LOMELLO
(lat. Laumellum)
Centro della Lombardia (prov. Pavia), ubicato su di un dosso che domina la riva destra del fiume Agogna, presso la confluenza con il Po, in un sito che risulta frequentato dalle fasi avanzate della tarda età del Bronzo (secc. 12°-10° a.C.).Tra il sec. 7° e il 5° a.C. venne introdotta la cultura golasecchiana da popolazioni di stirpe ligure - ligure è ritenuto il toponimo L. -, mentre dopo l'invasione dei Galli nel sec. 4° i corredi funerari rivelano una decisa impronta celtica. Si ritiene che in età romana L. dipendesse amministrativamente da Ticinum (od. Pavia), e da L. proviene un'iscrizione che ricorda un membro della tribù Papiria, alla quale sono iscritti dal 42-41 a.C. i cittadini di Ticinum.Mentre la Lomellina non risulta interessata dal fenomeno della centuriazione e non è provato che il sito divenisse un municipium autonomo, L. è certamente una delle stationes della strada che, connessa a S con il tratto Tortona-Piacenza della via Postumia, dopo Ticinum raggiungeva Cuttiae (od. Cozzo), per proseguire poi in due rami, uno in direzione di Augusta Taurinorum (od. Torino) e il Monginevro, l'altro verso Augusta Praetoria (od. Aosta) e i passi del Piccolo e del Gran San Bernardo; il toponimo è citato - e in un caso ricordato come mansio - dalle antiche fonti itinerarie. Tracce dell'organizzazione urbanistica antica potrebbero essere identificate nell'area orientale dell'attuale abitato, in relazione al ritrovamento di reperti significativi - un edificio con pavimento a mosaico e, a un livello sottostante, una sorta di horreum - e alla stessa persistenza del reticolato viario a isolati rettangolari.Prima del 1875 erano ancora visibili, verso N, resti delle mura che circondavano per due terzi l'altopiano di Santa Maria, ma solo un breve tratto è stato individuato in corrispondenza del settore nordorientale; porzioni importanti della più antica cinta muraria, pertinenti al settore occidentale, sono identificabili alla base della facciata della chiesa di S. Maria Maggiore e nel muro esterno dell'antica canonica. Una campagna di scavi, condotti tra il 1984 e il 1991, in corrispondenza del settore nordoccidentale delle mura, all'interno della cinta antica ma all'esterno del castrum medievale, ha evidenziato una porta, correlata alla strada verso Ticinum e affiancata verso S da una struttura di notevole spessore, forse una torre, emergente verso l'esterno: all'interno della porta una struttura ad andamento curvilineo farebbe pensare a una corte interna; la strada afferente alla porta era larga m. 3,50 circa. Il tracciato delle mura, ricostruibile nel settore occidentale per m. 160 ca., presenta uno svolgimento ellittico riferibile alla conformazione naturale del sito piuttosto che a un tracciato geometrico. Il largo impiego di materiale laterizio, tipico dell'Italia padana centro-occidentale, caratterizza sia il nucleo, composto di strati di conglomerato con frammenti laterizi disposti a spina di pesce e corsi di mattoni di altezza variabile, sia il paramento. Il tracciato delle mura doveva essere scandito da torri: una di esse è stata individuata sul lato meridionale della porta emersa dallo scavo del 1984, mentre i ruderi di una torre massiccia sono conservati a N della facciata di S. Maria Maggiore. Attualmente ascritte a età tardoromana anche sulla base del confronto con i livelli del battistero longobardo, le mura di L. non hanno ricavato sicure indicazioni cronologiche dalle indagini stratigrafiche, ma l'applicazione del metodo della termoluminescenza su campioni provenienti da settori diversi ha fornito risultati concordanti (414±490). Presupponendo che si tratti di un primo utilizzo, l'imponenza del tracciato difensivo di L. è stata connessa a iniziative pubbliche di grande portata, tese al potenziamento difensivo del sistema viario dell'Italia settentrionale tra il 3° e il 4° secolo.Mentre l'esistenza di una necropoli cristiana sembra provata da un cippo del 544, all'inizio del regno longobardo L. viene