FABBRI (Fabri, Fabbro), Lodovico (Lodovico da Fano)
Scarse sono le notizie su questo erudito ed umanista, nato presumibilmente a Fano (prov. di Pesaro e Urbino) tra la fine del sec. XV e gli inizi del XVI.
Non sappiamo quando e in quali circostanze lasciò Fano per raggiungere Roma, da dove proviene la prima testimonianza della sua attività letteraria: tre brevi componimenti in latino sul mecenate lussemburghese Hans Goritz, che si trovano nella raccolta Coryciana curata da Blosio Palladio (Romae, apud L. Vicentinium et L. Perusinum, 1524, cc. n.n.). Si potrebbe ipotizzare un rapporto con alcuni degli unianisti marchigiani (tra i quali il più famoso fu Angelo Colocci), che lasciarono la regione di origine per recarsi a Roma, e con altre figure della intellettualità romana del tempo, ma non si hanno notizie, per gli anni Venti del sec. XVI, di una sua presenza nei circoli e nelle accademie romane presso le quali si riunivano i letterati autori dei Coryciana. Una lettera di Annibal Caro a Benedetto Varchi del 14 nov. 1531, dalla quale traspare una certa familiarità tra il F. e il Varchi, e l'inizio, in quegli stessi anni, del servizio presso Giovanni Gaddi farebbero supporre, per il secondo ventennio del sec. XVI, un rapporto con gli ambienti fiorentini del quale non restano però ulteriori testimonianze. Fra gli anni Trenta e la morte soggiornò a Roma.
Dovette godere di una certa fama di erudito, soprattutto in campo archeologico, se Bartolomeo Marliano, autore della Antiquae Romae topographia (Romae, per A. Bladum, 1534: con il titolo de Urbis Romae topographia, ibid., in aedibus V. Dorici, 1544), lo nomina fra i suoi accompagnatori, insieme con Pomponio Leto, Annibal Caro e Antonio Allegretti, nelle passeggiate fra gli scavi romani. Grazie all'impiego presso il Gaddi, che mantenne fino alla morte, il F. entrò in contatto con i protagonisti della cultura romana degli anni successivi al sacco della città. Conobbe Benvenuto Cellini, che nella Vita ricorda il F. definendolo "litterato"; fu tra i collaboratori dell'editore A. Blado, amico di Francesco Maria Molza, di Annibal Caro e di Trifone Benci. Fu inoltre in corrispondenza con Pier Vettori, avendo collaborato con Donato Giannotti e Giovanni Gaddi alla revisione delle sue Posteriores castigationes alle Familiari di Cicerone. Proprio da una lettera di Giannotti a Vettori, oltre che dalla testimonianza dei Caro, si ricava la notizia della morte del F. avvenuta a Roma nel 1541 nella casa di monsignor Gaddi.
Alcuni biografi, fra i quali il Vecchietti, autore della Biblioteca picena, male interpretando una lettera di Ludovico Beccadelli a Giovan Francesco Bini da Ratisbona, hanno creduto che il F. fosse morto nella città della Dieta, e che la sua biblioteca fosse così rimasta in un paese straniero. Da una lettera del Giannotti, datata da Roma il 13 marzo 1541, si ricava l'indicazione su un'opera che il F. avrebbe scritto: il Giannotti comunica infatti al Vettori che il F. "haveva tra le mani non so che opera de sacrificiis: non ho potuto bene intendere il subietto se non sotto quel titolo" (pp. 93-94). Si ha notizia ancora di un'altra opera composta dal F., forse coincidente con il De sacrificiis: il De religione antiqua, ricordata in una lettera di Mattio Franzesi a Benedetto Varchi, nella quale è anche ricordato un intervento del F. su un luogo della Divina Commedia. Due suoi brevi componimenti poetici in latino si trovano in apertura di due opere giuridiche di Antonio Massa: il Tractatus de exceptionibus (Romae, Blado, 1535) e De iudiciis bonae fidei (Romae, Tramezzino, 1540).
Da tutte queste testimonianze, e dalle poche altre che lo ricordano, emerge la figura di un piccolo letterato e nel contempo di un grande, se pur disordinato, erudito, al quale potevano ricorrere letterati più prestigiosi per farsi disegnare una moneta antica (come da testimonianza in una lettera del Caro ad Alessandro Cesati), o per un aiuto nella collezione di antichi testi, come nel caso di Pier Vettori. Il F. non è da confondere con Ludovico Paliolo, giureconsulto fanese e collaboratore della stamperia dei Soncino, suo contemporaneo, anch'egli talvolta ricordato come Ludovico da Fano.
Fonti e Bibl.: B. Marliano, Antiquae Romae topographia, Romae 1534, c. 5r; D. Atanagi, Delle lettere facete et piacevoli, Venezia 1561, pp. 426 s.; F. M. Molza, Delle poesie volgarie latine, a cura di P. Serassi, III, Bergamo 1754, pp. 103 ss.; Lettere precettive di eccellenti scrittori, a cura di P. Fanfani, Firenze 1855, p. 321; A. Caro, Commento di ser Agresto daFicaruolo sopra la prima ficata di padre Siceo, a cura di G. Romagnoli, Bologna 1861, p. 11; B. Cellini, Vita, a cura di O. Bacci, Firenze 1901, pp. 98 e nota, 159, 162; D. Giannotti, Lettere a Piero Vettori, a cura di R. Ridolfi - C. Roth, Firenze 1932, pp. 20, 71, 76, 79 s., 83, 85-87, 89, 93 s., 98, 167; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, I, Firenze 1957, pp. 3, 10, 23, 64, 91, 148, 179, 237; F. Vecchietti, Biblioteca picena, IV, Osimo 1795, pp. 63 s.; R. Lanciani, Storia degli scavi di Romae notizie intorno le collezioni romane di antichità, II, Roma 1903, p. 241.