lobby
Termine inglese, utilizzato originariamente per indicare l’ingresso della House of Commons, dove i parlamentari incontravano il pubblico, che identifica i rappresentanti di un gruppo di interesse organizzato su base volontaria, i quali, agendo da intermediari con il sistema politico, mobilitano risorse nel tentativo di influenzare le scelte e promuovere gli interessi del gruppo stesso. Quando tale azione, sotto forma di comunicazioni e contatti (forma di azione convenzionale), o di campagne verso l’opinione pubblica, di finanziamento di campagne elettorali, di scioperi, di proteste organizzate (forma di pressione più forte) ha successo, l’articolazione degli interessi avanzati dalla l. si traduce in domanda politica. Il successo dell’azione di pressione e il raggiungimento degli obiettivi, specifici o generali, in termini di avanzamento di interessi (economici e non) o di preferenze morali, sono subordinati alla disponibilità di risorse di varia natura (economiche; numeriche; di influenza, intese come conoscenze personali, facilità di accesso alle sedi decisionali e ai canali di pressione rilevanti ecc.; conoscitive; organizzative o simboliche).
Le analisi elaborate nell’ambito della teoria delle scelte pubbliche hanno evidenziato che, modificando gli schemi degli incentivi (sanzioni/premi) e grazie alla sensibilità del governo ai finanziamenti, i gruppi di pressione dotati di mezzi economici e/o numerici rilevanti possono con facilità e frequenza ottenere dai politici programmi e azioni a loro favorevoli contro l’interesse comune. Ciononostante, quando i cittadini sono organizzati in più l. politiche, queste ultime finiscono per combattersi l’una con l’altra (common pool), senza riuscire a influenzare i programmi del partito al potere e lasciando di conseguenza al governo una certa autonomia.
I gruppi di pressione possono concorrere al bene della democrazia nella misura in cui – agendo dall’interno delle istituzioni e non dal loro esterno, in quanto riconosciuti e regolamentati – la loro molteplicità e interazione diano luogo a una ‘competizione’ che realizzi un equilibrio tra spinte e pressioni contrastanti, volto al conseguimento dell’interesse generale (visione pluralista). Possono, al contrario, rappresentare un ostacolo o un pericolo per l’interesse generale, quando il processo democratico sia dominato da un numero esiguo di gruppi di pressione ‘speciali’ – ossia raramente regolamentati e articolati – che difendono interessi parziali, o quando, più in generale, lo Stato si ponga come unico detentore dell’interesse comune, che difende contro interessi particolari giudicati perturbatori, anche se tollerati (visione democratica classica). La prima visione coincide con il modello anglosassone e statunitense di lobbying, in cui si accorda legittimità alle attività dei gruppi di pressione; la seconda con il modello latino-francese, in cui tali gruppi difficilmente sono riconosciuti come elementi costitutivi della democrazia. I sistemi politici che hanno una regolamentazione specifica per l’attività di lobbying giudicata utile al dibattito politico sono 8: Australia, Canada, Commissione e Parlamento europei, Germania, Polonia, Stati Uniti, Ungheria e Taiwan.