Lo svolgimento del processo. Il ricorso incidentale
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 7.4.2011, n. 4, rivedendo le conclusioni alle quali era già pervenuta sull’ordine che il giudice amministrativo è tenuto a seguire nell’esame del ricorso principale e di quello incidentale in un contenzioso in materia di appalti pubblici, conclude nel senso che il ricorso incidentale deve essere sempre esaminato con priorità, se diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale in quanto sprovvisto dei requisiti di partecipazione alla gara.
Con la sentenza 7.4.2011, n. 4, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato1 – sollecitata dalla sez. VI a definire il contrasto giurisprudenziale sull’ordine di esame dei ricorsi principale e incidentale in caso di contenzioso in materia di appalti pubblici – ha enunciato il principio secondo cui il ricorso incidentale, se diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la proposizione di censure contro la sua ammissione alla gara, deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale adduca in via gradata il proprio interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura selettiva, e indipendentemente dal numero dei partecipanti a detta procedura, dal tipo di censure prospettate dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dalla stazione appaltante resistente. A detta conclusione l’Adunanza plenaria è pervenuta non solo rivedendo in buona parte quella alla quale essa era pervenuta in una precedente decisione (10.11.2008, n. 11), ma, soprattutto, individuando nella normativa processualistica la sede in cui ricercare i principi ai quali fare richiamo per risolvere i problemi pendenti, con una netta distinzione fra processo e procedimento amministrativo, e dando di conseguenza un rilievo dominante, a fini definitori, al concetto di legittimazione al ricorso, alla natura giuridica del ricorso incidentale, ai diversi contenuti che esso può avere e ai principi ricavabili da una lettura necessariamente complessiva della disciplina dettata dal c.p.a., in assenza di puntuali prescrizioni da parte dello stesso.
In effetti, il problema dei rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale è di antica origine e ha sempre dato vita a soluzioni contrastanti sia in giurisprudenza che in dottrina2, in larga misura dipendenti dalla diversa natura giuridica che si riconosceva al ricorso incidentale. In giurisprudenza, due erano gli orientamenti che si fronteggiavano, con esiti diversi sul contenzioso in esame. Un primo orientamento3 sosteneva il carattere accessorio del ricorso incidentale rispetto a quello principale, nel senso non solo che la sua proponibilità trovava una ragion d’essere nell’esistenza del secondo, ma anche che la sua definizione era condizionata dall’esito di quest’ultimo. Di qui il nesso di subordinazione del primo rispetto al secondo, atteso che, ove il ricorso principale avverso l’esclusione dalla gara del proponente o l’aggiudicazione ad altro concorrente non fosse stato proposto, il controinteressato non avrebbe tratto alcun vantaggio dal rimettere in discussione il modus procedendi della stazione appaltante, dal quale aveva comunque ricevuto il bene della vita al quale tendeva partecipando alla gara, cioè l’affidamento dell’appalto. Sul piano strettamente processuale, la conseguenza che si faceva discendere dal carattere accessorio del ricorso incidentale è che esso doveva essere esaminato solo dopo quello principale e solo nel caso di riconosciuta fondatezza di quest’ultimo4. Si trattava, peraltro, di una regola che la stessa giurisprudenza riteneva soggetta a deroga, nel caso in cui il ricorso incidentale mirasse a paralizzare l’azione principale per ragioni di ordine processuale. Verificandosi questa ipotesi, si sosteneva che il giudice adito era tenuto a dare la precedenza alle questioni sollevate dal ricorrente incidentale, per esse intendendosi quelle che si riflettono con immediatezza sull’interesse a ricorrere del ricorrente principale, di cui si contestasse il possesso dei requisiti espressamente richiesti, a pena di esclusione, dal bando di gara5. Alle stesse conclusioni si era pervenuto nel caso in cui l’aggiudicatario-ricorrente incidentale denunciasse l’illegittima ammissione alla procedura di evidenza pubblica di un’impresa terza, la cui esclusione, ove correttamente disposta dalla commissione di gara, avrebbe determinato una diversa media delle offerte delle concorrenti, privando la ricorrente principale della seconda posizione in graduatoria, che l’aveva legittimata a ricorrere. Un secondo orientamento6 riconosceva invece al ricorso incidentale la