ricordata in riferimento all'incontro di Teodolinda e Agilulfo nel 590 (Paolo Diacono, Hist. Lang., III, 35), mentre secondo la narrazione dello pseudo-Fredegario (Chronicon, IV, 51) Gundeberga fu imprigionata nel 620 "in Laumello castro in unam turrem", citazione che sembra identificare L. come centro fortificato.Se un comes Laumellensis è ricordato nel 953 (Dragoni, 1948, p. 32), i suoi successori, nominati conti palatini all'inizio del sec. 11°, poterono promuovere la ricostruzione della struttura imponente della collegiata di S. Maria, la cui facciata è allineata con la cinta urbica tardoantica, come per es. il S. Giusto di Susa; la prima menzione della pieve di L. compare in una convocazione del clero della diocesi di Pavia intorno al Mille (Pflugk Harttung, 1884). L'espansione del settore meridionale dell'abitato risale almeno all'età romanica, come sembrano attestare la chiesa monastica di S. Agata (sec. 11°) e quella gotica di S. Maria in Galilea. È stato ipotizzato un nesso tra l'abbandono della cinta antica e l'espugnazione di L., alleata di Milano, da parte dei Pavesi al tempo delle lotte comunali. Dopo l'estinzione del ramo principale dei conti di L., il passaggio ai Visconti si correla alla fortificazione del borgo e alla costruzione del castello, probabilmente prima del 1375, perché in quell'anno una proprietà risulta delimitata dal fossato castri novi e da quello castri veteris (Zucchi, 1904, p. 320). La nuova cinta muraria sembra connessa alla protezione del settore in cui è posta S. Maria, comportando il progressivo abbandono dell'area nordoccidentale, disabitata prima del Quattrocento, secondo le risultanze degli scavi di villa Maria; il castello fu ubicato nel settore sud del dosso, poco sopraelevato rispetto alla pianura circostante, entro una zona che sembra mantenere le coordinate dell'area settentrionale. Nel 1450 Antonio Crivelli fu investito del feudo di L. e compì interventi sul castello, come evidenzia il ponte levatoio sovrapposto alla nicchia con l'emblema dei Visconti.Agli albori del sec. 7° viene ascritto il battistero, per il quale si è ipotizzata la preesistenza di un impianto paleocristiano sulla base dell'orientamento diversificato della vasca battesimale, entro la quale sono state identificate tracce di un fonte più antico. Lo schema planimetrico, di ascendenza paleocristiana, a nicchie estradossate alternatamente semicircolari e rettangolari, fa registrare l'amplificazione dell'abside orientale, mentre la semplice giunzione a spigoli vivi delle superfici parietali delle nicchie, prive di nessi plastici angolari, sottolinea la tersa evidenza funzionale dell'invaso interno. La scansione delle cortine murarie esterne è segnata da ampie monofore non strombate e dalla tessitura lineare di alti rincassi cuspidati, per i quali sono stati citati riferimenti di diversa cronologia e ambito territoriale - dal battistero di Poitiers, alla Torhalle di Lorsch, all'architettura anglosassone tarda - senza dimenticare la torre di S. Michele alla Pusterla di Pavia. La spoglia configurazione dell'invaso interno si deve integrare con il frammento di litostroto in opus sectile dell'abside, con l'ipotizzato complemento in stucco delle ghiere delle nicchie e, in corrispondenza della zoccolatura perimetrale, di un velum dipinto con motivi romboidali e circolari su fondo bianco. A quest'ultimo si riconnette anche l'ornamentazione dipinta della vasca battesimale, vicina alle lastre di età teodolindea e caratterizzata da elementi romboidali entro cornici rettilinee e da una croce entro arcata.La trasposizione dell'immagine in forme rigorosamente geometrizzanti caratterizza una lastra frammentaria del sec. 7°, inserita nel paramento murario esterno della chiesa di S. Maria Maggiore. Per quest'ultima, una fase altomedievale si documenta soltanto attraverso i resti murari individuati, a un livello intermedio tra il battistero e la chiesa, durante uno scavo condotto nella navata settentrionale di S. Maria, frammenti che non