LOGISTICA
(XXI, p. 402; App. III, I, p. 1000)
Organizzazione aziendale. − Il concetto di l., dal suo originario impiego in ambito militare, è passato a denotare, con significato analogo, una tecnica di primaria importanza nell'organizzazione industriale, cioè la tecnica dell'amministrazione del flusso dei materiali e dei prodotti, dalle fonti delle materie prime ai luoghi di utilizzazione. Questo trapasso dall'organizzazione militare a quella industriale è stato determinato dalla grande trasformazione economica connessa alla rivoluzione industriale, specie nel 19° secolo, allorché la mole degli approvvigionamenti di materiali e la vastità della produzione e distribuzione di manufatti, ha favorito l'applicazione, anche in questo settore, del concetto di attività e di rete logistica. Le caratteristiche di massa delle produzioni meccanizzate e concentrate in grandi opifici, infatti, se da un lato consentirono notevoli possibilità di espansione dei mercati di sbocco, dall'altro evidenziarono ben presto la necessità di efficienti servizi di distribuzione, atti a collocare nei tempi, nelle quantità e nei luoghi giusti i manufatti.
Ancora nella cultura manageriale degli anni Cinquanta e Sessanta le attività logistiche hanno coinciso sostanzialmente con la distribuzione fisica, concepita come il trasferimento dei prodotti dal produttore agli utilizzatori finali. Coerentemente a questa visione la l. è divenuta una specifica funzione interna all'azienda, demandata a un aggregato organizzativo che si occupa delle attività di distribuzione fisica dei prodotti. Essa viene posta alle dipendenze del marketing contribuendo a risolvere molti problemi di collocazione dei prodotti sui mercati che vanno via via allargandosi, sia per i crescenti livelli di reddito dei consumatori, sia per i forti investimenti delle imprese tesi ad ampliare l'area delle vendite.
Nel secondo dopoguerra obiettivo principale delle imprese è stato quello di trovare sbocco a capacità produttive velocemente crescenti per la progressiva riconversione delle industrie belliche in industrie di pace e per il continuo svilupparsi dell'efficienza e della produttività aziendali. Garantire tempestive ed efficaci collocazioni dei prodotti sulle reti distributive è diventato fattore d'importanza strategica per sistemi industriali che sono passati dallo stadio del decollo e dei settori di base come settori guida, allo stadio dei grandi consumi di massa (Rostow 1962). "Sistemi distributivi ben gestiti, specialmente quelli che riguardano i beni di largo consumo, sono a dir poco fondamentali. Se l'articolo è introvabile, specie nel periodo del lancio di un prodotto nuovo, i clienti non riusciranno mai a fare quel primo acquisto che è della massima importanza" (Shapiro 1984).
In questa prima fase di applicazione della l. all'industria, essa si pone quindi, esclusivamente, quale l. della distribuzione e rappresenta un'indispensabile leva a disposizione del marketing (insieme alle politiche di prodotto, di prezzo e pubblicitarie). In questa fase dello sviluppo industriale non esistono rilevanti problemi di reperibilità, disponibilità e gestibilità dei fattori produttivi. I canali di approvvigionamento (in particolare materie prime ed energia) sono facilmente agibili; i costi di trasporto risultano contenuti; le tecnologie consentono l'attuazione di cicli produttivi nei quali le singole operazioni, sempre più parcellizzate, vengono agevolmente integrate in sequenze rigide, senza interruzioni spaziali e temporali interne, riducendo al minimo le esigenze di trasporti e movimentazioni interne ai cicli produttivi; i costi finanziari sono relativamente bassi e, oltre a facilitare processi d'investimento in capitali fissi, consentono alle imprese margini per mantenere livelli elevati di stoccaggio e di scorte utili a sostenere i tentativi di allargamento dei mercati di sbocco.
In altri termini, in questa fase, la l. ha poco o nulla a che fare con il mondo della produzione e con quello degli approvvigionamenti. Solo più tardi al concetto di l. della distribuzione si affiancherà quello di l. della produzione. L'allargamento di orizzonte al mondo della produzione vera e propria e degli approvvigionamenti, oltre che a quello della distribuzione fisica dei beni, è conseguenza delle mutate condizioni, interne ed esterne, delle imprese.
