BOTTINI, Lorenzo
Nacque a Lucca il 16 giugno 1849 dal marchese Giovanni Battista e da Teresa Mazzarosa, in un'antica famiglia patrizia nota per la sua tradizione di costante fedeltà alla Chiesa. Mandato a Roma a studiare legge, non andò oltre il baccellierato, e preferì dedicarsi a studi di storia del cristianesimo. Fin dalla giovinezza partecipò con entusiasmo alle nuove organizzazioni cattoliche, occupando posti di responsabilità nella Pia aggregazione cattolica lucchese (sorta all'inizio del 1849 sul modello di altre società consimili costituitesi in Germania e in Francia), e successivamente fu promotore e animatore del Circolo della gioventù cattolica del Volto Santo, aggregato l'8 apr. 1871 alla società della Gioventù cattolica italiana che aveva sede a Bologna. In rappresentanza della Pia aggregazione cattolica lucchese, il B. partecipò ai primi congressi cattolici di Venezia (1874) e di Firenze (1875), fungendo entrambe le volte da segretario. Dal 1879 fu membro attivissimo del Comitato permanente dell'Opera dei Congressi e vicepresidente del Comitato regionale toscano.
Ma la capacità di organizzatore del B. si manifestò appieno soltanto dopo il VII Congresso cattolico, riunitosi a Lucca nel 1887, in cui egli tenne un'importante relazione su La questione operaia e la corporazione cristiana (Lucca 1887), che rivela una seria preparazione sulle questioni sociali, ben lontana dalla superficialità che fino allora aveva caratterizzato l'interesse sociale dei cattolici; notevoli sono anche certe coraggiose affermazioni sul problema operaio che contrastano vivamente con l'incomprensione fino allora dimostrata, almeno a Lucca, verso di esso.
Frattanto già nel 1886 il B. aveva fondato l'Esare, il giornale che finanziò e diresse per trent'anni e che si intitolava dall'antico nome del Serchio. Prima bisettimanale, l'Esare divenne quotidiano a partire dal 1894.
Così il B. poteva vantare che proprio i clericali, considerati nemici del progresso, erano stati i primi e pubblicare a Lucca un giornale quotidiano che "sorge col fermo proposito di ravvivare quel sentimento religioso di consolidare la fede in quei dogmi e di far rinascere quell'amore che vengono invocati come rimedio ai mali presenti... Sorge per sostenere quella fede religiosa che avrebbe impedito la propagazione delle teorie anarchiche... e come rimedio ai mali estremi prodotti dal moderno positivismo" (Esare, VIII [1894], 1). Quando l'Esare nacque, la stampa cattolica a Lucca vivacchiava alla meglio tenuta in vita dai settimanali Il Fedele e L'Amico del popolo, timidi continuatori della Pragmalogia cattolica e dell'Araldo. Di piccolo formato, di basso costo, ravvivato dallo stile arguto del B., che ne fu anche il principale collaboratore e l'anima, soprattutto rivolto all'esame dei problemi cittadini, l'Esare divenne presto il più diffuso tra i giornali che si vendevano a Lucca e contribuì decisamente alle vittorie dei cattolici nelle elezioni amministrative e, a mano a mano che si andò allentando il vincolo del non expedit, la sua influenza si fece notevolmente avvertire anche nelle elezioni politiche.
Definendosi "clericale" ma non "codino", il B. accettava di fatto il nuovo ordine politico, pur dichiarando di "non morire di tenerezza per un governo come questo che ci sostiene come la corda sostiene l'appiccato"; affermava però di non desiderare neppure "che l'Italia fosse nuovamente ridotta in pillole" ma voleva "che il progresso intellettuale e materiale camminasse di pari passo col progresso morale" (Esare, III [1889], 17).Favorevole perciò all'intervento dei cattolici nella vita politica, il B. era intransigente nei principî, ma transigente nella scelta dei mezzi, sempre pronto a dare un giusto riconoscimento nell'azione alle esigenze tattiche, ben lontano quindi dal massimalismo, intransigente dei primi anni dopo il '70.Nei riguardi della questione romana il B. sostenne la possibilità di una conciliazione sulla base di accordi bilaterali liberi, abbandonando l'intransigente richiesta di una resa senza condizioni su cui si basavano le prospettive di una pace fra Stato e Chiesa (M. Stanghellini-U. Tintori, p. 187).
