Muratori, Lodovico Antonio
Nato a Vignola (presso Modena) il 21 ottobre 1672 e morto a Modena il 23 gennaio 1750, sommo erudito, fondatore della medievistica moderna e letterato dal gusto enciclopedico, non consacrò riflessioni specifiche a Machiavelli. Le sue idee politiche protoilluministiche erano certo opposte al realismo machiavelliano se, introducendo il trattato quasi testamentario Della pubblica felicità, oggetto de’ buoni principi (1749), scrive che tutti, «a riserva d’alcuni macchiavellisti», concordano sul fatto che «l’ufizio ed impiego de’ veri e saggi prìncipi» consiste nel «continuo studio del Pubblico Bene» (p. 11); altra cosa del resto fu sempre per Muratori la pubblica felicità rispetto alla «chiamata dai satrapi Ragione di Stato», «che si suole stiracchiare a tutte le iniquità da chi studia invece del Vangelo il Macchiavello» (così nella cinquantunesima delle Dissertazioni sopra le antichità italiane, 1751, 3° vol., p. 139).
Già nei Rudimenti di filosofia morale per il Principe ereditario di Modena (1713), scritti per Francesco Maria d’Este, aveva disegnato il profilo di un principe virtuoso che metteva a tacere eroicamente «ambizione», «interesse», «ira», «invidia» (in Scritti politici postumi, a cura di B. Donati, 1950, p. 73) al fine di dirigere, al modo di un buon padre, la vita dei suoi sudditi; lo stesso irenismo utopistico cui si ispira Il cristianesimo felice nelle missioni de’ padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai (2 voll., 1743-1749) è in chiave sostanzialmente antimachiavelliana. Tuttavia negli scritti storici si possono trovare, come ha dimostrato con riferimenti puntuali Sergio Bertelli (1960, ad indicem), tacite adesioni a singoli giudizi e interpretazioni di Machiavelli. In linea con gli indirizzi neoghibellini di Discorsi xii, fatto salvo il diverso giudizio sulla funzione civilizzatrice della Chiesa, Muratori negli Annali d’Italia dal principio dell’era volgare (12 voll., 1744-1749) si rifiuta di vedere un’indiscutibile provvidenzialità nel trionfo carolingio sui Longobardi (come, per es., aveva fatto Cesare Baronio), indicando anzi la precarietà del dominio franco:
Si dee notare per tempo che cadde bensì il re Desiderio, e il regno d’Italia pervenne a Carlo Magno; ma non venne già per allora in suo potere il ducato di Benevento, che abbracciava la maggior parte di quello che è ora il regno di Napoli (rist. 1818-1821 in 18 voll., 7° vol., Dall’anno 745 all’anno 874, 1819, p. 117).
Idee simili avevano ispirato la precedente terza dissertazione delle Antiquitates italicae Medii Aevii (6 voll., 1738-1742), De Imperatorum Romanorum ac regum Italicorum electione (pubblicata nel 1° vol.), costellata di dubbi di natura giuridica sull’alleanza tra papato e impero.
Vicino a note pagine machiavelliane è, nella parte quattrocentesca degli Annali, l’aspro giudizio di Muratori sulle milizie mercenarie:
Calavano allora [1401] a truppe i tedeschi ed altri oltramontani, chiamati, o spontanei, in Italia, ben sicuri di trovar soldo o dai principi o dalle città libere. Ma s’è anche veduto quanto grande fosse l’avarizia loro, quanto poca la fede; e il maggiore di tutti i mali fu l’aver essi introdotte le maledette compagnie di masnadieri che sì lungamente afflissero le nostre contrade (rist. 1818-1821, 13° vol., Dall’anno 1400 all’anno 1500, 1820, p. 13).
Altrove negli Annali, anche dove è forse operante la suggestione machiavelliana, si avverte una diversa accentuazione nel giudizio: per es., nel ritratto di Teodorico (rist. 1818-1821, 5° vol., Dall’anno 457 all’anno 582, 1819, pp. 167-70), che pure mostra in filigrana Istorie fiorentine I iv 2, emerge il profilo non di un re barbaro, tutto pragmatico e politico, come appariva in M., ma di un riformatore magnanimo, «amante delle lettere e protettore dei letterati» (Bertelli 1960, p. 254), in accordo con gli ideali dell’assolutismo illuminato settecentesco.
Nel vastissimo epistolario muratoriano ricorre di tanto in tanto il nome di Machiavelli. Per es., rispondendo a una lettera del 1° febbraio 1741 del giurista Giovanni Domenico Brichieri Colombi – che gli comunicava da Vienna la novità letteraria dell’Anti-Machiavel (→), attribuito (ma ancora dubitativamente ) al re di Prussia Federico II –, il 15 febbraio Muratori ipotizzava che «il sig. Algarotti italiano abbia aiutato il re a comporre quel libro» (Carteggio con G.D. Domenico Brichieri Colombi, a cura di F. Marri, B. Papazzoni, 1999, p. 89): congettura in realtà infondata, perché piuttosto Voltaire ne era stato l’ispiratore, mentre Francesco Algarotti in vari suoi scritti (dal Saggio sopra il gentilesimo alle Lettere militari, al Saggio critico del Triumvirato) si dimostrò un fervente apologeta di Machiavelli.
Bibliografia: S. Bertelli, Erudizione e storia in Ludovico Antonio Muratori, Napoli 1960; G. Imbruglia, Muratori Ludovico Antonio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 77° vol., Roma 2012, ad vocem.