Sul finire degli anni Sessanta sembrano venir meno tutti i presupposti e le condizioni che avevano consentito l'ininterrotta espansione dell'economia internazionale, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. In particolare, la stabilità delle condizioni al contorno (mercati delle materie prime e del lavoro, caratteristiche qualitative e quantitative della domanda, intervento dello stato in economia, sistemi valutari, ecc.) lascia spazio alla più grande instabilità, e al rapido modificarsi delle precedenti ''economie esterne'' in altrettanti fattori critici. In questo contesto e per le conseguenze della mutata situazione (grave caduta della domanda e imponente incremento dei costi) molte imprese si trovano in una situazione di vera e propria crisi economica, finanziaria e reddituale. Nel breve periodo il tentativo è di uscire dalla situazione di crisi con un'affannoso contenimento dei costi, realizzando economie ovunque possibile, rivedendo tutte le iniziative assunte in precedenza, sottoponendo a rigido controllo di gestione tutte le aree di attività dell'azienda, rinegoziando i rapporti con i fornitori, privilegiando ove possibile prodotti e cicli di lavorazione a basso contenuto di energia e/o di materie prime. In tale nuovo contesto, così profondamente modificato rispetto al precedente, i problemi aziendali connessi alla gestione dei flussi di materiali non sono più contenibili in termini di semplice rapporto esterno produttore/consumatore, azienda/mercato; occorre invece ottimizzare anche una serie di flussi interni all'impresa, che si rivelano assai importanti ai fini della determinazione del risultato economico.
È così che nasce e si afferma, in questi anni, il concetto di ''direzione dei materiali'' (materials management), che avrà, tra le altre denominazioni, quella di ''l. di produzione'' o di ''direzione logistica'' (logistic management). Con la dizione materials management s'intende la supervisione delle funzioni relative ai materiali: dagli acquisti alla pianificazione e controllo della produzione, alla distribuzione (ivi compresa la movimentazione); o ancora la funzione che copre tutte le attività concernenti i materiali, con esclusione della progettazione e fabbricazione vera e propria del prodotto, della manutenzione degli impianti, delle vendite e del marketing.
È chiaro come, secondo quest'accezione, le attività logistiche eccedano di gran lunga i precedenti campi d'intervento (spedizione, movimentazione e trasporto delle merci sui canali distributivi), per assorbire o intervenire su compiti e spazi propri di altre importanti funzioni aziendali. Alla produzione, per es., verranno spesso sottratte le attività di programmazione e di controllo; alle vendite, in via definitiva quelle di posizionamento e custodia dei prodotti finiti; gli approvvigionamenti e tutto quanto a essi connesso, verranno definitivamente assorbiti dal materials management. L'obiettivo perseguito in questa fase è di concentrare all'interno di un'unica funzione aziendale, sotto la responsabilità di un unico manager (il direttore dei materiali), la gestione dei materiali, e in particolare del loro flusso: dall'ingresso in stabilimento per la trasformazione sino alla distribuzione fisica dei prodotti finiti e alla loro collocazione sui canali di sbocco.
Questo processo di riorganizzazione complessiva dell'area di gestione aziendale dei flussi di materiali è tutt'altro che immediato e generalmente accettato, anzi si sta affermando lentamente e soprattutto nelle grandi aziende. Vi sono tuttavia valide argomentazioni teoriche a sostegno del nuovo approccio, e in particolare "il postulato che acquisti, produzione e distribuzione non sono attività separate, ma tre aspetti di un unico compito basilare: controllare il flusso dei materiali e prodotti a partire dalle fonti di approvvigionamento, attraverso il momento della fabbricazione, fino ad arrivare ai canali di distribuzione e per concludere alla clientela" (Miller, Gilmour 1979).
