RICCHIERI, Lodovico Maria
RICCHIERI, Lodovico Maria (Coelius Rhodiginus). – Nacque a Rovigo nel 1469 da Antonio, sarto, calzolaio e commerciante di stoffe, e da Piacenza, di cui si ignora il cognome. Ebbe almeno un fratello, Silvestro. Il doppio nome è attestato nell’atto di iscrizione nel 1491 alla matricola dei notai di Rovigo (Griguolo, 1992, p. 426). Non si sa perché nel nome umanistico abbia scelto Coelius accanto all’etnonimo.
Dopo avere ricevuto la prima istruzione in patria, proseguì gli studi grazie al sussidio del concittadino Girolamo Silvestri. A Ferrara studiò filosofia e lettere greche e latine con Niccolò Leoniceno, a Padova filosofia naturale e diritto. Di un viaggio in Francia anteriore al 1491 (Silvestri, 1730, passim) non esiste conferma documentaria.
Il 1° settembre 1491, su proposta di Silvestri, fu nominato precettore della scuola pubblica di Rovigo con il salario iniziale di ottanta ducati annui. Il 1° gennaio 1492 fu confermato per un ulteriore triennio e nell’agosto del 1494 per otto anni, cinque fermi e tre a piacimento, molto più della durata consueta dei rinnovi, che prevedeva tre anni, due fermi e uno a piacimento. Nel 1498 Silvestri morì e Ricchieri pronunciò l’orazione funebre. Il 27 ottobre 1499, completati gli anni fermi, chiese e ottenne licenza, forse per assumere un incarico di docente nello Studio patavino, dove in novembre avrebbe tenuto l’orazione di apertura dell’anno accademico su invito del rettore Sigismondo Gherardini (Marangoni, 1997, p. 7 n.), ma tale docenza non trova conferma in fonti sicure. Nella scuola di Rovigo fu sostituito da un «Hermico di Lisbona», cioè Hermico Caiado, nato a Lisbona, alunno di Poliziano e, dopo la sua morte, di Filippo Beroaldo, poi soggiornante a Ferrara in amicizia con Celio Calcagnini; da lì approdò a Rovigo, dove insegnò solo per un anno. Gli successe Giannantonio Martelli, che cadde malato e perciò nel 1503 fu richiamato Ricchieri per tre anni. Per fare fronte ai gravi danni delle alluvioni che colpirono ripetutamente il Polesine, il Consiglio cittadino fu però costretto prima a sospendere il salario di Ricchieri e dei due medici pubblici per quattro mesi, poi a licenziare lui e un medico. Ricchieri reagì con malanimo e si appellò contro la Comunità agli Auditori alle sentenze a Venezia. Il Consiglio, irritato da questa condotta, il 24 marzo 1505 ne decretò l’espulsione e l’interdizione perpetua dagli uffici.
Nonostante l’epilogo burrascoso lasciò un buon ricordo di sé come insegnante. Nella riforma decretata nel 1536 il Consiglio comunale sancì che l’incaricato della condotta dovesse attenersi alla «norma del D. m. Lodovico Richiero di questa Mag.ca Comunità buon precettore et per la sua doctrina a tutti cognossuto» (Cessi, 1896, p. 19).
Nello stesso 1505 aprì una scuola pubblica a Vicenza, che tenne fino al 1508. In quell’anno si condusse a Ferrara, dove grazie all’intervento di Leoniceno il duca Alfonso I aveva deciso di conferirgli la cattedra di oratoria nello Studio. A Ferrara, in casa di Richard Pace alla presenza di Leoniceno, Calcagnini e di Niccolò Panizzato, conobbe Erasmo da Rotterdam durante il suo passaggio nella città (dopo il 9 dicembre, quando Erasmo risulta ancora a Padova). La Lega di Cambrai, formatasi il 10 dicembre, costrinse Ricchieri, in quanto suddito veneziano, a rientrare nel territorio della Repubblica ora in guerra con il Ducato di Ferrara, rinunciando alla cattedra. Rimase a Padova per tutta la durata degli eventi bellici, che costrinsero a sospendere i corsi dello Studio; per mantenersi insegnò privatamente.
