GOISIS, Lodovico
Nacque a Comun Nuovo, presso Bergamo, il 27 marzo 1875, da Angelo e Felicina Parietti.
Conseguito nel 1894 il diploma di perito presso l'istituto industriale di Bergamo, il G. trovò impiego come disegnatore presso lo stabilimento Tecnomasio italiano (dal 1898 s.a. Tecnomasio italiano ing. B. Cabella & C.).
La ditta dove svolse il suo apprendistato era sorta a Milano, nel 1863, per iniziativa di L. Longoni, C. Dell'Acqua e A. Duroni, specializzandosi nella produzione di apparecchi di ottica e di meccanica di precisione. A partire dal 1871, sotto la direzione di B. Cabella, che promosse e realizzò in prima persona studi sulle applicazioni industriali dell'elettricità, l'attività produttiva si era spostata gradualmente dalla fabbricazione di strumenti di precisione all'industria elettromeccanica, con la produzione di dinamo, alternatori e quadri di comando; negli ultimi anni del secolo l'impresa attraversò una fase molto positiva, ampliando il proprio apparato produttivo; questa fase si concluse nel 1903, con la fusione del Tecnomasio con la svizzera Brown Boveri e l'avvio di un periodo più delicato per tutta l'elettrotecnica italiana.
Il G. visse in prima persona quella stagione di cambiamenti, godendo indirettamente del disordinato entusiasmo con cui l'imprenditoria italiana, negli ultimi decenni dell'Ottocento, investiva nel settore elettrotecnico. Forte delle competenze tecniche e organizzative acquisite durante la permanenza presso il Tecnomasio, e con l'apporto di un ulteriore periodo di formazione in Belgio, il G. fu assunto presso la Fabbrica tubi A. Biglino, di L. Mapelli, una realtà produttiva di dimensioni inferiori a quelle del Tecnomasio, ma operante in un settore di diretto interesse del G. e dal futuro promettente.
Presso la ditta Biglino, che aveva sede a Greco Milanese e un personale di circa 60 operai, il G. assunse la carica di direttore tecnico ed ebbe modo di seguire in prima persona la progettazione e l'impianto di uno speciale laminatoio a pacchetto, impiegato nella produzione di moiette, laminati piatti utilizzati nella fabbricazione dei tubi di ferro.
La realizzazione dell'impianto fu, per le sue dimensioni, causa del trasferimento della società in luogo più idoneo, individuato in zona Gamboloita, area di insediamento industriale del Milanese. Tra il 1899 e il 1909 questa unità produttiva subì progressivi ampliamenti, dovuti all'installazione di due laminatoi e di un nuovo impianto di fabbricazione di tubi col sistema di "trafila a campana", progettato dal G. stesso.
Completata la formazione tecnica con un viaggio d'istruzione in Germania, nel 1910 il G. seguì da vicino la progettazione e la realizzazione di un altro impianto per la produzione intensiva di tubi saldati con banco di trafila a caldo. Lo stabilimento di Gamboloita era nel frattempo passato dalla Biglino alla s.a. Ferriere di Milano che, nel 1910, si fuse con la s.a. Acciaierie e ferriere lombarde di cui era presidente A. Migliavacca e vicepresidente e amministratore delegato G.E. Falck; l'azienda, cui il G. rimase costantemente legato e dove raggiunse i più alti vertici, era di notevoli proporzioni e operava con un capitale sociale di L. 8.700.000 attraverso le quattro unità produttive di Sesto San Giovanni, Milano, Vobarno e Dongo, con un personale di circa 2500 unità; grazie alle personali competenze in materia di elettrotecnica e di siderurgia, e anche a un rapporto preferenziale che presto si stabilì con Falck, nel 1912 il G. assunse alle Acciaierie la carica di direttore centrale.
Nel 1915, in concomitanza con l'entrata dell'Italia in guerra, i vertici delle Falck avevano intrapreso la costruzione di due nuovi stabilimenti, in uno dei quali venne trasferita la fabbrica di tubi saldati e avviata la produzione di tubi in acciaio senza saldatura, fornitura speciale per l'aeronautica italiana. Nel 1917, in un momento di grande emergenza energetica causata dal conflitto, il G. prese parte al progetto, specificamente sostenuto da Falck e mirante a sfruttare le concessioni idriche della società in Valtellina, onde assicurare agli impianti sociali una costante e autonoma disponibilità di energia: l'attuazione di questo programma portò alla realizzazione dell'impianto idroelettrico del Boffetto, entrato in funzione nel 1919, grazie al quale l'energia elettrica, attraversando oltre 130 km, poteva raggiungere gli stabilimenti di Sesto San Giovanni; questa linea aziendale, che mirava a sviluppare un sistema di autoproduzione idroelettrica che affrancava la società dalle forniture esterne, consentì l'accesso a un vasto campo di attività e di investimenti, di cui l'impianto del Venina avviato nel 1922, le centrali Armisa nel 1929 e quelle di Vedello e Zappello furono i frutti successivi. Con lo stabilimento Vulcano, situato a Sesto San Giovanni e specializzato nel processo di produzione della ghisa dalle ceneri di pirite, si completò il quadro delle dotazioni industriali delle Acciaierie Falck sorte negli anni Venti, cui il G. aveva attivamente partecipato.