natura di ricorso riconvenzionale, cioè di rimedio giuridico che utilizzava la corsia preferenziale di un processo già pendente per far valere un interesse connesso, ma contrapposto a quello già azionato. Si individuava la sua differenza rispetto al ricorso principale nel fatto che veniva proposto a difesa di un interesse allo stato non attuale, ma futuro ed eventuale, che quindi non avrebbe potuto essere fatto valere in via autonoma, essendo condizionato dall’esito favorevole del ricorso principale, che legittimava il giudice a passare all’esame del ricorso incidentale. In dottrina, la tesi più diffusa era quella che sosteneva che con il ricorso incidentale si introduce un’eccezione in un giudizio già pendente, atteso che con esso non si chiede l’annullamento dell’atto già impugnato da un altro soggetto, ma la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale7. Un certo seguito aveva anche la tesi che nel ricorso incidentale individuava un’azione autonoma, sul rilievo che l’accessorietà di tale rimedio non è elemento di per sé solo sufficiente a qualificarlo come eccezione, dovendo invece la sua natura giuridica essere definita sulla base di un criterio formale, e cioè a seconda che fossero chiesti provvedimenti positivi favorevoli o solo la reiezione del ricorso principale. Di qui la non condivisibilità dell’affermazione secondo cui il ricorrente incidentale mira solo ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale, essendo al contrario interesse suo l’annullamento dell’atto impugnato, anche se per motivi diversi da quello che avevano spinto il ricorrente principale a proporre il gravame. Di qui anche la conclusione che il ricorso incidentale è un’azione processuale amministrativa, con tutte le connesse conseguenze e, primo fra tutte, l’effetto annullatorio8.
2.1 Il primo intervento dell’Adunanza plenaria (n. 11/2008)
Un primo intervento dell’Adunanza plenaria sulle problematiche innanzi richiamate, finalizzato ad offrire una linea guida univoca al giudice amministrativo, si è avuto con la sentenza 10.11.2008, n. 11. La premessa dalla quale l’Adunanza plenaria partiva nel suo argomentare è che nel sistema vigente non esiste una regola fissa alla quale il giudice è obbligato ad attenersi nello stabilire la priorità da dare all’esame del ricorso principale e del ricorso incidentale, ma il principio che dovrebbe guidare la sua libera scelta è quello di economia processuale9, che gli consiglierebbe di volta in volta di dare priorità all’esame del ricorso che è decisivo per una sollecita definizione della controversia: quindi, al ricorso principale che, solo se fondato, manterrebbe vivo l’interesse del controinteressato ad una pronuncia sul suo ricorso incidentale. A quest’ultimo, atteso che – costituendo esso un’«eccezione in senso tecnico» – la sua fondatezza precluderebbe l’esame del ricorso principale senza comportare l’annullamento in parte qua dell’atto impugnato e conseguenze su soggetti non evocati in giudizio. Contestualmente, però, si chiariva che l’effetto paralizzante del ricorso incidentale rispetto a quello principale non ricorre nel caso in cui ambedue i ricorsi risultano fondati. In questo caso, sussisterebbe l’obbligo per la stazione appaltante di rinnovare la procedura, sussistendo l’interesse del ricorrente principale ad una pronuncia di merito sul proprio gravame, che potrebbe quanto meno soddisfare quello gradato (cd. strumentale) a partecipare al nuovo procedimento. In effetti, si trattava di una conclusione già anticipata da una parte della giurisprudenza10 con riferimento al caso di gara pubblica con solo due partecipanti, l’uno presentatore di un ricorso principale e l’altro di un ricorso incidentale, ma ambedue rivolti ad ottenere una pronuncia di esclusione dalla gara della controparte e, ove ambedue fondati, comportanti l’annullamento di tutti gli atti impugnati e la necessità per la stazione appaltante di rinnovare la procedura, specie quando una rinuncia la esporrebbe al rischio di perdere il finanziamento pubblico necessario per la realizzazione dell’opera già progettata. Il rilievo determinante attribuito dall’Adunanza plenaria al cd. interesse strumentale trovava una dichiarata spiegazione nell’obbligo – imposto al giudice dall’art. 111, co. 2, Cost., dall’art. 6 CEDU e dall’art. 6 del Trattato di Maastricht – di garantire alle parti «un giusto processo», ponendole nelle condizioni di operare su un piano di «perfetta parità processuale», risultato che sarebbe compromesso ove l’esito della vicenda contenziosa fosse conseguente all’ordine seguito dal giudice nella trattazione delle questioni sollevata dalle parti in causa11.
