LOMBARDIA (XXI, p. 419; App. II, 11, p. 228)
La popolazione della L., pari a 5.836.479 ab. nel 1936, è aumentata a 6.504.738 nel 1951 e a 7.153.089 alla fine del 1959: la sua densità relativa è pertanto salita da 245 a 273 e successivamente a 300 ab. per km2, imponendosi come una delle più alte tra le regioni italiane, appena dopo la Campania (344) e la Liguria (305), territorialmente molto più piccole. Durante gli ultimi decenni la L. ha mantenuto anzi, ha accentuato i forti contrasti esistenti nell'intensità del popolamento entro i suoi confini amministrativi: mentre la provincia di Milano dal 1936 al 1957 ha visto crescere in modo cospicuo la sua popolazione (+ 27,2%) e la densità relativa salire da 788 a 1004, e incrementi demografici notevoli hanno manifestato anche le altre province industriali, con la prevalenza di Varese (+ 33,6%) e Bergamo (+ 20,9%) seguite a distanza da Como e Brescia, larghe plaghe rurali - non solo in montagna ma anche nella bassa pianura - si sono andate gradualmente spopolando a favore dei centri urbani. Le province a struttura economica prevalentemente agricola, hanno accusato nello stesso periodo aumenti trascurabili o addirittura irrisorî, come Pavia (+ 5,2%), Cremona (+ 0,5%) e Mantova (+ 0,2%). Nell'assieme, il movimento naturale della popolazione non è molto vivace.
L'indice di mortalità, per quanto si sia contratto dal 1936-40 al 1954 (da 13,9 a 9,8‰), risulta sempre superiore a quello medio italiano, mentre quello di natalità mostra un continuo, costante declino, passando da 21,1 nel 1936-40 a 19,8 nel 1946, a 14,3‰ nel 1954, mantenendosi pertanto sempre di un buon terzo al di sotto della media italiana. Di conseguenza, l'indice di sopravvivenza si è ridotto da 7,2 a 4,5‰: nel 1954 era di poco superiore alla metà di quello medio statale (8,6).
Data questa situazione, a rinforzare la struttura demografica lombarda contribuisce pertanto, in modo prevalente, l'eccedenza del movimento migratorio.
Anche se il flusso transoceanico ha mostrato di accentuarsi dal 1931-40 a questo dopoguerra (quando gli espatrî crebbero da 915 a 5642 unità nel 1954), tuttavia il numero dei rimpatriati è quasi altrettanto forte (4778 per lo stesso anno). I movimenti migratorî sono invece più vivaci con la Francia e la Svizzera (migrazioni temporanee) e con le altre regioni italiane. In complesso, l'entità degli spostamenti (nei due sensi) si è notevolmente accresciuta nel dopoguerra, passando da quasi 350 mila (1952) a poco più di 485 mila persone (1958); l'incremento annuo positivo è via via salito da 20 a 73 mila persone, attratte per la maggior parte dalla metropoli milanese e dai centri della fascia industriale lombarda.
La struttura economica della regione si è ulteriormente arricchita, anche se in modo disparato, da una provincia all'altra e nell'ambito delle stesse province, dal 1936 ad oggi. Se ne sono avvantaggiati soprattutto il settore commerciale e la pubblica amministrazione: essi raggruppano attualmente il 13,6 e il 6,9% della popolazione attiva con più di 10 anni, mentre le altre attività mantengono grosso modo le stesse posizioni. Ciò nonostante, notevoli variazioni sono intervenute soprattutto nei campi agricolo e industriale. L'aumento della meccanizzazione e la necessità di un ridimensionamento delle colture granaria e risiera, hanno contribuito a ridurre il numero degli addetti all'agricoltura, che sono diminuiti da 768.300 a 588.000. Tuttavia, la produzione agricola è aumentata in rapporto sia con il miglioramento delle tecniche sia con il forte consumo di concimi chimici: la L. consuma oggi circa il 13% dei concimi fosfatici usati in agricoltura in Italia, il 18% di quelli azotati e il 24% di quelli potassici.
In tal modo, il frumento è passato da una produzione media di 7,7 milioni di q nel 1936-39 a 8,3 nel 1957, e il rendimento unitario è salito da 26,1 a 27,7 q per ha; il granoturco da 8,2 a 10 milioni di q (prod. per ettaro: 32,4 e 45,4); e la patata, pur avendo avuto la sua superficie ridotta di ben 2000 ettari (− 11,7%), è passata da 2,5 a 3,2 milioni di q, e il suo rendimento unitario da 129,2 a 185,8 q per ha. La coltura del riso, al contrario, ha sofferto sia per l'irrisorio assorbimento da parte del mercato interno, sia per varie difficoltà insorte nel commercio con l'estero: la sua superficie è diminuita di quasi un quarto (da 59 mila ha nel 1936-39 a 45 mila nel 1958), e la produzione di un terzo (da 3 a 2 milioni di q). Notevole è invece l'incremento di produzione delle foraggere avvicendate e permanenti, passata da 52 milioni di q a 74, nell'ultimo ventennio.
