PONTANO, Lodovico
PONTANO, Lodovico (Ludovicus Romanus). – Nacque probabilmente verso il 1409 a Cerreto di Spoleto dal medico Sante Pontano. Non si conosce il nome della madre.
L’anno di nascita si rileva da un ricordo di Enea Silvio Piccolomini, collaboratore e ammiratore di Pontano nel Concilio di Basilea e testimone della sua morte prematura, avvenuta «vix trigesimum egressum aetatis annum» (De gestis, p. 102). Confrontando quest’ultima affermazione di Piccolomini con i dati certi della carriera universitaria di Pontano, parrebbe di doversi retrodatare la data di nascita di Lodovico ad alcuni anni prima del 1409. Il luogo di nascita, Cerreto di Spoleto, è invece documentato dall’Italia illustrata di Flavio Biondo (a cura di J. White, 2005, I, p. 216) che tratta Lodovico Pontano insieme al famoso umanista Giovanni Gioviano Pontano (1429-1503), nato vent’anni dopo dalla stessa famiglia e nello stesso luogo. Della parentela più stretta di Lodovico Pontano conosciamo, oltre al padre già menzionato, solo il fratello maggiore Francesco, umanista di una qualche importanza.
Nonostante l’origine umbra, Lodovico Pontano crebbe a Roma e ottenne la cittadinanza romana, da cui l’abituale appellativo di Lodovico Romano. Fu a Perugia comunque che iniziò a studiare il diritto romano e canonico, attorno alla metà degli anni Venti, con Dionigi Barigiani (morto nel 1435), Giovanni da Montesperello (morto nel 1464) e Angelo Perigli (morto nel 1447), per passare poi a Bologna con Giovanni da Imola (morto nel 1436). Il 9 ottobre 1427 (Il Liber secretus iuris caesarei..., 1942, II, p. 70) sostenne a Bologna l’examen privatum in diritto romano conseguendo il titolo di licentiatus legum; l’esame solenne per addottorarsi in diritto civile e canonico, Lodovico lo sostenne, invece, il 22 dicembre 1429, sempre a Bologna e ancora con Giovanni da Imola (Piana, 1971, p. 698). Già nell’anno accademico 1427-28 risultava però assunto come docente a Bologna con uno stipendio di 202 lire bolognesi. Nel contempo Pontano cominciava a emergere come consulente in casi di interesse locale; ma non mancano sin da allora consulenze di maggiore rilievo, come quella sulla valutazione dei legami feudali di un conte francese nella guerra dei Cent’anni. I rotuli bolognesi dei docenti per l’anno 1428-29 contengono il suo nome, come quello di suo fratello Francesco. Ma entrambi lasciarono Bologna, forse in seguito all’insurrezione dei Canetoli nell’agosto 1428, e andarono a Firenze dove Lodovico fu assunto con uno stipendio di 180 fiorini, cifra considerevole per un docente così giovane, per di più non ancora doctor. Contemporaneamente firmò un contratto di docenza a Siena – che comunque non onorò –, provocando un contrasto fra le due città (Gherardi, 1881, nn. CLII-CLV). Ruppe anche un altro contratto, concluso con la Repubblica di Venezia per una docenza a Padova a partire dell’anno 1429-30 (Venezia, Archivio di Stato, Miscellanea atti dipl. e priv., b. 35 n. 1040). Restò dunque a Firenze fino al 1431, dove il suo stipendio annuale crebbe gradualmente fino a 400 fiorini (Park, 1980, p. 284).
Nonostante gli obblighi contrattuali con Firenze, nell’agosto del 1431 colse l’occasione di proseguire la sua carriera a Roma dove l’aveva chiamato il nuovo papa Eugenio IV (Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat. 371, c. 105r). In Curia, ove fu protetto dal cardinale Orsini, assunse la funzione di giudice della Rota romana e fu accreditato come avvocato concistoriale. Inoltre insegnò diritto civile allo Studium Urbis, avendo tra i suoi allievi il futuro cardinale Giovanni Battista Millini e il futuro avvocato concistoriale Battista Brendi.
Nell’estate del 1433 il Comune di Siena, vincendo la concorrenza della Repubblica di Venezia, riuscì ad assumerlo assieme a suo fratello, con uno stipendio complessivo di 800 fiorini, un quarto del budget dell’intera Università (Siena, Archivio di Stato, Concistoro 405, c. 9r). Lo stipendio del solo Lodovico crebbe nell’anno accademico 1434-35 a 700 fiorini, e nell’anno 1435-36 a 800 fiorini. Fra gli allievi di Pontano a Siena vi fu anche il famoso giurista e umanista Francesco Accolti (1416/17-1488). Per poter insegnare a Siena, Pontano aveva ottenuto una sospensione dai servizi curiali per due anni. Dopo questa scadenza, nel 1435, il papa insistette per il suo ritorno, avendo bisogno di lui per «gravia negocia», da individuare probabilmente nel Concilio di Basilea (Siena, Archivio di Stato, Diplomatico, Riformagioni 1512), e lo nominò contestualmente protonotario apostolico.