Nel 1889 il B. fece parte, con Giuseppe Toniolo, Medolago Albani e mons. Callegari, del comitato che fondò l'Unione cattolica per gli studi sociali in Italia il cui statuto fu approvato a Lucca nel maggio 1890. Il B., con la carica di vicepresidente, vi svolse un'intensa attività organizzativa e teorica, collaborando anche all'elaborazione di quel Programma dei cattolici di fronte al socialismo che, steso dal Toniolo, vide la luce sulla Rivista internazionale di studi sociali nel gennaio 1894 e che è più noto col nome di "Programma di Milano".
Esso riconosceva lo stato di profondo malessere sociale che era alla base del successo del socialismo, al quale veniva opposto come unica alternativa il "restauro sociale cristiano" basato sull'amore per la giustizia e la concordia delle classi (in concreto in campo agricolo si doveva favorire la piccola proprietà e la mezzadria; in campo industriale una maggiore partecipazione dell'operaio agli utili dell'azienda, in una visione corporativa dei rapporti tra imprenditori e lavoratori dipendenti); ma uno dei punti di maggiore interesse era dato dall'ammissione che le lotte dei lavoratori potevano essere condotte da organizzazioni sindacali.
Frattanto nel 1893 il B. aveva sostituito il Sacchetti nella direzione del quotidiano romano La voce della verità, mitigandone il duro intransigentismo e arricchendolo di un maggiore interesse per i problemi sociali. Divenuto nel 1895 presidente del Comitato regionale toscano dell'Opera dei Congressi, ispirandosi alle dottrine del Toniolo e con l'aiuto del conte Cesare Sardi e di altri attivi cattolici lucchesi e toscani, promosse la formazione in molte parrocchie delle province toscane dei comitati parrocchiali, e per suo incitamento nacquero numerose società di mutuo soccorso fra operai e artigiani, unioni agricole, nonché casse rurali a favore dei contadini, biblioteche circolanti e corsi di istruzione serale per operai, artigiani e contadini. Con questa azione i cattolici intendevano strappare la classe lavoratrice alle influenze delle organizzazioni operaie socialiste e dei circoli anarchici, e nel contempo miravano a far risaltare l'incuria dello "stato liberale e massonico" nei confronti delle masse popolari. Alla vigilia dei fatti di Milano (1898), che avranno gravi ripercussioni anche in Toscana per lo scioglimento di tutti i comitati diocesani, interparrocchiali e parrocchiali, ordinato dal commissario straordinario gen. Heusch, il B. scriveva: "ed ora il momento si impone perché o il popolo sarà aiutato dai cattolici nelle sue giuste rivendicazioni e rimarrà cattolico, o non lo sarà e probabilmente diverrà socialista, giacché in ultima analisi la questione sociale deve essere risolta fra cattolici e socialisti" (Esare, XII [1898], n. 80). Lo stesso Esare fu soppresso dal 3 giugno al 4 agosto e il 4 giugno fu perquisito il palazzo Bottini. Ma i fatti del '98 e lo sviluppo del movimento democratico cristiano autonomo, da un lato, e delle organizzazioni socialiste, dall'altro, provocarono nel B. e nei suoi immediati collaboratori una crisi profonda che li allontanò per sempre dall'attività organizzativa in campo sociale e li portò a operare esclusivamente sul piano religioso-caritativo. Invano Giuseppe Toniolo e Medolago Albani invitarono il B. alla moderazione avvertendolo che "in alto" si aveva molta benevolenza verso i giovani. A partire dal 1902 l'Esare negò la collaborazione a chi era sospetto di simpatizzare col movimento democratico cristiano autonomo; intanto il giornale iniziava una nuova rubrica nella quale si segnalavano i pericolosi progressi del socialismo nella provincia lucchese. Per il B. e per i suoi immediati collaboratori, uomini amanti dell'ordine, conservatori per nascita ed educazione, scioperi e dimostrazioni popolari erano cose assai peggiori delle vessazioni poliziesche o della soppressione per pochi giorni del proprio giornale. Così, nonostante che il B. il 1º dic. 1899 proclamasse solennemente la ricostituzione dei disciolti comitati, regionale toscano e diocesano lucchese, l'Opera dei Congressi in Toscana che pure in passato aveva dato tanti frutti, ormai alle soglie del '900, era quasi estinta di fatto.