Già nell'immediato primo dopoguerra, come membro di una commissione di industriali italiani chiamati a discutere con esponenti dell'industria elettrosiderurgica europea, il G., secondo la linea di politica aziendale delle Acciaierie, si era impegnato per la maggiore indipendenza e autonomia dell'industria elettrosiderurgica italiana, trovandosi in sintonia con la politica economica del regime fascista. Iscrittosi nel 1925 al Partito nazionale fascista, il G. fu uno strenuo sostenitore della politica consortile come efficiente strumento di disciplina della produzione industriale e del mercato.
In questa chiave prese parte a numerosi organismi corporativi collegati alle maggiori aziende siderurgiche ed elettrosiderurgiche nazionali.
Nel 1931, in concomitanza con la trasformazione della ragione sociale dell'azienda in Acciaierie e ferriere lombarde Falck, il G. ricoprì nell'impresa, che aveva assunto carattere strettamente familiare dopo l'ingresso nel consiglio di amministrazione dei figli di G.E. Falck, la carica di direttore generale a fianco del fondatore, di cui egli era considerato il principale collaboratore, se non addirittura l'alter ego. In questa veste, nel corso degli anni Trenta, il G. entrò operativamente in contatto con il Gotha dell'industria siderurgica italiana, dove fu chiamato a svolgere ruoli di sempre maggiore impegno attraverso l'assunzione di cariche direttive di grande responsabilità: nel 1936 divenne cavaliere del lavoro, nel 1937 venne nominato presidente del Consiglio nazionale per l'approvvigionamento delle materie prime siderurgiche; nel 1938 il ministero delle Corporazioni lo mise a capo dell'Ente distribuzione rottami, in qualità di presidente. Contemporaneamente, dai primi anni Trenta il G. ricopriva la carica di vicepresidente della Franco Tosi, società elettromeccanica passata sotto il controllo di un gruppo di imprenditori lombardi, fra cui appunto Falck, e di vicepresidente delle Officine Moncenisio, di cui Falck era presidente.
Un ramo dell'attività aziendale in cui il G. profuse molte energie fu quello assistenziale: su sua iniziativa fu fondato l'Istituto Giuseppina Goisis Buonamici - intitolato alla moglie, madre dei suoi nove figli, scomparsa nel 1924 - che si occupava di amministrare e promuovere cure idroterapiche e balneari gratuite per i dipendenti delle acciaierie e per i loro figli; durante gli anni della sua dirigenza, l'azienda finanziò la costruzione di abitazioni, scuole, refettori, enti di assistenza ospedaliera, campi sportivi. In ambito filantropico rientrò il restauro del convento ospitante il convitto delle orfanelle ai Celestini, che il G. sovvenzionò e sostenne poi economicamente; nel 1927 aveva ottenuto la medaglia d'oro di benemerenza dell'Educazione nazionale.
Inoltre, rimase forte il suo legame con la provincia natale di Bergamo: sostenne la ricerca con donazioni di impianti e macchinari ed elargì borse di studio a favore del locale istituto industriale, dove si era diplomato; nel 1936 donò alla Biblioteca civica cittadina Angelo Mai la ricca raccolta fotografica dell'amico A. Locatelli, viaggiatore in Asia, Africa e America, oltreché direttore della Rivista di Bergamo.
Una rapida malattia lo stroncò improvvisamente; il G. morì a Milano il 14 luglio 1940.
Dopo la sua morte, per onorarne la memoria, l'assemblea generale delle Acciaierie Falck votò una larga sottoscrizione per la creazione di un fondo, dedicato al G., versato alle istituzioni assistenziali Coniugi Giuseppina e L. Goisis, e Felicina Parietti ved. Goisis.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. storico della Federazione cavalieri del lavoro, fascicolo personale; necr. in La Rivista di Bergamo, luglio-dicembre 1940, nn. 7-12, pp. 266 s.; G. Mazzoleni Pawlin, L. G., in Bollettino della Associazione fra ex allievi delle r. scuole industriali di Bergamo, agosto 1940, pp. 1-4; Il Sole, 5 maggio 1940, 27 marzo 1941, 24 apr. 1941; Franco Tosi società per azioni (1876-1956), Legnano 1956, p. 26; F. Guarneri, Battaglie economiche fra le due guerre, Bologna 1988, pp. 124 n., 688; R. Giannetti, Cambiamenti non adattativi della organizzazione industriale: l'industria elettrotecnica italiana, 1883-1940, in Annali di storia d'impresa, VII (1991), pp. 131-205.