In gravissima decadenza appare la produzione di bozzoli, ridottasi ad un ottavo di quella prebellica (1936-39: 7842 mila kg; 1958: 1028 mila kg). Nel campo dell'allevamento si nota un aumento dei bovini da 1.417.000 capi nel 1938 a 1.646.000 nel 1957, un leggero incremento dei suini (da 414 a 466 mila), e una forte diminuzione dei caprini (da 59 a 29 mila) e dei cavalli (da 211 a 143 mila). La contrazione del patrimonio equino è in stretto rapporto con la meccanizzazione agricola: nel 1958 la Lombardia possedeva poco più di 35.000 trattori, cioè circa il 17% dei trattori italiani (subito dopo l'Emilia e Romagna).
Le attività estrattive e manifatturiere impiegavano nel 1954, 1.334.281 addetti, cifra pari al 38% circa di tutti gli addetti italiani. Le industrie tessili, che vedono qui concentrato, soprattutto nell'alta pianura, il 48,4% di tutti gli addetti, non rappresentano oggi il settore più importante delle attività industriali. Negli ultimi anni si è infatti assistito a una graduale espansione delle industrie meccaniche, oggi al primo posto in rapporto alla mano d'opera occupata: 321.616 addetti di fronte ai 315.220 dei tessili nel 1951. Queste due branche, insieme a quella chimica, in fase di notevole rafforzamento, con 70.288 addetti (più di un terzo del totale italiano, contro un quarto del 1936), raggruppano in complesso il 62,9% di tutta la mano d'opera impiegata nelle industrie manifatturiere lombarde.
Negli ultimi decennî notevoli sono stati i progressi realizzati nel campo dell'energia elettrica, per quanto la produzione complessiva, rispetto a quella italiana, sia scesa nell'ultimo decennio da circa 1/4 a poco meno di 1/5, in concomitanza al forte sviluppo delle altre regioni. La produzione fu di 3577 milioni di kWh nel 1938, di 4953 nel 1947, di ben 8376 nel 1957, ed è data per la maggior parte da 483 centrali idroelettriche (79,3% della produzione) e in minor misura da 178 centrali termiche. Impianti idroelettrici imponenti sono sorti in Valtellina (Adda, e affluenti), nel Bergamasco (Brembo) e in Valcamonica (Oglio e affluenti). Per produzione la regione supera di gran lunga tutte le altre (il Trentino-Alto Adige segue con 6455 milioni di kWh, il Piemonte con 5641), ma a causa del cospicuo consumo che se ne fa (il 70,8% è assorbito dalle industrie), la Lombardia è costretta a importare energia dalla Venezia Tridentina e dalla Svizzera. All'energia idroelettrica negli ultimi anni si è aggiunta un'altra fonte di energia - il metano -, rinvenuto soprattutto nel Lodigiano e nel Cremasco (Caviaga, Cornegliano Laudense, Ripalta): da 12.000 m3 nel 1935 (0,1% di quella nazionale), la produzione di metano è salita a 19.000.000 nel 1948 (14,6%) e a 2.582.979.000 nel 1959 (42,2%). Una relativamente fitta rete di metanodotti, connessa anche con i giacimenti piacentini, collega i campi di sfruttamento con Milano, Pavia, Cremona, Brescia, Bergamo, Como, Varese e molti altri centri della fascia industriale lombarda, a nord di Milano. Mantova è invece legata con l'area di produzione veneto-emiliana.
Il settore commerciale ha avuto un notevole svilupo dall'anteguerra ad oggi, e la rete stradale si è ulteriormente ingrandita e migliorata: le strade statali sono passate da 1101 km nel 1931 a 1357 nel 1959, e le altre da 13.000 a 19.091. Alle autostrade già esistenti si è aggiunta la Milano-Serravalle (Alessandria) e il tratto lombardo dell'Autostrada del Sole. Gli autoveicoli, nel complesso, sommavano (nel 1959) a 413.862, cioè rappresentavano il 19,8% di quelli italiani. Anche gli aeroporti hanno aumentato considerevolmente il loro traffico: nel solo aeroporto della Malpensa, nel 1959 gli arrivi e le partenze sono stati in media circa 250.000, di fronte ai 58.500 registrati nel 1954. Nel 1960 è stato inaugurato il nuovo aeroporto (Forlanini) di Milano Linate.
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