Pontano rimase tuttavia a Siena e, nel marzo del 1436, il re d’Aragona Alfonso V lo assunse al proprio servizio, probabilmente tramite intercessione dell’umanista Antonio Beccadelli (il Panormita), amico del fratello Francesco. Dopo alcuni mesi passati alla corte aragonese di Napoli Pontano fu inviato, insieme al famoso canonista e arcivescovo di Palermo Niccolò Tedeschi (il Panormitanus) e a Giovanni Pesce OFM, vescovo di Catania, in veste di ambasciatore al Concilio di Basilea: l’insigne delegazione doveva difendere i diritti di re Alfonso sul regno di Napoli, contestati da Renato d’Angiò. A questo scopo, essi dovevano aumentare la pressione conciliare sul papa e costituire un contrappeso all’influsso francese sul Concilio, favorevole al partito angioino; infatti il papa, quale senior feudale del Regno di Napoli, si rifiutava di investire Alfonso del titolo regio.
Il 1° dicembre 1436 Pontano – in veste di portavoce dell’ambasceria aragonese – tenne il discorso inaugurale davanti al concilio (ed. Mansi, 1788, XXIX, pp. 534-544). Per questa ragione pretese un seggio migliore rispetto al suo collega Niccolò Tedeschi che, in quanto arcivescovo di Palermo, rivendicò la priorità. La rivalità all’interno dell’ambasciata aragonese crebbe a tal punto che i due ambasciatori si associarono ai due partiti opposti del Concilio: Tedeschi sostenne la maggioranza, ostile al papa, Pontano invece aderì alla minoranza filopapale. Il litigio tra Pontano e Tedeschi coincise, proprio in quei mesi, con l’acuirsi della questione della sede del futuro Concilio di riunificazione con la chiesa ortodossa. Nella sessione decisiva del 7 maggio 1437 il Concilio si divise definitivamente in due fazioni, entrambe le quali rivendicavano di rappresentare in modo esclusivo il Concilio: il Pontano si schierò con il partito papale difendendo con alcuni scritti i diritti di questa minoranza. Come si scoprì in seguito, Pontano aveva negoziato in segreto con i rappresentanti papali il suo ritorno al servizio del pontefice. Tuttavia il re Alfonso riuscì, con considerevoli elargizioni monetarie, a mantenere Pontano al suo servizio e a convincerlo a ricomporre il contrasto con Niccolò Tedeschi.
A partire dal luglio 1437, Pontano si presentò, in linea con gli ordini di re Alfonso, come uno dei più severi critici del papa, rivendicandone in diversi discorsi pubblici la sospensione e perfino la deposizione. Piegando sempre di più ai suoi obiettivi politici le argomentazioni teologiche che predominavano nel dibattito conciliare in questa fase, Pontano assunse gradatamente il ruolo di uno dei più influenti protagonisti del dibattito conciliare: fu eletto in commissioni importanti, ricoprì incarichi di alto profilo nell’organismo conciliare e ne divenne ambasciatore.
Nell’aprile-maggio 1438 si recò sul lago di Ginevra per convincere il duca Amedeo VIII di Savoia a appoggiare il Concilio; la missione ebbe successo, tanto che il Duca diventò, nel 1439, l’antipapa conciliare Felice V. Dall’agosto fino all’ottobre 1438, Pontano si recò inoltre presso l’arcivescovo, l’Università e il Comune di Colonia, presso il duca di Borgogna, e infine all’Università di Lovanio: a diverse riprese, tenne lunghi discorsi in favore delle posizioni conciliari. Al ritorno fu catturato da Stefano di Simmern-Zweibrücken, conte del Palatinato, partigiano papale. Presto scarcerato, avrebbe dovuto recarsi a Norimberga per rappresentare il Concilio alla Dieta, ma preferì tornare a Basilea. In queste settimane ottenne anche dei cospicui privilegi per sé e per la sua famiglia da parte di Alberto II re di Germania: Lodovico Pontano e suo padre Sante diventarono conti palatini, e suo fratello Francesco cavaliere (Regesta Imperii, XII 1, nn. 332, 371). Inoltre ricevette il diritto di promuovere dieci studenti di diritto al grado di doctor legum, forse il segno di una docenza all’Università del Concilio di Basilea.