Al suo posto sorgevano, fresche di forze nuove, le associazioni e i circoli democratici cristiani, che a loro volta davano vita a numerose società operaie. Questi gruppi democratici cristiani, benché informati ai principî cattolici e alla dottrina sociale di Leone XIII, non voleva no sottostare alla autorità del Comitato diocesano e di conseguenza all'autorità ecclesiastica, che realmente avrebbe paralizzato ogni loro azione autonoma. Così nel 1901 anche a Lucca, come del resto in quasi tutte le città italiane, lo schieramento era diviso in due parti: da una parte si battevano i clericali della vecchia guardia con a capo il B. e mons. Volpi, dall'altra i democratici cristiani seguaci di don Romolo Murri con a capo il Brancoli Busdraghi e il Fambrini. Questi ultimi, strappata l'approvazione dell'arcivescovo, davano inizio a un'attiva propaganda tra gli operai, riuscendo a creare l'Unione professionale muratori e una Lega cattolica fra le operaie della manifattura tabacchi, facendo fallire il tentativo di una lega socialista in gestazione. Il gruppo era in contatto con Romolo Murri, con Giovanni Bertini, e godeva inoltre della stima del conte Grosoli che, succeduto nella presidenza dell'Opera dei Congressi all'intransigente Paganuzzi, mirava a conciliare le esigenze autonomiste dei giovani democratici cristiani con quelle degli integrafisti cattolici.
Il B., ormai del tutto guadagnato alle posizioni del Sacchetti e fieramente avverso alla linea Grosoli, il 28 ott. 1903, proprio alla vigilia del congresso di Bologna, presentò a Pio X un indirizzo accompagnato da uno schema di statuto circa i rapporti fra i democratici cristiani e la presidenza del Comitato regionale che, se fosse stato accettato, avrebbe segnato la fine del movimento democratico cristiano autonomo (M. Stanghellini-U. Tintori, pp. 263-265). L'indirizzo non ebbe alcuna risposta ufficiale; al congresso di Bologna (1903) l'intervento del B. fu fischiato e sembrò trionfare la linea Grosoli. Ma neppure un mese più tardi, il 18 dic. 1903, un motu proprio di Pio X lasciava intendere come la democrazia cristiana altro non poteva essere che "una azione benefica in favore del popolo, fondata sul diritto di natura e sui precetti del vangelo e che perciò i giovani che vi aderivano avevano l'obbligo strettissimo di prestare "ai vescovi e a chi li rappresentava piena soggezione e obbedienza". Il tenore del motu proprio fa pensare a una larga utilizzazione da parte di Pio X dei suggerimenti dello stesso B. (cfr. Indirizzo del Comitato regionale toscano a S. Santità Pio X. Norme regolamentar,per il secondo gruppo regionale toscanoi in Archivio Bottini). La crisi raggiunse il suo culmine con le dimissioni offerte dal Grosoli e accettate dal papa, e lo scioglimento dell'Opera dei Congressi.
Negli anni seguenti il B. si ritirò del tutto dall'Azione cattolica, pur continuando a dirigere l'Esare;ma questo aveva perduto molto del suo caratteristico tono battagliero: trattava argomenti generali di politica interna ed estera e si occupava in sede locale di questioni genericamente caritativo-religiose. Negli ultimi anni il B. svolse un'attività notevole in seno alla R. Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti, di cui fu anche vicepresidente.
Morì a Lucca l'8 luglio 1930.
Fonti eBibl.: Per la ricostruzione della personalità del B. è indispensabile un'attenta consultazione dell'Esare. Sull'intensa attività svolta dal B. come presidente del Comitato regionale toscano dell'Opera dei Congressi, nell'archivio della Curia arcivescovile di Lucca si trovano relazioni, carteggi e documenti vari. Numerose lettere del B. al Toniolo sono tra le Carte Toniolo presso la Bibl. Ap. Vaticana. Si vedano anche: G. Toniolo, Lettere, a cura di G. Anichini e N. Vian, 3 voll., Città del Vaticano 1952-53, ad Indicem;L. Viani, in Corriere della Sera, 24 luglio 1930; E. Lazzareschi, L. B., in Atti della R. Accad.lucchese di scienze,lett. ed arti, n.s., I (1931), pp. 17-21; E. Soderini, Il pontificato di Leone XIII, I, Milano 1932, pp. 354, 383; G. Spadolini, L'opposizione cattolica da Porta Pia al '98, Firenze 1955, pp. 243, 245, 247, 256, 259, 294; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1955, pp. 236, 239, 247; M. Stanghellini-U. Tintori, Storia del mov. cattolico lucchese, Roma 1958, passim; Aspetti della cultura cattolicanell'età di Leone XIII, Roma 1961, pp. 564, 740, 751; G. Cappelli, La prima sinistra cattolica inToscana, Roma 1962, ad Indicem;F. Malgeri, Storia della "Voce della verità", in Rass. di politica e storia, X (1964), 113, pp. 23 s.; Id., La stampa cattolica a Roma dal 1870 al 1915, Roma 1965, pp. 57, 69, 199; G. De Rosa, Storia del mov. cattolico in Italia. Dalla restaurazione all'età giolittiana, Bari 1966, pp. 346, 526.