DEL MORO, Lorenzo
Nacque a Firenze, nel "popolo" di S. Felice in Piazza, il 16 dic. 1677 da Carlo di Giovanni e da Lucrezia di Alessandro Pesciuoli (Firenze, Opera di S. Maria del Fiore, Registro dei battesimi, Maschi, 1676-1677, lettera L., sotto il 17 dic. 1677).
Le due fonti biografiche redatte non molto tempo dopo la morte del D. (Gabburri, 1714-1741; Marrini, 1766) sono alquanto succinte ma sufficienti a delineare con chiarezza le principali tappe della sua attività, di pittore specializzato nel genere della quadratura. Ricevette la prima formazione da Rinaldo Botti, suo cugino d'una ventina d'anni più anziano, anch'egli frescante di architetture prospettiche, uno dei migliori allievi di I. Chiavistelli. Stando al Gabburri, il D. ebbe anche una più stretta formazione architettonica da parte dell'architetto A. Ferri tanto che, date le sue capacità inventive, poté ben presto diventare un diretto collaboratore del Botti.
Nel periodo della sua formazione fu protetto dal cardinal Francesco de' Medici, che l'aveva conosciuto a Lappeggi, dove il Botti l'aveva condotto quale aiuto (Marrini, 1766). Con quest'ultimo fu all'opera, circa il 1702, nel salone del palazzo Incontri in via de' Servi: il Marrini precisa che "il del Moro faceva egli solo tutti i disegni e poi gli eseguiva insieme col Botti" (cfr. Ginori Lisci, 1972, p. 429). 1 due cugini affrescarono ancora insieme, nel 1705, le architetture prospettiche e gli ornati del soffitto della chiesa di S. Domenico di Fiesole, le figure del cui sfondato furono opera di Matteo Bonechi; anche qui è da credere che la parte spettante al D. sia stata prevalente rispetto a quella del Botti, ricorrendo talvolta il solo suo nome nelle fonti (Del Bruno, 1719; Moreni, 1792; Bandini, 1800; Ferretti, 1901). Secondo il Lanzi (1808) quest'opera era considerata da Sebastiano Conca "fra' lavori buoni del suo tempo".
Contemporaneamente alla - formazione di prospettico e quadraturista il D. coltivò anche lo studio della figura, dapprima seguendo A. Gherardini, quindi frequentando T. Redi (che era diventato suo cognato sposandone la sorella Margherita: Baldinucci, 1723-30 ca.; Marrini, 1766), la cui scuola del disegno era molto apprezzata nell'ambiente fiorentino. Fu così in grado non solo di eseguire le figure frammiste alle architetture nei due cigli sopra ricordati (palazzo Incontri e S. Domenico di Fiesole), ma, talvolta, di condurre a termine da solo anche gli sfondati delle sue quadrature.
Circa il 1707 fu incaricato di compiere lo sfondato della volta della chiesa della Madonna de' Ricci al Corso, contornato, almeno dopo i rifacimenti dell'interno della chiesa a opera di Zanobi Del Rosso nel 1772, da semplici modaiiature in stucco; qui egli rappresentò l'Assunzione della Beata Vergine, rivelando la sua formazione gherardinesca prossima ad altri artisti di quella corrente, come M. Bonechi. Nello stesso periodo (1707-1708) il D. fu a fianco del Botti e del Redi nella decorazione della chiesa del monastero di Rosano presso Pontassieve (decorazione andata recentemente distrutta; Marrini, 1766; Arch. di Stato di Firenze, Conventi soppressi 227, n. 11, cc. 2 s.). Parallelamente alle opere per i complessi religiosi il D. iniziò anche un'assidua attività per le abitazioni private dell'aristocrazia fiorentina.
Nel 1710 troviamo accanto al Bonechi, ad A. Ferri, a G. B. Ciceri a decorare un'alcova in palazzo Gondi (Ginori Lisci, 1972, p. 590). Non è facile comunqueieguire nel tempo quest'ultimo tipo di attività, poiché le fonti antiche non danno referenze cronologiche e risulta altresì difficoltosa una verifica dell'esistenza attuale o meno delle decorazioni in parola, gran parte degli edifici in cui l'artista lavorò essendo ancor oggi abitazioni private di non facile accesso. Sappiamo che il D. affrescò in palazzo Gerini "una stanza di architettura tutta intera, una alcova, un gabinetto e molti altri lavori diversi" (Gabburri); in palazzo Tempi "una intera stanza di architettura con molte altre opere" (ibid.); per i marchesi Vitelli o una galleria, cinque sfondi, una stanza con molti altri lavori diversi" (ibid.). Per i Ricci dipinse non solo nell'abitazione cittadina, ma anche nella villa di Pozzolatico (Gabburri; Marrini, 1766), dove si conservano alcuni affreschi a lui riferibili. Perduta è una galleria in palazzo Rucellai (Ginori Lisci, 1972, p. 215), mentre è forse rintracciabile la sua mano in un affresco in palazzo Taddei (ibid., p. 358).
