LONGO (Λόγγος, Longus)
È l'autore del famoso romanzo pastorale Dafni e Cloe. Nulla ci è noto di lui, fuorché il nome. L'epiteto di Sofista, aggiunto al nome in qualche ms., ripete l'origine dal movimento letterario della seconda sofistica, cui indubbiamente l'autore appartiene. Che fosse di Lesbo si può indurre con qualche probabilità. Al sec. III d. C. induce ad assegnarlo la considerazione che una raffinatezza di tecnica e di stile, quale è appunto rivelata dal romanzo, appare difficile già nel sec. II, e non più concepibile nel IV.
Il romanzo è un piccolo capolavoro di grazia ingenua, cui l'arte consapevole e raffinata dello scrittore illumina qua e là di un leggiero sorriso. Il motivo consueto dei romanzi greci, l'amore, s'inserisce, non nell'interminabile vicenda di viaggi, naufragi, combattimenti, peripezie tragiche, scene atroci e orripilanti, ma nell'atmosfera calda e luminosa del mondo teocriteo. L'amore di Dafni e di Cloe ha per sfondo non una fantasmagoria di paesi, che la coppia attraversi sospinta dalla Fortuna persecutrice, ma la vicenda eterna ed uguale delle stagioni che si succedono intorno alla semplice vita dei campi: Dafni e Cloe sono due bambini, che, abbandonati dopo la nascita, vengono raccolti e allevati da due famiglie di pastori. Crescono così, pastori anch'essi, e l'amore germoglia nei loro cuori inavvertito. Appena qualche peripezia esterna, qualche nube che, sollevata, dilegua, interviene a turbare a tratti l'idillio felice. L'eredità della tradizione è tutta in questi episodî che, calati entro l'atmosfera irreale del mondo pastorale, attenuano l'originaria durezza e si deformano e sfumano nella caricatura. Attraverso tenui peripezie, il romanzo si chiude con un doppio riconoscimento: i due giovinetti ritrovano i loro genitori che sono ricchi cittadini di Mitilene, ma preferiscono tornare in campagna dove celebrano le nozze e decidono di continuare la loro vita. Il dramma è dunque qui piuttosto interno che esterno, e non è tanto nei tenui episodî quanto nell'interesse psicologico portato sullo sbocciare e il fiorire, istintivo e spontaneo, dell'amore, cui conferisce un acre sapore il contrasto fra la ingenuità, paradossale ma artisticamente vera, dei personaggi, e la raffinatezza dello stilista che la illumina di un lieve sorriso senza distruggere con l'ironia l'incanto creato dall'arte.
Se non cronologicamente, il romanzo di L. è idealmente il termine estremo raggiunto dal romanzo greco. Nato dall'elaborazione letteraria della leggenda amorosa, accolta entro il quadro della storiografia locale (anche il romanzo di Longo portava il titolo Λεσβιακά), esso non riesce, se non qui, per la pr) ma e l'unica volta, a liberarsi dal peso degli elementi tradizionali, e a farsi una forma d'arte viva e vitale.
Ediz.: Editio princeps la Giuntina, Firenze 1598; con commento di Seiler, Lipsia 1843; poi negli Erotici di Hirschig, Parigi 1856, e di Hercher, Lipsia 1858; di J. M. Edmonds nella Loeb Classical Library, Londra 1916.
Bibl.: E. Rohde, Der griech. Roman, 3ª ed., Lipsia 1914, p. 531 segg.; A. Calderini, nei Proleg. alla trad. di Caritone, Torino 1913; B. Lavagnini, Le origini del romanzo greco, in Ann. della Scuola normale sup., XXVIII, Pisa 1921.