FERRARI, Lodovico
Matematico, nato a Bologna il 2 febbraio 1522, morto ivi nell'ottobre 1565. Entrò a 15 anni nella casa di G. Cardano, che lo tenne prima come amanuense, poi come discepolo, infine come collaboratore. A 18 anni già leggeva pubblicamente matematica in Milano; e quando il suo maestro fu provocato a pubblica disfida matematica con la proposta di problemi che richiedevano la risoluzione di equazioni del 4° grado, mai prima tentate perché ritenute insolubili, la disfida fu raccolta dal F., il quale riuscì a risolvere le questioni proposte, contro l'universale aspettazione.
Il modo tenuto dal F. per la risoluzione del problema proposto era affatto generale e applicabile a qualsiasi equazione del 40 grado, onde a ragione il Cardano, dopo aver esposto tale soluzione, diceva: "et est Ludovici de Ferrariis, qui, me rogante, invenit, et per eam habemus omnes aestimationes ferme capitulorum quadr. quadrati et quadratorum et numeri, vel quadr. quadrati, cubi et numeri". E il Lagrange, nelle sue ricerche analitiche sulla teoria delle equazioni, giudicava il metodo del F. come il più ingegnoso fra tutti quelli di poi inventati per lo stesso problema. Con quella scoperta il F. aveva toccato l'estremo limite che in tale direzione è dato di raggiungere, perché le equazioni generali di grado superiore al quarto non sono algebricamente risolubili (v. algebra). Ma non è questo il solo merito che a lui compete quale algebrista. Si devono a lui le dimostrazioni delle formule date da S. Dal Ferro e dal Tartaglia per la risoluzione delle equazioni cubiche ridotte (prive del termine quadratico); la scoperta delle sostituzioni razionali che trasformano l'equazione completa in un'altra dello stesso grado, priva del secondo termine e, insieme, di alcune delle relazioni fondamentali fra le radici e i coefficienti; la regola che serve ad abbassare di grado l'equazione di cui si conosca una radice razionale; l'estensione del campo aritmetico euclideo con l'aggiunta di radicali cubici; il riconoscimento della necessità dell'introduzione di nuovi enti aritmetici per la risoluzione algebrica delle equazioni cubiche nel caso irreducibile.
Le scoperte del F. furono coordinate e ridotte a corpo di dottrina dal Cardano nella sua Ars Magna pubblicata nel 1545, cioè sei anni dopo che dal Tartaglia egli aveva ricevuto la regola pratica per la risoluzione dell'equazione cubica ridotta. Accesasi così una vivace contesa col Tartaglia, cui il Cardano aveva promesso di non dar fuori quella scoperta prima che egli stesso l'avesse pubblicata, il F. si levò a difesa del Cardano, e in risposta alle offese fatte al maestro suo diresse al Tartaglia un cartello di matematica disfida che provocò una risposta, cui seguì un secondo cartello ed una ulteriore risposta, e così di seguito, insino a sei cartelli e ad altrettante risposte. L'enorme diffusione di quei cartelli e l'interesse che essi destarono in tutto il mondo scientifico furono mezzo efficacissimo di diffusione per le nuove scoperte, destinate a promuovere una fase di sviluppo che, per la sua fecondità, fu paragonata ai più famosi periodi dell'età classica. La contesa col Tartaglia si concluse in Milano il 19 agosto 1548 con una disputa verbale, tenuta nella chiesa di Santa Maria del Giardino. Il F. fu dipoi chiamato ad onorevoli letture, ma preferì accettare l'ufficio di prefetto del catasto di Milano. Rimase in quell'ufficio circa otto anni, e si ritirò poscia a Bologna dove ebbe una lettura universitaria di matematica (1564-65), ma dopo un solo anno morì, non senza sospetto di veleno.
Opere: I sei Cartelli di matematica disfida, raccolti, autografati e pubblicati da E. Giordani, Milano 1876; Libellus L. F. de erroribus qui nostro tempore contingunt in celebratione Paschatis et de eorum causis..., Bononia VI Idus Novembris 1562 (manoscritto esistente presso la Biblioteca dell'. Arcivescovado in Bologna, e in copia autentica presso la Biblioteca comunale, Fondo Gherardi, in Lugo).
Bibl.: Di L. F. tutti i libri di storia delle matematiche parlano abbastanza diffusamente, ma non senza gravi inesattezze. Le più sicure notizie sulla sua vita si hanno nella biografia che di lui scrisse il Cardano, in Opera Omnia, IX, Leida 1663.