PINTO, Lorenzo Bernardino
PINTO, Lorenzo Bernardino. – Nacque a Bianzè (Vercelli) il 9 agosto 1704, figlio del chirurgo Giuseppe Ferdinando Antonio e Petronilla Pinto (De Meester de Betzenbroeck, 1980, p. 5).
La sua era una tipica famiglia della media borghesia piemontese; il nonno Gian Giacomo, anch’esso chirurgo, godeva di una certa agiatezza ed ebbe la possibilità il 23 novembre 1651 di fondare a Pecetto (TO) una cappellania dedicata alla Beata Vergine della Neve (Mola di Nomaglio, 2006, p. 27).
Pinto entrò a far parte dell’esercito del Regno di Sardegna nel 1730, quando ottenne i gradi di sottotenente di artiglieria. I suoi superiori nel 1734 lo giudicavano capace nella comprensione della «Fortificazione e Profilli, ed applicandosi riuscirà buon ufficiale de Minatori» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie Militari, Impieghi, mazzo 2 d’addizione, Stato dell’Anzianità, Capacità, e Caratteri degl’Uffiziali del Battaglione d’Artiglieria di S.S.R.M.), raccomandandolo per la promozione a tenente il 18 maggio 1737.
Collocato nel corpo degli ingegneri con il grado di capitano, durante la guerra di successione d’Austria (1740-48) venne trasferito nell’agosto del 1744 presso la piazzaforte di Cuneo, dove partecipò alla difesa della piazza agli ordini del maggior generale barone Friedrich Wilhelm von Leutrum, ottenendo i gradi di maggiore. Leutrum e Pinto diverranno una coppia di comandanti molto affiatati tra di loro, in grado di gestire al meglio la difficile situazione dell’assedio (15 settembre - 21 ottobre 1744) messo in atto dalle truppe franco-spagnole. Il capitano degli ingegneri fu sempre presente nelle primissime linee e il 18 ottobre 1744, mentre controllava lo stato delle murature della ridotta di Stura, fu sepolto dallo scoppio di una mina avversaria che decimò il presidio. Pinto fu estratto dalle macerie dai soldati superstiti, svenuto, mezzo soffocato, ma vivo.
L’ottima prova data a Cuneo sotto il fuoco nemico gli garantì il 24 ottobre 1744 la promozione al grado di luogotenente colonnello del corpo reale degli ingegneri (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Patenti del Controllo Generale delle Finanze, mazzo 18). Poco più tardi Leutrum, divenuto tenente generale, lo volle al suo fianco anche durante la controffensiva sabauda contro le forze franco-spagnole agli inizi del 1746. Tale azione portò alla riconquista di Asti e alla liberazione del blocco della cittadella di Alessandria. Nell’inverno dello stesso anno, tra i mesi di novembre e dicembre, ebbe la direzione dell’assedio della fortezza del Priamar nel porto di Savona, che costrinse alla resa dopo 18 giorni di combattimento. Il re Carlo Emanuele III decise di conferire a Pinto il 28 aprile 1747 la croce di cavaliere dell’Ordine Mauriziano (de Gregori, 1824, p. 273).
Il 17 luglio 1755, alla morte del conte Ignazio Bertola, venne promosso colonnello del corpo reale degli ingegneri (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Patenti del Controllo Generale delle Finanze, mazzo 28). Con questo incarico iniziò i lavori di rifacimento del forte di Exilles e del forte di Demonte. Il 12 gennaio 1761 ottenne il grado di brigadier generale di fanteria (ibid., mazzo 33) e il 23 gennaio 1767 acquistò per 5000 lire il titolo di conte di Barri di Massone, oggi parte dell’attuale quartiere Fabron nella città di Nizza Marittima (Manno, 1895, p. 22). L’8 marzo 1771 Pinto ottenne una nuova promozione, ascendendo al grado di maggior generale di fanteria (ibid., mazzo 45). Tuttavia l’acquisto del titolo comitale e il mantenimento della sua vasta prole, quindici figli nati dal matrimonio con Marianna Dunand, «figlia di Carlo Dunand, uffiziale degli archibugieri della Guardia Reale, e di Francesca Roussillon» (Claretta, 1899, p. 629), gli provocarono gravi dissesti finanziari. Inoltre, nonostante l’eccellente stato di servizio, i progetti e le iniziative di Pinto trovavano molte resistenze, e «benché molto stimato dotto dal re Carlo Emanuele III, era stato poco favorito dal Ministro della Guerra, Conte Bogino, che favoriva con qualche parzialità il conte d’Exilles (Francesco Antonio Bertola), figlio del comandante Bertola, primo architetto militare, e seguitando la carriera del padre, era naturalmente troppo emulo del colonnello Pinto. Il Disfavore del conte Bogino fu a quest’ultimo un titolo di più per avanzarsi nella grazia del nuovo sovrano» (Denina, 1809, pp. 77-78).
