emersero le sue capacità di sintesi e di spirito innovativo. Tra i suoi scritti più rappresentativi va citato uno dei primi, Il gruppo di Brenta (Trentino occidentale), in Memorie del Reale Istituto geologico dell’Università di Padova, XIII (1939), pp. 1-128, corposo lavoro geologico-strutturale di riferimento impreziosito dai suoi eccellenti disegni degli effetti della tettonica traslativa, concetto rivoluzionario per la visione dell’epoca. Come rilevatore Trevisan contribuì ad alcuni fogli della Carta geologica delle Tre Venezie e successivamente, per la seconda edizione della Carta geologica d’Italia alla scala 1:100.000, diresse diversi fogli della Toscana occidentale, compreso quello relativo all’Elba. Nel 1951 egli presentò alla 55a riunione estiva della Società geologica italiana lo studio del settore orientale di quell’isola che, come ricordato, egli aveva intrapreso nel difficile periodo bellico; la sintesi geologico-strutturale L’Elba orientale e la sua tettonica di scivolamento per gravità, in Memorie dell’Istituto geologico dell’Università di Padova, XVI (1950), pp. 5-39, costituisce uno dei lavori più complessi della sua produzione, dal carattere fortemente innovativo per l’epoca, anticipando di decenni una visione dell’evoluzione postcollisionale dell’area circumtirrenica settentrionale oggi ampiamente condivisa dalla comunità scientifica. Tra i suoi lavori sull’area toscana merita di essere ricordato anche quello intitolato Il Trias della Toscana ed il problema del Verrucano Triassico, in Atti della Società toscana di scienze naturali. Memorie, s. A, LXII (1955), pp. 1-30.
Nel campo della geografia fisica si occupò di glaciologia e morfologia glaciale, terrazzamento fluviale e marino, dinamica fluviale e rapporti fra rete idrografica e strutture tettoniche regionali, nonché di frane; su quest’ultimo tema va menzionata la nota redatta con Raimondo Selli Caratteri e interpretazione della frana del Vajont (in Giornale di geologia, s. 2, XXXII (1964) 1, pp. 7-68). Altro suo contributo di rilievo è la seconda edizione dell’Atlante dei tipi geografici dell’IGM (Firenze 1948), redatto con Roberto Almagià e Aldo Sestini e composto da venticinque tavole. Importante, infine, il suo contributo nel campo della geologia del Pliocene e del Quaternario e della paleontologia dei Vertebrati, da lui approcciati con taglio multidisciplinare; nel 1953 organizzò con Alberto Carlo Blanc e Ezio Tongiorgi il IV Congresso internazionale sul Quaternario.
La sua competenza fu richiesta in organismi tecnici finalizzati a delicati problemi di gestione del territorio. Nell’ambito della commissione, per l’esame delle problematiche di stabilità della torre di Pisa, nominata nel 1964 dal ministro dei Lavori pubblici, gli fu affidato lo studio dei terreni di fondazione. Fu poi membro della Commissione interministeriale per la sistemazione idraulica e la difesa del suolo, istituita nel 1967 dopo le alluvioni di Firenze e del Polesine dell’anno precedente e presieduta dall’ingegner Giulio De Marchi.
In campo didattico produsse in collaborazione con Ezio Tongiorgi La Terra (Torino 1958), testo adottato per decenni negli istituti scolastici superiori. Nel 1978 fu pubblicato il manuale universitario Introduzione alla geologia (Pisa 1978), largamente diffuso nei corsi di laurea italiani, scritto con Gaetano Giglia e illustrato personalmente da Trevisan, abile disegnatore, noto in particolare per i suoi dettagliati bloccodiagrammi.
Fu direttore della rivista Paleontographia Italica e ricoprì prestigiosi incarichi accademici nazionali e internazionali: socio onorario della Società naturale del Trentino e Alto Adige (1949); due volte presidente della Società geologica italiana (1951 e 1971-72); vicepresidente della Société géologique de France (1953); membro corrispondente della Société géologique de Belgique (1956); vicepresidente della International Association of sedimentologists (1960); honorary fellow della Geological Society of America (1961); socio corrispondente dal 1956 dell’Accademia dei Lincei e socio nazionale dal 1966; membro dell’Accademia Olimpica di Vicenza (1971); socio onorario dell’Associazione italiana per lo studio del Quaternario (1982); accademico d’onore dell’Accademia fiorentina delle arti del disegno (1983); presidente della Società toscana di scienze naturali (1984-90). Ricevette inoltre vari premi e onorificenze: premio ministeriale per il miglior lavoro in scienze naturali, Accademia d’Italia (1940); premio Prestwich della Société géologique de France (1954) assieme a Giovanni Merla; premio Feltrinelli per la geologia, paleontologia e mineralogia dell’Accademia dei Lincei (1961); medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola della cultura e dell’arte del ministero della Pubblica Istruzione (1969); doctor honoris causa all’Università di Ginevra (1970).
Figura eclettica, fu attivo anche in campo musicale come orchestrale violinista e come fondatore nel 1975 dell’Associazione coro Vincenzo Galilei di Pisa. Oltre alle ricordate capacità di rappresentazione grafica, egli era anche, nonostante il suo conclamato daltonismo, fotografo originale e fantasioso.
Morì a Pisa il 18 novembre 1996.
Fonti e Bibl.: M. Tongiorgi, Commemorazione del professor Livio Trevisan, verbale del Consiglio della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, seduta del 16 dicembre 1996; Università degli studi di Pisa, a.a. 1996-97, o.d.g. n. 2, Delibera n. 3/1, Pisa 1996.
L.Trevisan, Ricordi e frottole, Pisa 1990; P.R. Federici - A. Rau, L. T. Vita e studi, in Scritti in onore di L. T., Memorie della Società geologica italiana, XLIX (1993), pp. 6-15, con elenco completo delle pubblicazioni fino al 1992; Incontro con L. T., a cura del dipartimento di scienze della terra dell’Università di Pisa e del Centro di studio per la geologia strutturale e dinamica dell’Appennino del CNR, Pisa 1993; P.R. Federici, L. T. (1909-1996) e il suo contributo alla geografia fisica, in Geografia fisica e dinamica quaternaria, XIX (1996), pp. 143-145; R. Mazzanti, Un ricordo di L.T., in Il Geologo, VII (1997), 29, 3, p. 32; G. Giglia, La figura e le opere di L. T., in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti Lincei, suppl., s. 9, X (1999), pp. 59-66.
Si ringraziano Lavinia Trevisan e Franco Barberi per la cortese collaborazione.