Il principio dell’irrilevanza al fine del decidere dell’ordine di esame da parte del giudice dei ricorsi principale e incidentale, essendo prioritario per lui l’obbligo – nel caso di riconosciuta fondatezza di entrambi con conseguente annullamento degli atti di gara – di riconoscere l’interesse strumentale delle parti in causa al rinnovo della gara, è stato contestato dalla sez. VI del Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 351/2011, recante anche un ampio riferimento alla scarsa accoglienza che detto principio aveva ricevuto sia in giurisprudenza che in dottrina. In punto di fatto, il giudice remittente ha imputato a detta regola di favorire una litigiosità esasperata; di non garantire ai concorrenti l’interesse primario all’aggiudicazione dell’appalto; di rendere estremamente difficile e sovente impossibile l’esecuzione dell’opera, con conseguente ingiusto sacrificio dell’interesse pubblico. Ma, soprattutto, ha preso posizione sul cd. interesse strumentale. In via generale, ha dichiarato di dubitare che esso possegga i requisiti propri dell’interesse legittimo, considerato fra l’altro che non può definirsi né concreto né attuale, atteso che il rinnovo della gara non può essere imposta dal giudice, ma costituisce una libera scelta della stazione appaltante. Ha dichiarato non pertinente il richiamo alla necessità di garantire la par condicio alle parti in causa, giacché i loro interessi non sono affatto comuni ma configgenti, atteso che l’interesse che muove l’aggiudicatario ad intervenire nel processo nella via del ricorso incidentale è quello di conservare il vantaggio ottenuto con l’affidamento dell’appalto. Ha quindi sollecitato l’Adunanza plenaria a superare le oscillazioni giurisprudenziali in materia, affermando che «la legittimazione dell’impresa di settore non può prescindere dalla previa verifica del possesso dei requisiti che esso attacca» e tenendo anche nel debito conto la disciplina che l’art. 42, co. 1, c.p.a. detta in ordine ai rapporti fra ricorso incidentale e ricorso principale.
3.1 La sentenza dell’Adunanza plenaria n. 4/2011: la corretta impostazione del thema decidendum e le conseguenti conclusioni
In effetti, nella succitata ordinanza della sez. VI, n. 351/2011 il problema afferente all’ordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale era stato dichiaratamente impostato «non già in termini generali», ma limitatamente al caso di gare d’appalto, nelle quali «i concorrenti ammessi» tendono ad escludersi a vicenda, «al fine di pervenire alla rinnovazione della gara»; il che costituisce un’impostazione del thema decidendum quanto meno riduttiva, atteso che il problema riguarda anche i «concorrenti ab origine esclusi» dalla procedura comparativa ed è anche contestabile in punto di fatto, atteso che l’obiettivo perseguito dal ricorrente è ottenere dal giudice adito che la stazione appaltante lo ammetta alla gara, valuti la sua offerta e gli aggiudichi l’appalto; per il secondo, la conferma dell’aggiudicazione. Rispetto a questi interessi confliggenti, ciascuno dei quali esclude l’altro, quello comune alla rinnovazione della gara è solo residuale, giacché presuppone che entrambe le istanze siano state disattese e i rispettivi ricorsi respinti, con conseguente ripiegamento da parte di entrambi su un obiettivo, la ripetizione della gara, niente affatto satisfattivo delle originarie pretese. L’Adunanza plenaria ha ampiamente superato i limiti che il remittente poneva al suo esame ed ha affrontato nella sua ampiezza, e con specifico riferimento alla sede processuale, la problematica dei rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale, con ricorso ad argomentazioni in buona parte ulteriori e comunque nuove rispetto a quelle proposte dal rimettente. Seguendo un metodo espositivo di indubbia efficacia, ha anticipato le conclusioni alle quali era pervenuta sui singoli punti, la cui disamina era strumentale rispetto alla decisione finale, rinviando ad una fase successiva il profilo motivazionale. In conclusione, supportando il principio anticipato con il successivo apporto motivazionale, le regole enunciate possono così riassumersi: a) anche nel processo amministrativo vige, ex art. 76, co. 4, c.p.a., la regola, già fissata dall’art. 276, co. 2, 4 e 5, c.p.c., per la quale l’esame delle questioni pregiudiziali deve precedere la valutazione nel merito della domanda dell’attore; b) sono questioni pregiudiziali quelle afferenti alla legittimazione ad agire e all’interesse al ricorso; c) la legittimazione al ricorso postula il riconoscimento della titolarità di una posizione giuridica riconosciuta e protetta dall’ordinamento e riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione, quindi