LOCOMOZIONE (dal lat. locus "luogo" e moveo "muovo")
Questo termine in generale indica lo spostamento di un corpo da un luogo all'altro secondo meccanismi e fini determinati, si riferisce pertanto a fenomeni differenti fisiologici e meccanici. Consideriamo qui la locomozione negli animali e nell'uomo; per la locomozione in senso meccanico, vedi trazione.
La locomozione si compie negli animali in modi che differiscono assai, a seconda degli organi che vi sono deputati, e dell'ambiente in cui vive l'animale. Per i Vertebrati i modi principali di locomozione sono la deambulazione (con tutte le sue varianti: corsa, salto, arrampicamento, ecc.), il volo, la reptazione, il nuoto; uno stesso animale è in genere capace di più d'uno di questi modi di movimento. Della locomozione degli animali domestici (Quadrupedi) è detto alla voce andatura (vol. III, p. 173), del volo e del nuoto si parla in appositi articoli, nonché alle voci uccelli e pesci. Della reptazione si tratta alla voce rettili.
Gl'Invertebrati hanno mezzi di locomozione molto varî, talora morfologicamente e fisiologicamente analoghi a quelli dei Vertebrati (come negl'Insetti e negli altri Artropodi), talora completamente diversi. Così ad es., fra i Molluschi, i Cefalopodi si spostano espellendo l'acqua dalla cavità del mantello; i Gasteropodi invece strisciando con la superficie ventrale del corpo (piede). Gli Echinodermi (v.) posseggono un "sistema ambulacrale" caratteristico, il cui funzionamento è descritto alla voce relativa a tale gruppo. I Vermi (v. anellidi; platelminti, ecc.) possono nuotare o strisciare con movimenti serpentini, o per contrazioni ritmiche di tutto il corpo, o per il movimento delle ciglia di cui alcuni sono rivestiti. Alcuni Celenterati, come le Meduse, nuotano con contrazioni ritmiche del corpo. I Protozoi posseggono organi di movimento diversi e caratteristici delle varie classi, come ciglia, flagelli, pseudopodî.
Per tutti questi modi di locomozione si rimanda quindi alla voci relative ai singoli gruppi animali e a movimento.
Locomozione umana. - Nell'uomo l'apparato locomotore, dal punto di vista meccanico, si considera formato da organi attivi: i muscoli; e da organi passivi: le ossa, le cartilagini, i legamenti, ecc. I movimenti di locomozione sono movimenti di spostamento di luogo di tutto il corpo, compresa la sua base di sostegno (a differenza dei movimenti parziali delle varie parti dell'organismo); essi sono dovuti principalmente alle azioni coordinate degli organi attivi, cioè di un grande numero di muscoli scheletrici.
Le prime notizie scientifiche sul meccanismo della stazione e della locomozione si riscontrano nell'opera De motu animalium di A. Borelli pubblicata nel 1680; ma bisogna giungere alla prima metà del sec. XIX, per trovare un trattato sulla meccanica degli ordegni della locomozione, scritto dai fratelli E. F. W. e W. Weber (1836). In seguito G. B. Duchenne, E. J. Marey, O. Fischer si sono occupati della fisiologia dell'apparato locomotore; a E. J. Marey si deve l'introduzione, nella tecnica, del metodo grafico, perfezionatosi poi nel metodo cronofotografico e cinematografico, il quale è adattato alla registrazione delle successive fasi dei movimenti dell'uomo e degli animali.
Nello studio della locomozione è importante considerare la forma, gli attacchi, l'azione meccanica dei muscoli rispetto alle ossa, e, inoltre, la costituzione delle ossa stesse e delle loro articolazioni. L'architettura ossea è tale da raggiungere il maggiore grado di solidità congiunto con la massima leggerezza, per cui le ossa lunghe degli arti sono a forma di cilindro cavo; e le trabecole della parte spugnosa dell'estremità delle ossa lunghe sono disposte in maniera da rinforzare le superficie destinate a subire la massima pressione. Inoltre le ossa sono unite tra loro da articolazioni (v. articolare, sistema) che permettono spostamenti varî e più o meno estesi; capsule articolari e legamenti completano il sistema articolare, e un tessuto epiteliale detto sinoviale, che tappezza i capi articolari, secernendo un liquido viscoso (sinovia), rende scorrevoli l'una sull'altra le superficie di giunzione.
Due ossa, articolate tra loro e unite da un muscolo che s'inserisce su entrambi, possono paragonarsi a una leva. Il punto di applicazione della resistenza (data dal peso della leva ossea, e, in un arto rivestito dalle parti molli, dal peso di queste ed eventualmente dal carico aggiunto all'arto) è rappresentato dal centro di gravità del membro mobile; il punto di applicazione della forza motrice è dato dal punto di attacco del muscolo a detto membro; il punto di appoggio della leva è rappresentato dalla superficie articolare dell'osso mobile sulla superficie articolare dell'osso fisso.
Nella stazione eretta, come anche nella locomozione, hanno grande importanza la posizione e gli spostamenti del centro di gravità e della linea di gravità di tutto il corpo. Secondo i fratelli Weber, detto centro di gravità nell'uomo in posizione eretta si trova quasi a livello del promontorio del sacro, ma si sposta secondo le varie pose assunte dal corpo.
