ABERDEEN, lord George Hamilton-Gordon
Uomo di stato inglese, nato ad Edimburgo il 28 gennaio 1784 da una famiglia scozzese devota agli Stuart, morto a Londra il 14 dicembre 1860. Dopo la morte del padre, lord Haddo, fu educato sotto gli auspici di tutori, fra i quali era William Pitt, e, non ancora ventenne, viaggiò in Francia, dopo la pace di Amiens. Recatosi in Grecia, ne trasse motivo per fondare l'Athenian Society. Nel 1801 succedette al nonno nella paría scozzese come quarto conte di A. e nel 1806 fu scelto come uno dei pari rappresentativi di Scozia, aventi seggio nella Camera dei lords. Sostenne il governo Tory, che nel 1812 lo inviò come ambasciatore a Vienna, per consolidare il distacco della monarchia austriaca dall'alleanza con Napoleone. Nel 1813 firmò il trattato anglo-austriaco e, riarsa la guerra, accompagnò al fronte l'imperatore Francesco, rappresentando l'Inghilterra nelle conversazioni di Francoforte e nel congresso di Châtillon, che furono piuttosto schermaglie destinate a illudere la Francia che serie trattative. L'A. affermava allora che l'evacuazione dell'Italia da parte delle truppe francesi era una delle condizioni della pace. Partecipò ancora ai preliminari del trattato di Parigi, ma, essendo intervenuto direttamente nei negoziati lord Castlereagh, egli si trasse in disparte; fu ricompensato in quello stesso anno 1814 dei servigi diplomatici da lui resi colla nomina a pari del regno unito come visconte Gordon di Aberdeen. Nel Gabinetto presieduto dal duca di Wellington, fu, nel gennaio 1828, cancelliere del ducato di Lancaster, poi, dal giugno 1828 al novembre 1830, segretario di stato per gli affari esteri. Nel 1834 sir Robert Peel lo chiamò al Ministero delle colonie e l'anno seguente gli pose a fianco come segretario il giovane Gladstone, che da quel momento si strinse a lui colla più devota amicizia. Lo stesso Peel affidò nel 1841 il portafoglio degli esteri a lord A. che lo tenne per ben cinque anni, segnalandosi per quel suo spirito mite e conciliante di fautore della pace e di tenace assertore del principio del non intervento. Questo suo atteggiamento giovò assai ad attutire le difficoltà colla Francia, che si presentarono ripetutamente in quel torno di tempo e furono tutte superate dall'A. d'accordo col Guizot, primo ministro di Luigi Filippo. Nel 1845 intervenne nella discussione alla Camera dei lords, riguardante il passaporto britannico arbitrariamente usato da Nicola Ricciotti e le segnalazioni fatte da agenti britannici al governo austriaco dei moti che si preparavano in Italia. Mentre smentì di aver rivelato nomi di cospiratori, si rese solidale, in sostanza, col collega sir James Graham, accusato di violazione del segreto epistolare a danno del Mazzini. Quando sir Robert Peel fu abbattuto dagli avversarî del libero scambio, lord A. lo seguì, e dopo la morte di lui rappresentò gli antichi suoi seguaci in un ministero di coalizione col partito Whig, che egli costituì nel 1852, riserbandosi il portafoglio del tesoro. Alla vigilia di questo passo decisivo verso la sua separazione dai vecchi conservatori, lord A., che per tanti anni era rimasto cristallizzato nella sua formola del non intervento, vide il suo nome additato all'opinione liberale di tutto il mondo, e segnatamente dell'Italia, come il destinatario delle infiammate lettere di denuncia dei metodi incivili del governo napoletano, indirizzategli dal Gladstone. Sebbene lord A. si fosse lasciato un poco forzare la mano dal suo giovane amico in una campagna così violenta contro un governo estero, la generosità del suo animo ed il suo senso innato di giustizia lo indussero a considerare tali divergenze di metodo come secondarie in confronto alla sua sostanziale solidarietà col Gladstone. Durante il suo ministero, questo perfetto gentiluomo, schiavo del punto d'onore, si trovò trascinato dall'inasprirsi della questione d'Oriente alla guerra contro la Russia, che le sue antiche convinzioni favorevoli al mantenimento dell'equilibrio europeo, quale lo avevano consolidato lunghi anni di pace ininterrotta, lo avrebbero spinto ad evitare con tutte le forze. I suoi collaboratori, lord John Russell e lord Palmerston, che erano privi, soprattutto il secondo, di quel singolare dono di nobile candore tanto ammirato dal Gladstone in lord A., furono forse i responsabili della situazione dalla quale fatalmente doveva derivare la guerra. Appunto perché il primo ministro non sapeva di dover affrontare con le armi alla mano la Russia e deprecava tale eventualità, parve ìmpari alle necessità della guerra, una volta che questa fu dichiarata. Perciò dovette dimettersi nel gennaio del 1855, in seguito ad un voto della Camera dei comuni, che preconizzava un'inchiesta sulla condotta della guerra. Così ebbe termine in modo poco fortunato l'attività politica svolta per mezzo secolo da uno dei più tipici rappresentanti dell'aristocrazia inglese, palesatosi miglior ministro degli Esteri che capo del governo, per l'eccesso delle stesse sue doti che lo trattenevano dall'imporre la sua volontà a colleghi invadenti ed anche a semplici funzionarî, come l'ambasciatore inglese a Costantinopoli, lord Stratford Canning.
Bibl.: Suo figlio lord Stanmore ne scrisse la biografia, pubblicata a Londra nel 1893. Vedansi pure: Spencer Walpole, Life of John Russell, Londra 1889; John Morley, The life of William E. Gladstone, Londra 1903, segnatamente l'appendice al 2° volume, che contiene una lettera del Gladstone a lord Stanmore, consacrata alla biografia di lord A.