Nel 1511 era a Reggio, dove rimase fino al 1514, continuando l’insegnamento privato. Tornò poi a Padova dove si dedicò al completamento dell’opera cui lavorava da anni, gli Antiquarum lectionum libri sedecim. Tra il 1515 e il 1516 soggiornò presumibilmente a Venezia per seguire l’edizione dell’opera, che uscì per Aldo Manuzio nel 1516.
L’edizione coronava un monumentale lavoro di lettura, schedatura e commento degli autori antichi che Ricchieri aveva iniziato prima del 1508 in servizio di una progettata raccolta di proverbi («Erant sub incude nostra itidem Paroemiarum libri» scrisse a Erasmo da Milano il 22 aprile 1519; in Opus epistolarum, 1906-1958, III, p. 549). Alla fine di quell’anno a Ferrara egli aveva avuto visione della raccolta di Adagia che Erasmo aveva terminato di stampare presso Aldo Manuzio a settembre, per la quale si era valso della collaborazione dei dotti della Accademia Aldina. Ricchieri decise quindi di abbandonare la compilazione della sua silloge paremiografica e di sviluppare un disegno più ambizioso di compilazione di ogni sapere teologico, filosofico, filologico, scientifico.
Nel lungo titolo didascalico dell’edizione 1516 (in folio, frontespizio in inchiostro rosso con testo a grappolo e impresa aldina) Ricchieri volle richiamarsi alla perduta opera enciclopedica del grammatico di età adrianea Lucio Cesellio Vindice, i Commentaria lectionum antiquarum: «Sicuti Antiquarum lectionum commentarios concinnarat olim Vindex Ceselius, ita nunc eosdem per incuriam interceptos reparavit Lodovicus Caelius Rhodiginus in corporis unam velut molem aggestis primum linguae utriusque floribus…». Come modelli di enciclopedie erudite del mondo antico da cui Ricchieri poté trarre ispirazione si possono ricordare la Naturalis historia di Plinio, le Noctes Atticae di Aulo Gellio, i Saturnalia di Macrobio, i Deipnosofisti di Ateneo.
In età umanistica si cimentarono con la compilazione universale Raffaele Maffei nei Commentaria urbana e Alessandro Alessandri nei Dies geniales. Da questi ultimi lavori le Lectiones di Ricchieri si distinguono per l’architettura teologica con cui l’autore concepì l’opera, partendo da Dio e dal cosmo per poi trascorrere al mondo sensibile, su cui l’uomo esercita la conoscenza illuminata dalla rivelazione. In questa impostazione si colloca anche la narrazione storica degli avvenimenti legati alla guerra della Lega di Cambrai, in principio del libro V, che sembra spostare la prospettiva dal piano della conoscenza a quello delle vicende storiche, ma Ricchieri spiega che l’inserto si giustifica con l’idea di mostrare la fragilità dell’agire umano quando si discosti dal disegno della conoscenza razionale illuminato da Dio. L’opera è dedicata al tesoriere del Ducato di Milano e collezionista Jean Grolier, ma ciascun libro è preceduto da una epistola introduttoria con dedica a un diverso personaggio.
Dopo un esame superficiale delle Lectiones, Erasmo si risentì perché Ricchieri aveva utilizzato non poche espressioni da lui adoperate negli Adagia senza dichiararlo ed espresse il suo disappunto nell’edizione Basilea 1517-1518 in una giunta all’adagium 3 nella quale sottolineò lo spirito squisitamente compilativo dell’opera di Ricchieri: «ipse operis gustus […] protinus arguit hominem inexplebili legendi aviditate per omne genus auctorum circumvolitantem et ex retectis aliorum sertis novas subinde corollas concinnare gaudentem» (Erasmo da Rotterdam, Adagiorum..., a cura di M.L. van Poll-van de Lisdonk et al., 1993, p. 91). Inoltre, replicò puntualmente a Ricchieri negli adagia su cui l’umanista era intervenuto con interpretazioni alternative alle sue (almeno i nn. 756, 921, 1045, 1342).
