LORENZO d'Alessandro
Nacque a San Severino Marche nel 1445 circa dal fabbro Alessandro di Francione, a torto ritenuto pittore da alcuni storici. Era detto il Severinate dal nome del suo luogo di nascita, il Giovane o il Secondo per distinguerlo da Lorenzo Salimbeni.
Di L. non vi sono notizie prima del 1468, quando il suo nome compare nel Liber maleficiorum (Paciaroni, 2001, p. 124) in quanto coinvolto, insieme con il fratello Andrea e con il padre, in una rissa contro Vigozzo di Francesco Lippi in seguito a un disaccordo su un pagamento. Il 12 apr. 1468 il fabbro, dopo aver pagato una multa, ottenne l'annullamento del processo.
Figura di spicco nella Comunità, compare in qualità di testimone in una serie di atti conservati in vari protocolli e bastardelli tra il 1474 e il 1501, pubblicati da A. Rossi, da V.E. Aleandri e da R. Paciaroni.
L'attività artistica di L. si svolse soprattutto a San Severino e nelle città limitrofe. La storiografia locale lo indica alle dipendenze della bottega di Bartolomeo di Friginisco o di Luca di Paolo di Niccolò; ma non vi sono prove documentarie per accertare queste ipotesi.
In una carta del 29 genn. 1475, L. in qualità di testimone per un prestito di denaro è indicato con il titolo "magister": a tale data esercitava di fatto già autonomamente la sua attività di pittore e disponeva di un laboratorio ubicato nel quartiere di S. Lorenzo.
Fu il principale decoratore della Comunità, come è testimoniato dal fatto che L. non realizzò solo ancone e polittici, ma disegnò i confini di San Severino, dipinse stemmi per cardinali, insegne dei governatori, pennoni dorati nel palazzo comunale (Venturi, p. 191), vessilli per il Comune.
Ebbe anche numerosi incarichi pubblici: fu castellano di Ficano, venne più volte nominato priore di quartiere dal 1489 al 1500, nel 1493 fu eletto stimatore delle carni.
Pur mancando i relativi contratti matrimoniali, i documenti attestano che L. si sposò due volte: con Elisabetta di Antonello di Domenico di Guadambio, sua consorte dal 1475 al 1479, e con Potenziana di Gualtiero di Piero. Nel 1501 il pittore aveva cinque figli, forse tutti nati dal suo secondo matrimonio: Antonio, Giangentile, Ulisse, Gregoria e Aurelia.
Il bagaglio formale di L. - inizialmente condizionato dall'influsso del gotico internazionale e dal modello dei Salimbeni - si arricchì quando si accostò a motivi stilistici e iconografici differenti dalle componenti stanche ed esasperate della realtà provinciale. L'aspra e preziosa materia di Niccolò Alunno (Niccolò di Liberatore), le linee nervose e spezzate di Carlo Crivelli, il vivace cromatismo veneto e la lucida visione spaziale di Girolamo di Giovanni, ereditata da Piero della Francesca, vennero da lui rielaborati e adattati a una visione dei fatti sacri più intima e popolare. Riconosciuta quale prima testimonianza dell'attività artistica di L., circa del 1470, è la Madonna della Misericordia della chiesa parrocchiale della Madonna dell'Ara di Paterno, presso San Severino.
Al periodo giovanile sono pure da riferirsi, secondo Donnini, alcuni riquadri degli affreschi votivi nella chiesa di S. Maria della Maestà di San Severino, probabilmente eseguiti tra il 1475 e il 1478, e l'affresco con la Vergine col Bambino dipinto nell'ex ospedale di S. Sollecito a Matelica, oggi all'ospedale E. Mattei.
La prima opera datata di L. (1481) è il trittico con La Madonna, il Bambino e santi dipinto per la pieve di San Donato di Montolmo, oggi nella Pinacoteca di Corridonia: le reminiscenze della tradizione pittorica precedente (Alunno, Salimbeni) sono rinvigorite da una luce delicata, dall'attenzione sofisticata per i dettagli e dalle maestose ed eleganti figure delle sante. Nella tipologia della Vergine il riferimento immediato è a Matteo da Gualdo, a Bartolomeo di Tommaso e a Crivelli.
Si accosta alla tradizione umbra la Natività eseguita probabilmente nella fase giovanile per la chiesa di S. Lorenzo in Doliolo, oggi a San Severino nella Pinacoteca civica P. Tacchi Venturi.
Nel 1483 l'abate Antonio Bosio commissionò a L. gli affreschi del primo altare della chiesa di S. Maria della Piazza a Sarnano (iscrizione citata in Venturi, p. 191).
L. adattò la decorazione pittorica, una Madonna col Bambino, santi e donatore, alla struttura muraria, scandendola in una nitida partitura architettonica che mostra una profonda conoscenza del Rinascimento toscano.
Probabilmente per eseguire questi affreschi il pittore rimase lontano da casa e affittò dal 18 nov. 1482 per un anno la sua bottega a Nicolò da Firenze, organista a San Severino (Paciaroni, 2001, p. 132).
Venturi (p. 196) assegnò a L. gli affreschi dell'oratorio dell'Ascensione, alle porte di Pergola, che considerava l'"unica grande scena di movimento che si conosca del maestro", recentemente datati agli anni 1483-89 (Sebastianelli).