non desumibile dalla semplice possibilità di ricavare dalla decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale; di qui l’errore nel quale era incorsa l’Adunanza plenaria nella precedente decisione, allorché sosteneva la necessità per il giudice di esaminare comunque nel merito il ricorso principale, nonostante l’accertata fondatezza del ricorso incidentale «escludente», solo in ragione dell’utilità pratica che il ricorrente principale avrebbe comunque potuto ricavare dalla rinnovazione della gara; d) la natura pregiudiziale di una questione prescinde dal «veicolo processuale utilizzato» per proporla, sicché anche il ricorso incidentale è uno strumento utile per contestare la legittimazione alla proposizione del ricorso principale; di conseguenza incombe anche sul giudice amministrativo l’obbligo di esaminare le questioni al suo esame secondo l’ordine codificato, dando quindi priorità assoluta al ricorso incidentale del controinteressato all’annullamento dell’aggiudicazione rispetto ad ogni altra questione sollevata con il ricorso principale, ove le questioni con il primo dedotte risultino ostative o preclusive dell’esame di quelle addotte con il secondo; e) nel contenzioso in materia di appalti pubblici, la legittimazione al ricorso spetta solo al soggetto «che ha legittimamente partecipato alla procedura selettiva», ma si tratta di una regola alla quale la giurisprudenza riconosce deroghe connesse ad esigenze specifiche e peculiari e sorrette da una giustificazione logica evidente, riconoscendo quindi la legittimazione all’operatore economico di settore che contesti in radice la scelta della stazione appaltante di indire la procedura ad evidenza pubblica, ovvero l’affidamento diretto dell’appalto o che impugna una clausola escludente del bando; f) l’interesse strumentale non individua un’autonoma posizione giuridica soggettiva, ma è locuzione che definisce «il rapporto di utilità fra l’accertata legittimazione al ricorso e la domanda formulata dall’attore»; ciò, però, non sta a significare che esso non assume alcuna rilevanza nel contenzioso in materia di appalti, atteso che il soggetto che ha legittimamente partecipato ad una gara, può far valere in giudizio sia un interesse «finale» all’affidamento dell’appalto aggiudicato al controinteressato sia, in via subordinata, l’interesse «strumentale» alla caducazione dell’intera procedura, ma in questo caso alla duplice condizione che sia stata accertata la sua legittimazione al ricorso e che abbia concrete e ragionevoli possibilità di ottenere, dalla riedizione della procedura concorsuale, l’utilità richiesta, cioè l’aggiudicazione dell’appalto. Altra questione, estranea all’ordinanza di rimessione, ma sulla quale l’Adunanza plenaria ha ritenuto di dover prendere posizione in presenza di un contrasto giurisprudenziale non ancora composto, riguarda i caratteri che, ai fini della legittimazione al ricorso, deve presentare la partecipazione alla gara, se cioè al suddetto fine sia sufficiente il solo fatto storico dell’iniziale partecipazione alla stessa, indipendentemente dalla successiva esclusione ovvero dall’accertamento della sua illegittimità. Al quesito essa dà una risposta negativa: la tesi svolta è che «legittimazione al ricorso» è una qualificazione di «carattere normativo», che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva, con la conseguenza che la definitiva esclusione o l’accertamento dell’illegittimità della partecipazione impediscono di riconoscere al ricorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva. Dichiara quindi di non condividere né l’orientamento «estremo» di una parte della giurisprudenza, per il quale anche il concorrente definitivamente escluso sarebbe legittimato a proporre una domanda di annullamento dell’intera procedura, sia quello «più moderato », per il quale detta legittimazione andrebbe riconosciuta al ricorrente comunque ammesso alla gara, seppure in modo illegittimo, come dimostrato dal ricorrente incidentale. Per quanto attiene al primo orientamento, oppone che l’esclusione, non impugnata o non annullata, cristallizza definitivamente la posizione sostanziale del concorrente, ponendolo nella stessa condizione di colui che è rimasto estraneo alla gara. Per quanto attiene al secondo orientamento, che in effetti era quello patrocinato dalla stessa Adunanza plenaria nella precedente occasione e che mirava a differenziare la posizione del concorrente illegittimamente ammesso alla gara da quello legittimamente escluso, osserva che l’accertamento dell’illegittimità dell’ammissione ha un carattere retroattivo e, quindi, si riflette sui presupposti e sulle condizioni dell’azione