Negli ultimi mesi della sua vita, Pontano tentò – in contrasto con le sue posizioni precedenti, ma coerentemente con le nuove istruzioni ricevute da re Alfonso – di ostacolare il processo contro il papa. Poco dopo la deposizione del pontefice, avvenuta il 25 giugno 1439, si ammalò di peste e morì il 10 luglio dello stesso anno. Fu seppellito nella chiesa della certosa di Basilea cui aveva elargito ingenti donazioni (Basilea, Staatsarchiv, Klosterarchiv, Kartaus L Liber benefactorum, c. 193v).
Nonostante la brevità della sua carriera, Lodovico Pontano lasciò un numero cospicuo di scritti (ora censiti in Woelki, 2011, pp. 797-805, Id., 2012, pp. 220-226 rispettivamente con indicazione dei manoscritti e stampe) che ebbero una ricezione considerevole. Da docente di diritto redasse opere esegetiche sulle diverse parti del Corpus Iuris Civilis. Nel 1429 a Firenze scrisse una Repetitio de arbitris (Dig. 4.8) poi confluita nella sua Lectura in primam Digesti veteris partem. Nel periodo romano (1431-33) scrisse una Lectura in secundam Infortiati partem (Dig. 36.1), una Repetitio ad aut(enticam) ‘Similiter’, de relictis ad pias causas (C. 6.50.7 = Nov. 131.12) e una Repetitio ad senatus consultum trebellianum § Idem Iulianus (Dig. 36.1.11.1). Risalgono al periodo della docenza a Siena (1433-36) le Lecturae in primam Digesti veteris partem (Dig. 1.21-5.4), super prima parte Digesti novi (Dig. 39.1-42.1), super secunda parte Digesti novi (Dig. 45.1) e super prima parte Infortiati (Dig. 24.3-29.5). Non è invece noto dove siano state scritte le Lecturae in primam Codicis partem (C. 2.1-2.10), super secunda parte Codicis (C. 6.9-6.50) e super secunda parte Digesti veteris (Dig. 12.1-12.6).
In tutte le fasi della carriera redasse poi numerosi consilia destinati ad avere un’ampia diffusione manoscritta. La prima edizione a stampa, curata dal suo allievo romano Battista Brendi e contenente 520 consilia, fu spesso ristampata e commentata. Ancora più diffusi furono i Singularia sive notabilia scritti a Siena negli anni 1434-1435, una collezione di oltre 800 brevi commenti e riflessioni estratti dal lavoro quotidiano e costruiti attraverso un unico testo adatto alla soluzione di un problema giuridico.
Anche le sue orazioni (ed. Woelki, 2011, pp. 525-788), in massima parte incisive e puntuali apologie giuridiche e teologiche delle posizioni conciliari, conobbero una larga diffusione manoscritta. I discorsi più importanti sono una oratio del 31 luglio 1437 per difendere il monitorium contro il papa (inc. «Presens citatio»), un discorso contro il cardinale Giuliano Cesarini del 28 dicembre 1437 (inc. «Primum diligenter») e una oratio (inc. «Dixerit forte quisquam») pronunciata almeno a sei riprese davanti al concilio e durante le legazioni. Dei discorsi di legazione sopravvivono tre orationes pronunciate davanti al duca di Savoia, una davanti all’arcivescovo di Colonia e una davanti al duca di Borgogna. Pontano redasse inoltre un trattato sul diritto dell’imperatore di convocare un concilio (inc. «Dum queritur, an ad Imperatorem pertineat novi concilii convocacio»; cfr. Woelki, 2011, pp. 393-421) e due prediche, una per il giorno di s. Tommaso d’Aquino il 7 marzo 1437 (ed. Mansi, 1788, XXIX, pp. 544-557) e una per il giorno dei ss. Pietro e Paolo, il 29 giugno 1438 (Woelki, 2011, pp. 446-450). L’8 dicembre 1438 pronunciò infine due orazioni per difendere il diritto del cardinale Juan de Cervantes di entrare a Basilea con le insegne di legato apostolico (Woelki, 2011, pp. 484-491).
Nonostante le frequenti rotture dei contratti e le prese di posizione spesso orientate più alle ambizioni carrieristiche che non alla coerenza scientifica e religiosa, la persona del giovane e brillante Lodovico Pontano suscitò profonda ammirazione fra i contemporanei. Soprattutto la sua prodigiosa memoria ispirava riconoscimenti inusuali anche rispetto alle correnti iperboli: un epitaffio di Enea Silvio Piccolomini (Carmina, p. 86) arrivò definirlo «legistarum Homerus» e «herus canonum».
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