sono stati finora correlati alla restituzione architettonica della chiesa altomedievale.Nella collegiata di S. Maria Maggiore si registra la precoce sperimentazione del lessico architettonico romanico, secondo un progetto avviato intorno al 1020 e progressivamente portato a termine nei decenni centrali dell'11° secolo. Più che l'allineamento della facciata con la cinta urbica tardoantica, il ritrovamento di frammenti murari altomedievali entro la navata settentrionale può spiegare l'irregolarità del tracciato planimetrico del corpo longitudinale tripartito, connesso a un transetto basso absidato e a un'abside centrale preceduta da un coro rettangolare; della cripta a oratorio, sottostante l'abside e il coro, resta soltanto la modulazione parietale con semicolonne, capitelli ad angoli smussati e archi incastrati. L'assetto del settore orientale e della campata d'incrocio rettangolare, che trova riferimenti anche in esperienze padane databili entro o intorno alla metà del sec. 11° - dall'abbaziale di Fruttuaria al duomo di Bobbio e di Acqui Terme -, non induce un modulo unitario per la scansione dell'intera compagine strutturale. Tuttavia, l'elaborazione del sistema alternato si organizza attraverso l'articolazione dei pilastri, connessi alternatamente a diaframmi trasversali dotati di bifore o a montanti legati alla copertura lignea attraverso piedritti lignei conformati a pilastrini; la progressione gerarchizzata delle campate, pur non esplicitata dalla successione uniforme dei pilastri - quasi un'espansione del pilone circolare, modulato attraverso risalti e curve, piuttosto che un vero pilastro articolato -, è tuttavia ribadita dalla contiguità con le volte a crociera delle navate laterali. Alla strutturazione innovativa della collegiata di L. era applicato un rivestimento organico ad affresco e stucco: tracce di affreschi sottolineavano sui muri trasversali l'aderenza della copertura lignea e brani dell'ornamentazione affrescata con tralci stilizzati sono conservati nell'intradosso delle bifore e delle monofore absidali. Dell'originaria decorazione in stucco rimane una figura acefala di guerriero in tunica, aderente al settore orientale della parete finestrata della navata centrale, ma altri frammenti figurali, tra i quali è stato ricostruito un guerriero vestito di lorica, presentano la stessa volumetria piena, siglata in superficie dalla ritmica delle profilature lineari. Per le figure in stucco è stata ipotizzata un'incorniciatura architettonica ad arcate su colonnine, simile a partizioni architettoniche dipinte includenti profeti o apostoli o alla decorazione plastica di S. Caprasio ad Aulla (prov. Massa Carrara) o della margella da pozzo di S. Bartolomeo all'Isola a Roma: due testimonianze del linguaggio figurativo ottoniano cui appartengono anche gli stucchi lomellini, affini a quelli del ciborio ambrosiano e agli avori milanesi a esso collegati.Si data al tardo sec. 11° anche la parete finestrata della chiesa di S. Agata, ubicata nel settore meridionale, esterno alla cinta urbica antica. La tipologia degli archetti pensili dal peduccio a goccia, scanditi da lesene in gruppi di tre, quattro e cinque, e delle monofore a doppia strombatura liscia può essere riconnessa alla stessa S. Maria Maggiore o al S. Maiolo di Pavia.Fuori dalle mura, nella zona sudorientale dell'antico centro urbano, era ubicata la chiesa di S. Michele, nella quale l'alternanza del sistema è evidenziata anche dalla sequenza dei pilastri articolati, alternati a piloni circolari. L'organizzazione del settore orientale - transetto poco emergente e basso, in origine dotato di absidi, coro e abside centrale alti come la navata centrale - ricorda chiese come S. Maria di Rubbiano, la pieve di Castelnuovo Monti e la chiesa di S. Stefano di Reggio Emilia, ma le volte a botte del transetto, il tiburio e il partito decorativo esterno si riconnettono a chiese pavesi databili alla seconda metà del 12° secolo.
Bibl.:
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