Ricchieri rispose alla critica di Erasmo (che gli era stata riferita da Francesco Giulio Calvo di ritorno dalla Germania) con una lettera da Milano il 22 aprile 1519, in cui professò la sua amicizia e dichiarò che dopo avere appreso degli Adagia egli aveva modificato integralmente l’impianto della propria opera e si era dedicato strenuamente alla sua elaborazione: se talora egli aveva fatto uso di proverbi descritti da Erasmo, ciò era accaduto in quanto essi sono patrimonio comune. Nell’edizione accresciuta dell’opera, a cui aveva già messo mano, promette di riconoscere il contributo dell’umanista olandese nella dedica di un libro, cosa che la morte prematura gli impedì di fare (l’editio maior vide la luce, a cura del nipote Camillo, nel 1542, quando anche Erasmo era morto e non c’era più bisogno di mantenere la promessa).
Nell’edizione Basilea 1526, posteriore alla morte di Ricchieri, Erasmo aggiunse un’ulteriore appendice all’adagium 3, in cui non andò oltre l’apprezzamento della probità dello studioso scomparso: «Cum haec scriberem, ex eruditorum litteris cognovi Rhodiginum obisse supremum vitae diem, non sine grave dolore studiosorum et iactura studiorum. Narrant enim qui illud domestice norunt, fusse virum integritatis Christianae, nullo studiorum labore fatigabilem, cum ad extremam senectutem pervenerit. Itaque tot virtutibus facile condono, si minus candide de nobis sensit. Plus enim apud me valet publica studiorum utilitas quam mei nominis ratio» (Erasmo da Rotterdam, Adagiorum..., cit., p. 94). Nel Ciceronianus, di due anni posteriore, Erasmo si arrestò di nuovo al riconoscimento di pietas e vastità di letture: «Rhodiginus vir erat pius et variae lectionis, in eloquentiae certamen haudquaquam asciscendus» (Erasmo da Rotterdam, Il Ciceroniano..., a cura di A. Gambaro, 1965, p. 228).
La fama conseguita all’uscita delle Lectiones fruttò a Ricchieri la condotta quinquennale – dal 1519 al 1523 – di lettere greche e latine a Milano (ma ascritto tra i professori dell’Università di Pavia), sulla cattedra che era stata di Demetrio Calcondila morto nel 1511. Nel 1517 le Lectiones furono ristampate a Basilea da Johannes Froben e a Parigi da Josse Bade, dando al suo autore fama europea, non sempre benevola.
Stroncatorio fu il giudizio espresso da Beato Renano a Erasmo il 2 marzo 1517: «Excudit hac hyeme typis suis Frobennius cuiusdam Coelii Lectionum Antiquarum libros XVI: in quibus si quicquam est eruditum, id autoribus e quibus sublegit acceptum referri debet; nam ipse plane est iudicii infelicis et quod ad stilum attinet neque maturus neque multum sanus. Ostendunt hoc eius infantissimae praefationes; nihil enim aliud ex eo degustavi. Vidisti tu hominem Patavii; nam illic diu privatim docuit, sed obscuri tum nominis. Quam estis plusquam Cicerones, plusquam Lysiae, plusquam Demosthenes ad hunc comparati tu et Rodolphus Agricola!» (Opus epistolarum, 1906-1958, II, p. 512). Un’excerptum fu stampato nell’imponente apparato critico del Virgilio edito a Milano nel 1520 da Giovanni Angelo Scinzenzeler: il cap. I del libro IV, in cui, oltre a una trattazione sulla poesia e al suo rapporto con la teologia, «Virgilianae Aeneidos sensus allegoricus explicatur, ratione ab aliis diversa».