Del 1490 circa sono la pala con S. Anna, la Vergine e il Bambino (Matelica, Museo Piersanti) e la Vergine col Bambino di Petriolo (chiesa di S. Maria del Soccorso).
Del 1491 è la pala lignea con la Madonna, il Bambino, santi e devoti commissionatagli dalla Comunità di Caldarola, datata e firmata.
Nel pieno periodo di maturità di L. si assiste a una curiosa fase arcaizzante, comune del resto a tutta la civiltà artistica marchigiana a partire dal secondo Quattrocento: ritorna il fondo oro, e i personaggi, quasi figure ritagliate, perdono plasticità. L'opera che maggiormente testimonia questo arcaismo è la pala di Caldarola: è negato ogni valore prospettico e la scena dipinta, cronaca didascalica della vita della Comunità, è dominata dalla figura gigantesca della Vergine.
Il diretto confronto con le novità del Rinascimento toscano apprese dalla permanenza marchigiana di Luca Signorelli dal 1485 al 1490 è sensibile nel Battesimo di Cristo (Urbino, Galleria nazionale delle Marche), opera della tarda maturità di L. realizzata per la chiesa di S. Lorenzo di Avacelli, attribuitagli da Molajoli nel 1928.
I colori raffinati della tavola risultano dall'assimilazione di diverse suggestioni che rendono L. non un semplice imitatore, ma un eclettico sperimentatore: in una personale interpretazione equilibrata e serena ritornano il misticismo umbro, gli aguzzi e irreali spuntoni di rocce alla maniera crivellesca, i panneggi accartocciati memori di sentori tardogotici, i personaggi maestosi e statuari di tradizione toscana.
Un documento del 20 febbr. 1496 (Paciaroni, 2001, p. 149) testimonia che L. ricevette dai francescani di Serrapetrona un pagamento che potrebbe riferirsi al monumentale polittico di ventisei tavole conservato nella chiesa di S. Francesco, opera che testimonia l'involuzione dell'artista, l'adesione al patetismo umbro, alle maniere di Alunno, ai preziosismi gotici.
Il 29 dic. 1496 il pittore firmava un S. Antonio da Padova con la Vergine e i devoti per la chiesa di S. Francesco di Pollenza: l'opera è considerata l'ultima nel catalogo di Lorenzo d'Alessandro.
L. fu anche conoscitore di musica e abile suonatore di liuto. Un atto del Liber maleficiorum (ibid., pp. 130 s.) rivela che L. era stato invitato in qualità di suonatore a una festa da ballo organizzata da Andrea di Vicarello, quando un certo Petrellino di Santone, in contrasto con il padrone di casa, tolse a L. il liuto e lo ruppe. L'episodio permette di motivare l'attenzione minuziosa prestata dal pittore alla raffigurazione del liuto in opere quali gli affreschi della chiesa di S. Maria di Sarnano o nel Matrimonio mistico di Londra (National Gallery).
L. morì a San Severino Marche tra l'agosto, mese in cui completò la niellatura di alcune tazze, e il dicembre del 1501 quando il camerlengo pagò 70 bolognini "heredibus magistri Laurentii pro pictura armorum legati".
Fonti e Bibl.: A. Rossi, M. L. di M. Alessandro pittore severinate. Commentario, in Giorn. di erudizione artistica (Perugia), IV (1875), 12, pp. 362-377; V.E. Aleandri, Note e correzioni al Commentario di M. L. di M. Alessandro pittore severinate, in Nuova Rivista misena, VII (1894), 11-12, pp. 172-175; L. Venturi, A traverso le Marche, in L'Arte, XVIII (1915), pp. 191-202; A. Colasanti, Affreschi inediti di L. d'A. da Sanseverino, in Rass. d'arte antica e moderna, IV (1917), 5-6, pp. 81-92; V.E. Aleandri, Il primo maestro del pittore L. d'A. da Sanseverino, in Arte e storia, XXXIX (1920), 1, pp. 17-22; B. Molajoli, Una tavola di L. d'A. da Sanseverino, in Rassegna marchigiana, VI (1928), 5-6, pp. 193-198; G. Donnini, Appunti sul primo tempo di L. d'A. da San Severino, in Commentarii, XXIV (1973), 4, pp. 285-299; A. Paolucci, L. d'A. da Sanseverino e alcune considerazioni sulla pittura marchigiana nel tardo Quattrocento, in Paragone, XXV (1974), 291, pp. 35-51; C. Gilbert, An addition to L. d'A. da San Severino, in Yale University Art Gallery Bulletin, XL (1987), 1, pp. 20 s.; S. Sebastianelli, Memorie ecclesiastiche di Pergola, Pergola 1997, p. 15; R. Paciaroni, L. d'A. detto il Severinate. Memorie e documenti, Milano 2001, pp. 124, 132, 149; I pittori del Rinascimento a Sanseverino. L. d'A. e Ludovico Urbani, Niccolò Alunno e il Pinturicchio (catal., San Severino Marche), a cura di V. Sgarbi - S. Papetti, Milano 2001; R. Paciaroni, Nuovi documenti su L. d'A. e una conferma per l'affresco di Aliforni, San Severino Marche 2002.