In palazzo Martellini egli fu attivo insieme con Vincenzo Meucci e, secondo il Gabburri, "fece cose di maraviglia ...; merita una special menzione la stanza terrena di cantonata dipinta a buon fresco di rottami di architettura, uccelli e figure compreso lo sfondo". In palazzo Altoviti (o dei Visacci) si conserva una galleria con Apoteosidi casa Altoviti (Gabburri; Mosco, 1974). Di notevole importanza è tutt'oggi la decorazione ad architetture prospettiche condotta dal D. in palazzo Amati Cellesi a Pistoia a fianco di N. Nannetti, che eseguì le figure (Gabburri; Gregori, 1982), decorazione che va posta negli anni 1719-1721, essendo contemporanea agli affreschi che G.D. Ferretti conduceva in quegli anni in altri ambienti dei palazzo.È questo un periodo ormai di grande attività per l'artista: nella stessa Pistoia gli è stata attribuita la quadratura dell'affresco del Ferretti nel coro della Ss. Annunziata del 1720 (Maser, 1968). Nel medesimo giro d'anni egli collaborò ancora col Ferretti alla volta della cappella del Nome di Gesù in Ognissanti a Firenze (Gabburri; Maser, 1968), ottima creazione, ancor oggi perfettamente conservata. Per restare nell'ambito degli edifici ecclesiastici, nel 1716 egli era a fianco di A. Gherardini nella volta della chiesa di S. Verdiana a Castelfiorentino (Cioni, 1916). Più tardi, nel 1731, intraprendeva insieme con il Ferretti l'importante decorazione dell'oratorio dei Ss. Filippo e Prospero a Pistoia (Gabburri; Marrini, 1766; Tolomei, 1821; Maser, 1968), che si dovette però limitare alla sola navata per la sopravvenuta morte dell'artista (1735) e fu successivamente terminata (1745), sempre in collaborazione col Ferretti, da un altro quadraturista fiorentino, P. Anderlini. Secondo le fonti il D. aveva pure affrescato la cappella della Compagnia detta dell'Alberto Nero presso la Ss. Annunziata di Firenze e "non solo l'architettura, ma ancora lo sfondo delle figure e questa è una delle sue opere più belle" (Gabburri; Marrini, 1766).
Nel 1734 affrescò la volta della cappella della Compagnia del Gesù nei sotterranei di S. Croce, durante la cui esecuzione contrasse per l'umidità dei luogo, a quanto afferma il Marrini, la malattia che lo condusse in pochi mesi alla morte. Lasciava così incompiuta la cappella della villa "I Collazzi", dei Dini, la quale fu quindi terminata da R. Botti con lo sfondato di V. Meucci; per i Dini aveva pure lavorato nel palazzo di Firenze (Gabburri).
Le fonti ricordano ancora che il D. fu attivo per il teatro degli Accademici Cheti di Pescia (Gabburri; Ansaldi, 1772) e nelle case Berti e Falconcini della stessa cittadina (Ansaldi, 1772). A Firenze bisogna pure ricordare che egli dipinse "la sala, una camera e molti altri lavori" in casa Gabburri (Gabburri), Francesco Maria Niccolò Gabburri essendo un suo autentico ammiratore; ne possedeva disegni e l'autoritratto, che produsse nelle pubbliche esposizioni in Firenze del 1729 e 1737 (Borroni Salvadori, 1974). Probabilmente questo stesso autoritratto è quello che si trova oggi nella raccolta della Galleria degli Uffizi (Meloni Trkulja, 1978).
Rari disegni tradizionalmente attribuiti al D. sono segnalati alla Marucelliana di Firenze e a Lilla (Musée Wicar). Il D. fu pure impegnato per conto dell'Arazzeria granducale negli anni 1725-1730 all'esecuzione dei cartoni dei bordi ornamentali per gli arazzi della serie dei Quattro Elementi (a lui spettano, Terra, Aria, Acqua) le cui scene erano già state redatte da G. C. Sagrestani (Göbel, 1928; Gliultimi Medici, 1974); forse lavorò per gli altri arazzi poi non realizzati (Maser, 1968). Praticamente inesistente è una sua produzione di quadri: si ricorda una tela posticcia a tempera (parte di una serie di ventiquattro, ciascuna di diverso pittore) per l'addobbo della chiesa di S. Lorenzo in Firenze in occasione della canonizzazione di Pio V nel 1722 (Moreni, 1817), forse la stessa che il Baldanzi ricorda nel palazzo vescovile di Prato nel 1846.
Il D. morì a Firenze il dì 16 luglio 1735 (Arch. di Stato di Firenze, Medici e speziali, n. 263, c. 225v) e fu sepolto in S. Felice in Piazza. Lasciò il figlio Giuseppe, che anche divenne buon decoratore in affresco.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazionale, Mss. Palat. E.B.9.5.: F. M. N. Gabburri, Vite di pittori [1719-1741], III, cc. 1780-1782; [R. Del Bruno] Ristretto delle cose più notabili della città di Firenze, Firenze 1719 (terza impressione), p. 153; F. S. Baldinucci, Vite di artisti... [1725-30 ca.], a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 393; [O. