Lombardia
geografia umana ed economica
di Stefania Montebelli
L'andamento demografico delle dodici province (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio, Varese) ha subito nel quindicennio 1990-2005 variazioni complesse dovute a una serie di contingenze legate ai caratteri fisici e antropici della regione, ai numerosi comuni che essa ospita e alla situazione economica di grande attrattiva per il flusso migratorio straniero. Con una popolazione che supera in quantità quella di alcuni Paesi europei (9.393.092 ab. al 31 dicembre 2004), la L. si pone al primo posto della graduatoria fra le regioni italiane. Il 41% della popolazione regionale risiede a Milano e nella sua provincia (3.839.216 ab. nel 2004), seguita da Brescia, Bergamo e Varese con una quota complessiva del 32%, mentre le restanti province registrano una popolazione non superiore alle 600.000 unità. I maggiori poli urbani, quindi, vanno a costituire una vera e propria area metropolitana che rappresenta il fulcro produttivo di tutta la regione. I processi di diversificazione demografica hanno avuto inizio con lo sviluppo economico degli anni Sessanta del 20° sec. e si sono notevolmente intensificati dopo la crisi economica, nazionale e internazionale, del 1973 che, di fatto, è andata a modificare gli equilibri insediativi, demografici, economici e produttivi. Il decennio che va dal 1970 al 1980 ha visto, quindi, un'accelerazione dei processi economico-sociali della regione, che hanno condotto a nuove forme di concentrazione dei potenziali produttivi e, a cascata, della popolazione residente. Non a caso la maggiore densità demografica si è andata a concentrare nelle aree di Como e Varese (passate da una fase d'industrializzazione leggera a una di forte intensificazione dei rapporti funzionali nell'ambito dei settori più tradizionali che, coadiuvati da tecniche di produzione avanzate, hanno condotto a un aumento considerevole delle imprese), di Milano (sempre più occupata nel settore dei servizi avanzati e base strategica del suo hinterland industrializzato, con particolare riferimento alla zona sud-orientale, caratterizzata da una vivace crescita produttiva), di Bergamo e Brescia (dove, oltre al consolidamento di vecchi centri industriali, sono comparse cospicue attività di trasformazione leggera). Dagli anni Novanta del 20° sec. al 2004, anche queste aree di forte densità demografica hanno subito dinamiche demografiche differenziate. Mentre, infatti, nelle province di Varese, Bergamo e Brescia si è registrata una costante crescita della popolazione, la provincia di Milano ha avuto un suo particolare percorso demografico che l'ha condotta, nel corso degli anni Novanta, a fasi di forte oscillazione (dai 3.736.625 ab. nel 1992 ai 3.700.530 nel 1996) e a una notevole ripresa che continua ad alimentarsi dal 2000. Una ripresa dovuta in gran parte all'afflusso considerevole di cittadini extracomunitari che solo nella provincia milanese ha portato, nel dicembre del 2004, la popolazione straniera residente a superare le 200.000 unità, quasi la metà della quota complessiva regionale (476.690 stranieri residenti) che, tra l'altro, risulta essere tra le più elevate in Italia, come registra la percentuale rispetto alla popolazione residente (6,3%). Questa circostanza porta la L. a essere una tra le maggiori regioni italiane dove la natalità, e quindi il saldo naturale degli stranieri, è più fortemente elevata. Circa il 12,9% degli stranieri residenti nella regione proviene dall'America centro-meridionale, mentre grande incidenza sul totale delle presenze ha il flusso proveniente dall'Asia orientale, di poca rilevanza invece, rispetto ad altre realtà regionali, è quello proveniente dall'Europa dell'Est. Il forte afflusso straniero ha aiutato il tasso di natalità regionale a crescere fino a raggiungere il 10‰, il più alto registrato tra le regioni del Nord-Ovest italiano, mentre quello della mortalità si contiene a una quota dell'8,9‰, con un tasso migratorio estero dell'11‰ (solo Milano presenta un tasso migratorio estero pari al 25,6‰), che, sommato a quello interno, fa della L. la seconda regione italiana per forza attrattiva (12,9‰). Questa serie di circostanze ha fatto registrare nel 2004 un saldo di crescita naturale positivo e superiore al decennio precedente. La ragione di tale crescita demografica è da imputarsi all'alto tasso di fertilità delle famiglie immigrate stabilitesi all'interno dei confini regionali. Rimane aperto, invece, il problema relativo al processo d'invecchiamento della popolazione e alla conseguente stasi dei processi demografici sorretta per lo più dalla sola dinamica migratoria.
L'accelerazione dei processi economici e sociali degli anni Settanta ha condotto sia al potenziamento funzionale di quelle aree già toccate da un accenno di crescita economica sia all'avvio di nuovi processi di sviluppo in aree fino a quel momento rimaste escluse da tali dinamiche, rendendo possibile, così, la crescita periferica, satellite alla metropoli, e del nucleo direzionale a essa correlata. Per lo più queste zone si sono contraddistinte per produzioni di carattere tradizionale: calzature nel Vigevanese, mobili in Brianza, tessuti nel Comasco, ma anche industria pesante a Lecco, Varese e nel polo Legnano-Busto Arsizio-Gallarate. La riorganizzazione di quegli anni ha condotto a un ripensamento in termini funzionali delle capacità produttive che ha aiutato il moltiplicarsi delle imprese, portando alla crescita di centri quali Bergamo, Brescia (dove si sono andati a rafforzare vecchi nuclei industriali) e l'area del Mantovano (dove sono comparse nuove attività di trasformazione leggera). Questi processi che sono stati avviati negli anni Settanta e che hanno condizionato i successivi dinamismi di crescita fondati sulla realizzazione di un'economia di scala, sono a fondamento del fenomeno espansivo del settore industriale localizzato nella fascia centrale del territorio regionale. Il decennio 1980-1990 ha consolidato la funzionalità organizzativa del centro metropolitano, con particolare riferimento a quello milanese, nucleo di servizi avanzati importanti per lo sviluppo economico-finanziario, ma ha anche condotto al rafforzamento delle corone semicentrali e periferiche strettamente collegate, grazie a nodi di accesso di rilevante importanza, ai centri decisionali e organizzativi della città. Lo sviluppo di queste aree periurbane ha condizionato la nascita di veri e propri centri-satellite di elevata qualità urbana che nel tempo hanno costituito una valida alternativa alla città, sia da un punto di vista residenziale sia da quello di un terziario avanzato avente propri centri decisionali. Partendo, quindi, da una solida base industriale, venutasi a formare sin dagli anni Settanta, la L. ha raggiunto uno stato di benessere al di sopra della media nazionale legato a quelle attività che assicurano i servizi più innovativi (quali quelli alle imprese, quelli di rete, della comunicazione, del credito e assicurativi). Proprio per l'importanza rivestita dal settore industriale nella crescita economica della regione e per la solida integrazione di questo settore con quello dei servizi, in L. i fenomeni di delocalizzazione e di deindustrializzazione sono risultati più contenuti che altrove e hanno così potuto avviare una fase di reciproco ammodernamento. Il processo di terziarizzazione ha conosciuto un primo periodo di espansione tra il 1981 e il 1990, che ha condotto a un considerevole aumento delle attività terziarie per oltre 147.000 unità, in controtendenza rispetto alla riduzione di quasi 136.000 unità che aveva colpito gli altri comparti, con particolare rilevanza quello industriale. In questo intervallo di tempo, proprio il settore terziario risultò determinante per il mantenimento dei livelli occupazionali, che andarono a incrementarsi di 12.000 unità. Più della metà dell'aumento complessivo degli addetti al terziario riguardò i servizi di consulenza aziendale nonché quelli rivolti all'organizzazione produttiva, con un'esplosione dei servizi informatici, in conseguenza dei grandi progressi tecnologici compiuti dal settore. L'inizio degli anni Novanta segnò la fine della fase espansiva dell'economia che, durata per tutto il decennio precedente, condusse a una crisi e a una serie di ristrutturazioni riguardanti il settore industriale e alcune attività dei servizi (che comunque per tutto il periodo 1990-1998 continuarono a mantenere complessivamente un saldo positivo). Particolarmente danneggiati da un bilancio negativo, alla fine degli anni Novanta, sono stati i comparti del commercio, che hanno subito un ridimensionamento del numero degli addetti (−16.354). In seguito, con presenze di rilievo in tutte le divisioni produttive, l'industria lombarda ha progressivamente modificato, nel quinquennio 2000-2005, i suoi assetti strutturali tanto da far prevalere le medie imprese integrate in un sistema locale altamente dinamico di piccole imprese a forte specializzazione. La crescente terziarizzazione e la ristrutturazione industriale, indirizzate sia alle imprese di mercato sia ai servizi di rete, hanno condotto a un aumento della disoccupazione (la cui quota continua, comunque, a essere inferiore al 5% rispetto alla media nazionale del 10%) e al difficile inserimento dei lavoratori nel circuito produttivo. Il fenomeno di progressiva terziarizzazione dei sistemi produttivi appare, del resto, legato al raggiungimento di una maturità economica e al superamento di una certa soglia di benessere che indirizza la popolazione regionale alla domanda di consumi, o servizi, 'superiori', capaci di aumentare più che proporzionalmente rispetto agli innalzamenti del reddito. Questo stato di cose è strettamente correlato all'incremento della produttività nel settore industriale che, comunque, grazie all'utilizzazione di tecnologie avanzate, ha determinato un contenimento della forza lavoro nella produzione di beni materiali, con relativo aumento della disoccupazione. Lo sviluppo di nuove attività terziarie, sempre più dedite all'utilizzo di tecnologie informatiche di alta precisione, ha portato al potenziamento di programmi applicativi e a una crescente estensione della complessità delle relazioni economiche, sempre più transnazionali, rese possibili dallo sviluppo di competitivi servizi di comunicazione. La cessione in outsourcing di unità produttive autonome e la loro riclassificazione secondo il settore merceologico hanno incrementato la domanda di servizi innovativi, soprattutto da parte delle numerose imprese di piccole e medie dimensioni, impossibilitate a produrli al loro interno. Il quinquennio 2000-2005 è stato un periodo di ristagno economico, che ha esaurito i propri effetti nel terzo trimestre del 2005, allorché si è avuto un aumento della produzione industriale dello 0,8%, un rallentamento nel calo delle aziende artigiane (−2,1% su base annua) e una ripresa dell'export. Il fatturato delle industrie, infatti, è cresciuto su base annua sia nella componente estera (+1,2%) sia in quella interna (+0,1%), con particolare rilevanza nel settore della carta-editoria, del legno-mobilio e delle calzature. Dal punto di vista congiunturale, l'analisi per destinazione economica dei beni ha mostrato un recupero dei beni d'investimento e di consumo che ha incrementato i livelli produttivi su base annua dell'1,1% e dello 0,9%, mentre è risultata in calo la produzione dei beni intermedi. Particolarmente positivi i risultati di attività settoriali legate alla chimica (+2,3%), all'alimentazione (2,2%) e ai mezzi di trasporto (+1,5%). Per quanto riguarda l'occupazione, il 2005 ha portato a un assestamento leggermente negativo nell'industria (−0,2%) e più marcato nell'artigianato (−1,0%). Il settore agricolo continua a rappresentare una realtà più contenuta dal punto di vista occupazionale e della redditività rispetto alle principali grandezze macroeconomiche della regione. Ciò non di meno, alcune produzioni vitivinicole e zootecniche sono riuscite a immettersi con ottimi risultati nel mercato europeo, aiutate dall'alta specializzazione dei servizi, dalla forte meccanizzazione e dall'eccellente posizione di convergenza con alcune fra le principali direttrici dei traffici nazionali e transnazionali. La vocazione alle relazioni commerciali con il resto del mondo rimane una delle caratteristiche principali di tutti i sistemi economici territoriali della regione. Nei primi sei mesi del 2005, la L. ha registrato il più elevato incremento delle esportazioni (+8,6%) che, capaci di incidere per il 28,7% sul totale nazionale, sono state spinte soprattutto dal settore metalmeccanico e da quello chimico. Oltre i due terzi delle importazioni e delle esportazioni regionali sono legati agli interscambi con i Paesi dell'Unione Europea, in particolar modo con la Germania, la Francia e il Regno Unito, mentre è risultato in aumento l'interscambio con i Paesi dell'Europa dell'Est, dell'Estremo Oriente e dell'America Settentrionale. Proprio Milano, con la sua provincia, assolve un ruolo d'intermediazione importantissimo con il contesto internazionale concentrando, da sola, la metà delle esportazioni e più della metà di tutte le importazioni regionali. Altre quote di rilievo, per quanto concerne le importazioni, sono registrate dalle province di Varese, Bergamo e Brescia, mentre di particolare rilevanza per le esportazioni, assieme alla già menzionata provincia di Milano, sono risultate quelle di Mantova e Como.