lodo
lòdo s. m. – Decisione che risolve una controversia sul piano privatistico, deferita contrattualmente dalla volontà delle parti a soggetti che operano come giudici privati (arbitri), pur non avendo i poteri autoritativi del giudice. Disciplinato dal Libro IV, capo IV, art. 820 e segg., può essere deliberato a maggioranza dei voti con la partecipazione di tutti gli arbitri e, come le ordinarie sentenze giurisdizionali, deve contenere requisiti minimi, quali il nome degli arbitri, la sede dell’arbitrato, delle parti, della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti, l’esposizione sommaria dei motivi, il dispositivo, la data e le sottoscrizioni degli arbitri o solo della maggioranza di essi, qualora venga dichiarato che il l. è stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo. Il termine entro il quale il l. deve essere pronunciato assume particolare rilievo, in quanto la celerità con cui si perviene alla conclusione della controversia è una delle ragioni per cui le parti scelgono l’arbitrato rispetto al giudizio ordinario. Con l’art. 23 del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 il legislatore ha riformato l’istituto, intervenendo, innanzitutto, sul termine per la pronuncia del medesimo, che, qualora non diversamente indicato dalle parti, è stato protratto a 240 giorni rispetto ai 180 giorni previsti dal previgente testo normativo (art. 820 c. p. c.). Tale termine, peraltro, prima della sua scadenza, oltre a poter essere prorogato previa concorde autorizzazione delle parti, può ora essere anche prorogato dal presidente del Tribunale ove ha sede l’arbitrato, previa richiesta di una delle parti o degli stessi arbitri, ovvero prorogato automaticamente per giorni 180, nelle ipotesi tassativamente previste dal quarto comma dell’art. 820 c. p. c. e per non più di una volta nell’ambito di ciascuna di esse. Il decorso del termine per la pronuncia del l. senza che il medesimo sia intervenuto, configura una delle ipotesi di nullità ex art. 829 c. p. c.; la parte che intenda avvalersene, però, deve dichiarare alle altre parti e agli arbitri, mediante notifica, la propria intenzione di voler fare valere la loro decadenza, prima della sottoscrizione del l. stesso. ll l. acquisisce efficacia esecutiva, pari alla sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria ordinaria, sin dalla data dell’ultima sottoscrizione (824 bis c. p. c.), ma per poter eseguire coattivamente il relativo dispositivo nel territorio della Repubblica la parte che vuole avvalersene deve proporre istanza, depositando il l. e l’atto contenente la convenzione di arbitrato, entrambi in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato e attendere che il tribunale, accertata la regolarità formale del l., lo dichiari esecutivo con decreto (825 c. p. c.). Alcune particolarità sono, invece, riscontrabili nella disciplina dettata dagli artt. 141 e ss., del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), come modificato e integrato dal d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53 e dal d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, per i l. conclusivi delle controversie inerenti a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici, disciplinati dal citato d. lgs. 163/2006. Tale l., in particolare, diviene efficace solo con il suo deposito, a cura del collegio arbitrale, presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici (art. 241 d. lgs. n. 163/2006) ed è impugnabile, entro 90 giorni dalla notificazione o 180 giorni dal deposito alla Camera arbitrale, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.