Tale approccio, ormai decisamente interfunzionale, punta alla risoluzione dei conflitti settoriali, sempre latenti, tra le funzioni degli acquisti, della produzione e della distribuzione; e così pure a una riduzione dei costi e dei livelli di scorta e a un miglioramento della prestazione, che non si avrebbero se ogni area funzionale fosse focalizzata esclusivamente sui propri specifici e limitati obiettivi e interessi. Su questo concetto di l. quale attività di organizzazione e attuazione del flusso di materiali e di prodotti dai luoghi di origine a quelli di utilizzazione, vi è stato largo accordo nella teoria aziendale statunitense degli anni Settanta (cfr., tra gli altri, Magee 1968; Ammer 1969; Orlicky 1975; Farmer 1981). L'interdipendenza dei flussi porta a concepire l'approvvigionamento, il carico di macchine, l'ordinazione e la distribuzione fisica, come momenti di un'unica gestione sistemica (in effetti, a ispirare questa più moderna visione della l. industriale è la teoria dei sistemi e della loro regolazione).
L'equilibrio del sistema, che in precedenza veniva perseguito empiricamente e con aggiustamenti progressivi, è ora ricercato con rigore scientifico, usando modelli formalizzati tecnico-manageriali e la definizione di una specifica progettazione organizzativa. Appare chiaro, in altri termini, che efficienza e produttività dell'intero sistema, produttivo e distributivo, dipendono dalla soluzione di una lunga serie di nodi e di questioni logistiche quali: la progettazione dei lay-out interni e dei cicli produttivi (la disposizione planivolumetrica e spaziale di impianti, macchine, magazzini, ecc.); la ristrutturazione e il miglioramento della gestione degli approvvigionamenti; la riorganizzazione delle movimentazioni interne ed esterne; la progettazione della rete distributiva, la selezione dei mezzi di trasporto, ecc.
Esaminiamo nel dettaglio i diversi ambiti e le differenti mansioni facenti capo alla funzione logistica, secondo il sopra citato approccio sistemico.
Quanto alle attività strettamente gestionali la l. comprende: a) determinazione dei fabbisogni di materiali sulla base delle previsioni di vendita (determinazione cioè della domanda di vendita da cui discendono domanda di produzione e di acquisto); b) approvvigionamento vero e proprio dei materiali; c) programmazione della produzione con riferimento all'ottimizzazione delle risorse e delle capacità produttive; d) gestione degli stock nel corso dell'intero ciclo (dall'acquisizione alla destinazione) dei materiali: fase di approvvigionamento delle materie prime, avvio alla fase di trasformazione, destinazione ai magazzini e alla rete dei depositi, fino al consumatore; tutto ciò con riferimento al livello del servizio (tempi di risposta, affidabilità, ecc.), alla valorizzazione degli inventari, ai problemi finanziari (interessi passivi, tassi di cambio, ecc.) connessi agli stock e alla determinazione dei parametri e indici di misura degli stessi; e) gestione dei magazzini e dei depositi; f) avanzamento e gestione degli ordini e programmazione delle consegne; g) programmazione e gestione della distribuzione fisica e dei trasporti interni; h) determinazione, raggruppamento, analisi e controllo dei costi logistici nei vari centri di costo e ai vari livelli aziendali e di ciclo; i) definizione dei parametri e degli indicatori logistici e definizione del sistema informativo e delle procedure della logistica.
In questa elencazione si rinvengono sia attività strettamente connesse al flusso fisico dei materiali (dalle fonti di approvvigionamento degli input sino ai consumatori finali del prodotto finito), sia anche attività connesse al flusso informativo che procede in senso inverso al precedente (e cioè dai consumatori finali sino alle fonti di approvvigionamento delle materie prime). Nelle elaborazioni teoriche e nelle applicazioni pratiche più recenti si giunge a sancire formalmente la distinzione tra le due aree di problemi, l'una relativa al flusso fisico dei materiali e l'altra al flusso informativo. Esisterebbe cioè un vero e proprio ''meccanismo pensante'' del sistema logistico, fatto di gestione di dati e di informazioni, distinto da un più tradizionale campo d'intervento riguardante la gestione dei materiali veri e propri.