Soprattutto nella locomozione il centro di gravità del corpo e della sua base di sostegno subisce grandi e rapidi spostamenti. La forma ordinaria di locomozione umana è rappresentata dal cammino (o marcia o deambulazione), ossia dalla traslazione del corpo in avanti, che s'ottiene con movimenti muscolari ritmici e alterni, localizzati specialmente ai muscoli degli arti inferiori. Il cammino si compone di passi; in due passi ciascun arto inferiore, dopo avere eseguito un ciclo o una rivoluzione deambulatoria, ritorna alla posizione iniziale. Ciascun passo s'inizia con un tempuscolo, durante il quale un arto poggia sul suolo con tutta la pianta, è alquanto flesso al piede e al ginocchio e sostiene da solo il peso del corpo; l'altro arto, invece, è disteso all'indietro e tocca il suolo con l'alluce: fase del doppio appoggio. In seguito, il primo arto, premendo sul suolo, distende l'articolazione del ginocchio, poi solleva il calcagno, portando in avanti e innalzando alquanto il centro di gravità e con esso il bacino, il tronco, la testa; contemporaneamente, il secondo arto è sollevato dal suolo e compie un movimento dall'indietro all'avanti, finché arriva a toccare di nuovo il suolo: è la seconda fase dell'appoggio unilaterale (L. Luciani).
Nel passo si distingue la lunghezza e la durata. La prima dipende dalla lunghezza degli arti inferiori e dal grado di flessione del ginocchio dell'arto che sostiene il peso del corpo al principio del passo; flettendo maggiormente l'articolazione del ginocchio e abbassando il centro di gravità, s'ottiene una maggiore lunghezza del passo, mentre, tenendo esteso e rigido il ginocchio, si possono compiere soltanto passi brevi. La durata del passo è in rapporto con la durata della fase del doppio appoggio e con quella della fase dell'appoggio unilaterale: quanto più in fretta si cammina, tanto più breve è il tempuscolo del doppio appoggio. La velocità del cammino dipende dalla lunghezza e dalla durata dei passi; inoltre, tra durata e lunghezza del passo esiste, fino a un certo punto, un rapporto inverso.
A ogni passo si ha una doppia oscillazione verticale dell'anca, delle spalle e della testa, in rapporto alla diversa posizione degli arti inferiori; dette oscillazioni verticali raggiungono l'altezza di 32-37 mm. e crescono in rapporto all'allungamento dei passi. Oltre alle oscillazioni verticali, si compiono anche oscillazioni laterali e orizzontali, a destra e a sinistra, del tronco e del capo. Le oscillazioni laterali sono tanto più ampie, quanto più si divaricano gli arti nella deambulazione. Finalmente, si osservano anche oscillazioni del piano delle spalle e di quello delle anche attorno a un asse verticale: ne risultano torsioni del tronco con movimenti oscillatori alterni degli arti superiori (che fanno da bilancieri), esagerati nel cammino veloce. Il movimento di torsione del tronco si accompagna pure a un inclinamento ritmico in avanti del tronco e della testa a ogni passo.
Nella corsa manca la fase del doppio appoggio, e la fase dell'appoggio unilaterale (che è abbreviata) è seguita da un tempuscolo in cui tutto il corpo è sospeso in aria. La torsione del tronco è più debole, ma l'inclinazione di esso in avanti (nella prima metà dell'appoggio) e in dietro (nella seconda metà dell'appoggio) è più accentuata che nel cammino. Altre modificazioni si notano nel salto (in alto e in lungo). Nel nuoto, il corpo galleggiante nell'acqua riceve una spinta dal basso all'alto; dicesi centro di spinta la risultante delle forze dirette nel senso ora indicato; esso corrisponde al centro di gravità della massa liquida spostata. Affinché sussista equilibrio, è necessario che il centro di gravità del galleggiante si trovi al di sotto del centro di spinta. Nuotando con l'addome in basso, il centro di gravità viene a trovarsi sopra il centro di spinta; per riportare quindi il corpo nella posizione di equilibrio, è necessario esercitare ritmicamente una pressione sull'acqua dall'alto al basso e dall'avanti all'indietro con le superficie delle mani e dei piedi, in modo da provocare una reazione dell'acqua premuta, capace di sollevare il corpo, d'impedire che affondi e di spingerlo in avanti nella direzione del nuoto (L. Luciani). In questo consiste fondamentalmente la meccanica del nuoto; ma i movimenti degli arti, del tronco e della testa sono differenti secondo i varî modi (o stili) di nuoto.
Bibl.: A. Borelli, De motu animalium, Roma 1680; E. F. W. e W. Weber, Mechanik der menschlichen Gehwerkzeuge, Gottinga 1836; E. J. Marey, La machine animale, locomotion terrestre et aérienne, Parigi 1873; O. Fischer, in Tigerstedts Handbuch d. physiol. Methodik, II, iii, Lipsia 1908; L. Luciani, Fisiologia dell'uomo, III, Milano 1923.