COLOMBO, Lorenzo (Renzo)
Nacque a Gallarate, ricca cittadina in provincia di Varese, il 16 febbr. 1856. Il padre Giacomo, era un apprezzato musicista e la madre, Maria Granger, insegnava nella scuola elementare privata della città. Fin da bambino rivelò uno spirito eclettico, ma insofferente alle codificazioni istituzionali. Si dedicò al pianoforte, influenzato dalpadre, ma, soprattutto, per spirito di emulazione nei confronti del fratello Stefano, il quale era considerato geniale nell'esecuzione di opere e concerti. Leggeva moltissimo, specialmente i classici, alternando la lettura al disegno. A tredici anni eseguì ventisette disegni caricaturali (quademetto, fogli di cm 6 × 9, conservato a Gallarate, in collezione privata), in cui sono raffigurati gli abitanti più illustri di Gallarate: medici, insegnanti, viaggiatori di commercio, negozianti. I disegni, alcuni dei quali non finiti, sono in parte a matita, in parte a penna, e lasciano intravedere una spontaneità che rimarrà costante nel suo carattere e nella sua opera. Il più significativo di questi schizzi è un Autoritratto, in cui si rappresenta vecchio scultore con due statue a fianco.
Nel 1870, a soli quattordici anni, modellò i primi bozzetti: erano ancora ritratti di concittadini che egli mostrò a 0. Tabacchi ed a G. Dupré, i quali stavano allora lavorando alle sculture della nuova basilica di S. Maria Assunta. Intanto frequentava le scuole tecniche dove studiava omato e disegno con il professor Giuseppe Knoller, il quale lo incoraggiò a dedicarsi esclusivamente alla scultura. Il Knoller ed il barone Eugenio Cantoni riuscirono ad introdurlo all'Accademia di Brera dove strinse amicizia con il Fraccaroli.
Prima opera documentata del C. è il busto di Francesco Ferrucci (Gallarate, Museo della Società gallaratese di studi patrii) esposto a Milano nel 1875, molto apprezzato dai contemporanei, e che inaugura la serie di opere a soggetto storico. Compiuti gli studi all'Accademia, lavorò a Gallarate ad una serie di medaglioni e busti per le famiglie più importanti della città (Cantoni, Ponti, Durini). Lasciò Gallarate nel 1877 e si stabilì per due anni a Firenze dove apri uno studio in via delle Lane e fu allievo di Giovanni Dupré, lo scultore senese di cui subì il fascino senza però essere mai coinvolto dal suo classicismo di maniera. Nel dicembre 1877 terminò il suo primo gruppo: il bozzetto per Il ritorno dal Golgota (tradotto in bronzo da Eugenio Pellini per il sepolcro della famiglia Martegani nel cimitero di Gallarate), di cui scrisse Antonio Pavan sulla Gazzetta del Popolo di Firenze del 14 dic. 1877. Nel Diario, pubblicato in parte da Claudio Sironi, il C. annotava minuziosamente le sensazioni e le difficoltà affrontate per portare a termine il gruppo che gli sembrava imperfetto soprattutto nelle figure di s. Giovanni e della Maddalena.
Alla fine del 1878 si recò per un breve periodo a Roma dove vide le antichità e le opere di Canova. Andò poi a Torino, alla scuola di Odoardo Tabacchi, l'allievo di Tenerani, di cui non sopportava le imposizioni stilistiche. A Torino eseguì l'Angelo per la cappella Ponti (Gallarate, Cimitero maggiore, mausoleo Ponti). Dal 1880, per due anni, soggiornò a Genova dove tuttavia la sua attività non è documentata. Nel 1882 partì da Genova diretto in Spagna, ma si fermò a Marsiglia. Ad una mostra d'arte nazionale concorse con Lozuavo (Gallarate, Museo della Società gallaratese di studi patrii), e vinse il primo premio. Nello stesso anno andò a Parigi dove eseguì decorazioni in ceramica per l'antiquario Pelisier. Conobbe il pittore J. Biflotey, di cui nel 1884 sposerà la figlia Aline, che lo introdusse nell'ambiente dell'arte ufficiale. Eseguì freneticamente ritratti, busti, statue in terracotta. Fu ammesso al Salon des artistes frangais, dove esporrà per tre anni consecutivi, con il busto di Napoleone I, (fuso da Pinedo; ne esistono vari esemplari, uno dei quali nella collezione del principe Napoleone Bonaparte). Nel 1884 fu nominato direttore artistico del Museo Grevin. Nel 1885, ormai famoso, espoae al Salon il bozzetto per il monumento ai Soldati bretoni morti nella battaglia di Champigny. Il 28 settembre dello stesso anno, morì a Fougères (in Bretagna), dove si era recato per l'inaugurazione del monumento (Fougères, S. Leonardo).
Del C. rimangono trentacinque opere conosciute. Oltre a quelle già citate nel Museo della Società gallaratese di studi patrii e nel cimitero di Gallarate, si devono ricordare due interessanti bronzi, La dama fiorentina e Il giudice di Frine, conservati nelle sale del comune della sua città natale. Altre opere furono disperse come un S. Giovannino e una statua di Igia, altre ancora sono proprietà di musei o chiese francesi. Con ogni probabilità, durante i soggiorni nelle varie città italiane e francesi, ha lasciato opere di cui si è perduta notizia.
Fondamentali per inquadrare la personalità del C. sono i suoi scritti (lettere e memorie, edite parzialmente da Nicodemi e da Sironi), in cui, accanto alle notizie di carattere personale, si può intuire il nucleo della sua teoria dell'arte, fedelmente applicata nelle sue opere conosciute. Un'avversione profonda per le scuole e le accademie, per i manierismi di qualsiasi genere, il desiderio di essere soprattutto se stesso ("colombesco", come scrive in un dialogo immaginario) non gli impedirono di ispirarsi all'antichità, non per copiare ma per recuperare una bellezza che, sosteneva, è nella natura. Suoi soggetti preferiti, banditi costantemente quelli di genere, furono ritratti, temi storici o religiosi, anche questi trattati con un'aderenza alla verità ed una spontaneità mai filtrate da ripensamenti intellettualì.
Fonti e Bibl.: G. Nicodemi, R. C., Gallarate 1912; G. Macchi, R. C., l'allievo di Giovanni Dupré, in La Prealpina (Varese), 2 apr. 1948; C. Sironi, Biografia di un artista attraverso le sue lettere e memorie, in Rass. gallaratese di storia e arte, XIII (1954), 1, pp. 7-21; Id., Figure e figurine dell'800 gallaratese in una serie di caricature di R. C., ibid., XIV (1955), 1, pp. 39-46.