Alla morte di Carlo Emanuele III, avvenuta nel 1773, e subito dopo il licenziamento del ministro Bogino, Pinto chiese immediatamente un sussidio al nuovo sovrano Vittorio Amedeo III, che concesse agli ultimi cinque figli di Lorenzo Bernardino una pensione vitalizia di 200 lire l’anno ciascuno (Negri, Rosso, 1998, p. 147). Il re pianificò con il suo ingegnere la sistemazione strategica della frontiera orientale del Regno, incentrata sulla presenza del nuovo forte di S. Vittorio a Tortona, il cui cantiere venne avviato nel 1773 con una palese funzione antiaustriaca.
Pinto valutava ormai le operazioni di assedio come un prolungato duello di artiglierie; pertanto il corpo centrale del forte fu interamente costituito da edifici casamattati, ordinati su più piani e a prova di bomba, le cui strutture erano utilizzate come ricovero per la guarnigione, magazzini per l’attrezzatura bellica e, all’occorrenza, potevano ospitare pezzi di artiglieria.
L’ingegnere piemontese negli anni 1760-70 aveva condensato le sue idee in merito all’architettura fortificata in un volume manoscritto intitolato Traité de fortification (Torino, Biblioteca Reale, Manoscritto Militare 370) che aveva dedicato al principe di Piemonte, il futuro re Vittorio Amedeo III. Pinto era in pratica giunto alle stesse conclusioni del più celebre ingegnere francese Marc René de Montalembert i cui concetti, considerati la base della fortificazione ottocentesca, furono dati alle stampe tra il 1776 e il 1796 con il titolo di La fortification perpendiculaire, mentre a Tortona si lavorava già da tre anni per realizzare un forte che sembrava concepito in perfetta sintonia con le idee espresse dall’ingegnere francese. Le strutture del forte di S. Vittorio non erano particolarmente estese e la pianta, a forma di rettangolo irregolare, aveva il lato minore di 150 e quello maggiore di 200 metri di lunghezza. Visto dall’esterno si presentava però come una macchina da combattimento impressionante, essendo dotato di cortine alte 50 metri con quattro ordini di tiro casamattati sovrapposti; visivamente ricordava più un vascello da guerra, assai simile come concezione e particolari costruttivi alla fortezza di Ehrenbreitstein a Coblenza (1817) o al forte di Bard in Valle d’Aosta (1830) che non ad altre fortezze coeve (Wien, Österreichische Staatsarchiv, Kriegsarchiv, Ausland III, Tortona; Einzelne Teile 103, Italien; Wien, Österreichische Staatsarchiv, Kriegsarchiv, 843 E, Tortona. Descrizione generale tipografica e militare della città, e forte).
Il 28 agosto 1774 il sovrano gratificava Pinto con il grado di luogotenente generale e l’incarico di capo del corpo degli ingegneri (Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie Militari. Impieghi, mazzo 2 d’addizione, Promozione d’Ufficiali Generali). Il 23 ottobre 1779 ricevette la gran croce dell’Ordine Mauriziano (de Gregori, 1824, p. 273) e il 15 dicembre 1780 i galloni di generale di fanteria (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite. Patenti del Controllo Generale delle Finanze, mazzo 58).
Morì a Torino il 18 marzo 1788 mentre intorno al forte di S. Vittorio di Tortona ancora dovevano essere terminati i lavori.
Inizialmente sepolto presso il pubblico cimitero di Torino, il suo corpo fu in seguito tumulato per espresso ordine di Vittorio Amedeo III nella chiesa del Beato Amedeo posta all’interno della piazza tortonese (de Bartolomeis, 1847, p. 653). Durante le operazioni di demolizione della fortezza, Napoleone ordinò che le spoglie dell’ingegnere fossero trasferite ad Alessandria. I resti dell’ingegnere furono deposti nell’ossario collocato dietro il coro della chiesa di S. Maria Canale a Tortona (Claretta, 1899, pp. 629-630).
Fonti e Bibl.: C. Denina, Istoria dell’Italia Occidentale, V, Torino 1809, pp. 77-79; G. de Gregori, Istoria della Vercellese Letteratura ed Arti, IV, Torino 1824; L. de Bartolomeis, Notizie topografiche e statistiche sugli Stati Sardi, IV, 2, Torino 1847, p. 653; A. Manno, Dizionario Feudale degli Antichi Stati Continentali della Monarchia di Savoia, Firenze 1895, p. 22; G. Claretta, I Marmi scritti della Città di Torino e de’ suoi sobborghi, Torino 1899, p. 629; J.R. De Meester de Betzenbroeck, Histoire de la Maison de Pinto, s.l. 1980, p. 5; S. Negri - G. Rosso, L’ingegnere militare L. B. P., in Bollettino storico vercellese, XXVII (1998), 2, pp. 145-147; G. Mola di Nomaglio, Feudi e nobiltà negli stati dei Savoia: materiali, spunti, spigolature bibliografiche per una storia, con la cronologia feudale delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese 2006, p. 27.