in modo niente affatto dissimile da un provvedimento di esclusione divenuto inoppugnabile, sicché è irragionevole far discendere dalla stessa situazione di accertata illegittimità dell’ammissione del ricorrente principale conseguenze antitetiche in funzione della diversa determinazione della stazione appaltante, cioè di una mera situazione di fatto. Altra questione che l’Adunanza plenaria esamina, ma in estrema sintesi, è se ragioni di economia processuale possano autorizzare il giudice a dare priorità al ricorso principale. Senza escludere tale possibilità nelle ipotesi segnalate dalla prevalente giurisprudenza del giudice amministrativo (infondatezza, inammissibilità o improcedibilità del ricorso principale), aggiunge il caso in cui con esso siano sollevate questioni pregiudiziali relativamente alla posizione del ricorrente incidentale, atteso che esse hanno carattere pregiudiziale «indipendentemente dal veicolo processuale utilizzato ».
1 A questa conclusione si è adeguata la successiva giurisprudenza del giudice amministrativo, sia di primo che di secondo grado: si vedano, ad esempio, Cons. St., sez. V, 5.9.2011, n. 4981; Cons. St., sez. V, 28.7.2011, n. 4524; Cons. St., sez. III, 18.7.2011, n. 4354; TAR Basilicata, 2.8.2011, n. 447, secondo cui la regola per cui l’esame del ricorso incidentale, diretto a contestare l’ammissione alla gara del ricorrente principale, ha carattere prioritario – e ciò anche nel caso in cui quest’ultimo faccia valere il suo interesse strumentale alla rinnovazione della procedura e a prescindere dal numero dei partecipanti alla procedura selettiva, dal tipo di censura prospettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall’amministrazione resistente – subisce un’eccezione per ragioni di economia processuale ed è ammesso l’esame prioritario del ricorso principale ove sia evidente la sua infondatezza, inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità.
2 Per una ricostruzione delle diverse posizioni assunte nella materia de qua dalla giurisprudenza e della dottrina, si rinvia a Ferrari, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo: principi consolidati e problematiche irrisolte, in Dir. proc. amm., 2007, IV, 1058; Ferrari, Art. 42 c.p.a. - Ricorso incidentale e domanda riconvenzionale, in Garofoli- Ferrari, Codice del processo amministrativo annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, II, Roma, 2010, 669.
3 Cons. St., sez. VI, 9.10.1989, n. 1305, in Cons. St., 1989, I, 1216.
4 TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 31.5.2004, n. 941.
5 TAR Veneto, sez. I, 3.4.2007, n. 1095.
6 C.g.a., sez. giurisdizionale, 30.6.1995, n. 249, in Cons. St., 1995, I, 959; Cons. St., sez. IV, 13.12.1999, n. 1853, in Cons. St., 1999, I, 2057.
7 In questo senso aveva concluso Catallozzi, Note sulle impugnazioni incidentali nel processo dinanzi ai giudici amministrativi ordinari, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981, 1766, trovando concorde sulle sue conclusioni Vacirca, Appunti per una nuova disciplina dei ricorsi incidentali nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 57, il quale, sul presupposto che il ricorso incidentale ha natura di eccezione, sosteneva che esso poteva essere proposto anche dalla stazione appaltante, ove necessario per salvare dall’annullamento giurisdizionale il suo provvedimento impugnato dal ricorrente principale; sul punto, si veda anche Santoro, Appunti sulle impugnazioni incidentali nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 424, per il quale solo apparentemente il ricorso incidentale è un mezzo di impugnazione, costituendo invece una particolare figura di eccezione di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso principale, atteso che dal suo accoglimento non può mai derivare l’annullamento dell’atto impugnato; sul fatto che la riconosciuta fondatezza del ricorso incidentale è conseguenza di una valutazione solo virtuale da parte del giudice delle illegittimità con esso denunciate che, privando di utilità il ricorso principale, esonera lo stesso giudice da una pronuncia annullatoria, si veda Greco, I profili processuali del ricorso incidentale, in Dir. proc. amm., 2009, 637; nel senso che una diversa definizione del ricorso incidentale offrirebbe una distorta immagine dello stesso, atteso che, al contrario del ricorso principale, esso non mira all’annullamento di un provvedimento amministrativo, ma solo a sottrarre il suo promotore dalle conseguenze negative che potrebbero derivargli dall’accoglimento del ricorso principale, si veda Romano Tassone, Il ricorso incidentale e gli strumenti di tutela nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2009, 3.