Subito dopo la princeps, Ricchieri rimise mano alla sua opera, arricchendola massicciamente. Il lavoro assunse le dimensioni di trenta libri, non per l’aggiunta di quattordici libri nuovi, ma perché la rielaborazione del testo aveva portato quasi sempre a dividere quelli esistenti in due, sicché l’opera assunse un assetto completamente diverso. A esempio, al I libro che trattava dell’universo in un’accezione ampia che coinvolgeva teologia, filosofia, scienze naturali, Ricchieri fece precedere una dissertazione specifica sul nome di Dio e la sua essenza, che divenne il I libro della nuova edizione. Alla morte di Ricchieri la nuova redazione rimase nelle mani del nipote Camillo, il quale aggiunse undici prefatorie ai libri che ne erano rimasti privi (una dodicesima è opera di Giovanni Maria Goretti) e dedicò l’opera nel suo complesso al cardinale Gian Domenico De Cupis. I Lectionum antiquarum libri XXX uscirono a Basilea nel 1542 per i tipi di Ambrose e Aurelius Froben.
Terminata la condotta milanese, nel 1521 Ricchieri tornò a Padova. Nel 1523 si riconciliò con i suoi concittadini e rientrò in patria; su proposta di Pietro Antonio Silvestri, figlio del suo benefattore Girolamo, fu accolto di nuovo nel Consiglio cittadino e il 25 maggio fu votato per presentare l’omaggio della città al neoeletto doge Andrea Gritti.
Morì a Padova il 6 marzo 1525 (Piovan, 2013, che mette fine all’incertezza su data e luogo regnante nella bibliografia precedente).
Il 6 luglio 1525 Calcagnini scrisse a Erasmo che la notizia della disfatta francese nella battaglia di Pavia e della prigionia di Francesco I, in cui Ricchieri riponeva le sue speranze, lo aveva gettato in una prostrazione tale da condurlo alla morte («ita animum despondit ut aegritudini impar fuit», Opus epistolarum, 1906-1958, VI, p. 124). Potrebbe essere questo l’indizio di un progettato trasferimento Oltralpe di cui parla la bibliografia più antica.
La lettera di Calcagnini contiene un giudizio equilibrato su Ricchieri, nel quale riemerge la riserva sulla qualità della sua sterminata erudizione, nonché la notizia di un carattere individualistico, poco incline ad accogliere suggerimenti e consigli degli amici: «Utinam ad ea quae scripsit, tantundem iudicii et laboris attulisset! nam et te minus offendisset et doctis impensius satisfecisset. Sane fuit vir ille bonus et vere Christianus, et multa mihi amicitia coniunctus, utpote cui unum etiam ex libris Antiquarum Lectionum nuncupatim dicaverit, sed qui se unum haberet in consilium, et amicorum admonitionibus aegre manus daret; caeterum in studia et lucubrationes ad poenitentiam usque assiduus» (p. 124).
Parecchio dopo la morte alcune adnotationes frammentarie di Ricchieri, probabilmente derivate da appunti presi dagli studenti alle sue lezioni, trovarono la via della tipografia in edizioni di autori classici cum notis variorum: Ovidio, Metamorphoseon libri XV, Venetiis, Er. P. Ravani, 1549; Cicerone, Epistolae familiares, Brixiae, L. Britannico, 1550; Orazio, Omnia poemata, Venetiis, G. Scoto, 1553; Virgilio, Universum poema, Venetiis, G.M. Bonelli, 1566. Dalle dediche delle Lectiones si ricavano altri testi oggetto dei suoi corsi: la Pro Milone di Cicerone, Omero, la Politica di Aristotele, Lucrezio, Quintiliano, Livio. La tesi che Ricchieri sia l’autore della contraffazione del perduto trattato De orthographia di Lucio Cecilio Minuziano Apuleio, avanzata all’inizio del XX secolo, è oggi respinta dagli studiosi.
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