BELLENGHI, Lodovico
Nacque a Faenza da Francesco e da Annunziata Carroli nella parrocchia di S. Agostino il 6 luglio 1815. Seguì i corsi nella locale scuola di disegno, dapprima con P. Saviotti e l'architetto P. Tomba poi con l'incisore G. Marri. A sedici anni compiuti s'iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Firenze.
Il B. viaggiò molto non soltanto in Europa, ma in Marocco, in Egitto, nel Medio Oriente e in America, ovunque lasciando qualche sua opera: fra l'altro decorò il palazzo del chedivè al Cairo e il palazzo reale ad Atene. Pur avendo studio a Firenze, si recava ogni tanto a Faenza dove si tratteneva saltuariamente per lavorare nella casa paterna, e soprattutto per dipingere su maiolica grandi piatti con teste di vecchi filosofi o floride matrone, oppure grandi lastre con romantici paesaggi che andava a cuocere nella fornace Ancarani presso Porta Montanara. La sua natura irrequieta e sempre insoddisfatta si rivelò nella ricerca continua di nuovi motivi, come genti e costumi esotici (il B. fu con A. Pasini uno dei primi in Italia ad avere quella passione per l'Oriente che divenne ben presto di moda) e nella sperimentazione di tutte le tecniche, dall'affresco all'olio, all'encausto, al pastello, alla pittura d'impasto su maiolica. Cominciò con le tradizionali composizioni di soggetto storico e mitologico ed un fare pittorico fortemente risentito, quasi sbalzato, con contorni taglienti e chiaroscuro accentuato, per finire con una pittura di tocco e velature, più ariosa e luminosa. Notevoli per acume psicologico ed evidenza plastica sono alcuni dei molti suoi ritratti ed autoritratti, vari dei quali sono passati nel mercato antiquario anche con nomi illustri. Lavorò pure per decorazioni di ambienti a tempera o meglio ad affresco, talora ripassandole a cera con un suo particolare procedimento di encausto. A Faenza era molto apprezzata la decorazione, con un grande fregio rappresentante Erminia fra i pastori, di una sala del settecentesco palazzo Bandini-Rossi, purtroppo distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale; mentre si conservano ancora la tela col S. Sigismondonella chiesa omonima e il grande ritratto, a figura intera, della marchesa. Cattani affrescato sulla tomba Zauli nel cimitero comunale, dove si trovano, pure del B., alcuni ritratti dipinti su ceramica. Molte sue opere, presso suoi parenti, furono disperse, e quelle rimaste andarono perdute sotto le macerie dei bombardamenti nell'ultima guerra. Poco di lui si conserva nella Pinacoteca comunale di Faenza, e qualche cimelio maiolicato è al Museo internazionale delle ceramiche; ritratti e studi sono sparsi in varie case private.
Il B. morì a Firenze la vigilia di Natale del 1891.
Bibl.: C. Malagola, Memorie stor. sulle maioliche di Faenza, Bologna 1880, p. 215; F. Argnani, La Pinacoteca comun. di Faenza, Faenza 1881, pp. 83, 91; A. Montanari, Guida stor. di Faenza, Faenza 1882, pp. 183, 203, 268; Id., Gli uomini illustri di Faenza, II, Faenza 1886, p. 26; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 462, 546; E. G. [E. Golfieri], Catal. della mostra d'arte dell'Ottocento faentino, Faenza 1951, pp. 5, 16 (nn. 122-125), 17 (nn. 126, 130-135); A. Zecchini, Il Cenacolo Marabini, Faenza 1952, pp. 113-124, 153, 252; E. Golfieri, Lineamenti dell'Ottocento artistico romagnolo, in Studi romagnoli, IV(1953), pp. 225, 230-34; Id., Catal. della Mostra degli artisti romagnoli dell'Ottocento, Faenza 1955, pp. 31 s., 41; A. Archi, La Pinac. di Faenza, Faenza 1957, pp. 15, 37 s.; Id., Guida di Faenza, Faenza 1958, pp. 16, 58, 80, 100.