8 Così Baccarini, L’impugnazione incidentale del provvedimento amministrativo tra tradizione e innovazione, in Dir. proc. amm., 1991, 651, il quale, data la premessa, faceva da essa discendere come corollario obbligato che il giudice, una volta accertata l’illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso incidentale, era tenuto ad annullarlo; una posizione intermedia fra le due tesi era quella espressa da Ferrari, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo: principi consolidati e problematiche irrisolte, cit., 1058, la quale, pur concordando sulla natura impugnatoria, in quanto comprovata dagli obblighi incombenti sul controinteressato ricorrente incidentale (notifica, rispetto dei termini perentori ecc.) ed invece estranei alle eccezioni, riconosceva che gli effetti «paralizzanti» prodotti dal ricorso incidentale sono del tutto equiparabili a quelli delle eccezioni; il che peraltro, a suo avviso, non costituisce una contraddizione, atteso che una cosa è lo strumento giuridico utilizzato per difendere la posizione di vantaggio conseguita con un provvedimento del quale il ricorrente principale ha chiesto l’annullamento, altro è l’effetto scaturito dal rimedio prescelto.
9 Giova peraltro sottolineare che il richiamo dall’Adunanza plenaria al criterio di economia processuale non ha trovato unanimi consensi in dottrina; di contrario avviso si è detto Villata, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo di primo grado, in Dir. proc. amm., 2009, 317, per il quale una regola legislativa di priorità esiste ed è quella dettata dall’art. 276, co. 2, c.p.c., per il quale il giudice è obbligato a decidere «gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio, e quindi il merito della causa»; di conseguenza, poiché con il ricorso incidentale «escludente» si solleva una questione pregiudiziale che investe l’ammissibilità del ricorso principale, quello incidentale va in ogni caso esaminato prioritariamente, senza che residuino margini di discrezionalità per il giudice; dello stesso avviso si è detto Marinelli, Ricorso incidentale e ordine di esame delle questioni (in margine a Cons. St., A.p., 10 novembre 2008, n. 11), in Dir. proc. amm., 2009, 621.
10 È d’obbligo il richiamo a Cons. St., sez. V, 8.5.2002, n. 2468; in effetti, al principio enunciato dal giudice di appello aveva inizialmente aderito soprattutto il giudice di primo grado (TAR Lazio, Roma, sez. III, 21.2.2007, n. 1527), e non anche quello di secondo grado (Cons. St., sez. IV, 30.12.2006, n. 8265), per il quale anche se solo due sono i partecipanti alla gara, l’esame del ricorso incidentale deve precedere quello del ricorso principale, qualora il concorrente vincitore deduca che l’impresa soccombente doveva essere esclusa dalla gara: ciò in quanto, ricorrendo tale ipotesi, l’accoglimento del gravame incidentale fa venir meno la legittimazione all’impugnazione per il ricorrente principale, che è presupposto indispensabile per ricorrere avverso il provvedimento di aggiudicazione dell’appalto, degradandosi il suo interesse a quello di mero fatto del quisque de populo; negli stessi termini aveva concluso anche Cons. St., sez. V, 15.4.2008, n. 1750.
11 Ma, nel senso che il principio di parità delle parti non possa giustificare l’ordine di esame delle questioni normativamente fissato, con le conseguenze che da esso necessariamente discendono, si veda Villata, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo di primo grado, cit., 327, cui addeMarinelli, Ricorso incidentale e ordine di esame delle questioni (in margine a Cons. St., A.p., 10 novembre 2008, n. 11), cit., 626.