Se si accetta tale distinzione si ha che:
a) i problemi relativi al flusso informativo, nella direzione mercato-fornitore, possono essere identificati in: previsioni di vendita e/o ordini; gestione delle scorte (periferiche e centrali); calcolo dei fabbisogni (di mercato e di produzione); allocazione delle risorse alle unità produttive; piani di rifornimento ai clienti finali e alle scorte; programmazione della produzione di stabilimento; calcolo fabbisogni materiali; ordini di acquisto dei materiali;
b) i problemi e le attività relative al flusso fisico vero e proprio, nella direzione fornitore-mercato, sono: ricezione dei materiali; stato di avanzamento del prodotto all'interno della struttura impiantistica; rifornimento del prodotto finito alle rete distributiva primaria e secondaria; immagazzinamento del prodotto finito; spedizione del prodotto finito al consumatore finale.
Una visione coordinata e interattiva dei due flussi consente una gestione unitaria e integrata di risorse che presentano gradi crescenti di variabilità.
Un problema che è divenuto sempre più pressante per il management delle moderne aziende industriali è quello d'identificare il modo più economico per fare operare in modo integrato risorse sempre più diversificate e sempre più chiamate a un utilizzo diffuso in processi anch'essi crescentemente differenziati (Rullani 1978). Secondo questa visione, che appare la più avanzata e rispondente alle caratteristiche degli attuali contesti ambientali e di mercato, il sistema logistico non può essere pensato soltanto come un'organizzazione ''efficiente'', cioè conveniente in un momento dato, ma come un'organizzazione ''efficace'', cioè capace di mutare e adattarsi alla variabilità interna ed esterna all'azienda. E ciò perché la flessibilità è divenuta la condizione essenziale per il mantenimento di una redditività costante nel tempo, riducendo al minimo gli inconvenienti della variabilità e sfruttandone al massimo gli eventuali vantaggi.
Un'organizzazione logistica flessibile (e quindi un'organizzazione d'impresa flessibile) può aiutare il management non solo a non subire passivamente il cambiamento, ma addirittura ad anticiparlo (nei prodotti, nelle tecnologie, nei mercati). In altri termini la l., secondo questa più moderna e avanzata visione, non può più essere considerata solo puro e semplice strumento per il recupero di efficienza (e cioè per il contenimento dei costi), ma diviene fattore-chiave per la costruzione del vantaggio competitivo e per l'impostazione strategica.
Le aziende conquistano il vantaggio competitivo differenziandosi dalla concorrenza. Il processo di differenziazione può svilupparsi in vari modi e lungo diverse direttrici: quella della leadership nel costo/prezzo totale, quella della qualità del servizio reso, quella dell'innovazione (Porter 1985). La scelta del percorso attraverso cui attuare la differenziazione è fondamentale perché un'azienda possa aspirare alla realizzazione di un vantaggio competitivo durevole. Questa scelta implica sempre esigenze specifiche per il sistema logistico aziendale, esigenze che lo stesso sistema deve saper soddisfare a seconda della scelta strategica effettuata, talvolta addirittura offrendo alla strategia aziendale, oltre che un supporto coerente, vere e proprie intuizioni di base e significative opportunità e occasioni progettuali.
Bibl.: R. Borsodi, The distribution age, Pasadena 1929; W.W. Rostow, Gli stadi di sviluppo economico, Torino 1962; J.F. Magee, Industrial logistics, New York 1968; D.S. Ammer, Materials management as a profit center, in Harvard Business Review, 1 (1969); J. Orlicky, Materials requirement planning, New York 1975; E. Rullani, Sistema logistico e gestione della produzione, in Economia e direzione dell'impresa industriale, Torino 1978; J.G. Miller, P. Gilmour, Materials managers: who needs them?, in Harvard Business Review, luglio-agosto 1979; D. Farmer, Controlling procurement cost in inflactionary condition, in International Journal of Physical Distribution & Materials Management, 2-3 (1981); R.D. Shapiro, Aumentano le responsabilità per il capo della logistica, in Harvard-Espansione, 2 (1984); M. Porter, Competitive advantage, New York 1985; D. J. Bowersox, D. J. Closs, O. K. Helferich, Logistica. Strategia e integrazione in azienda, trad. it., Milano 1989; M. Caputo, Logistica e produzione nell'economia delle imprese industriali, Padova 1990.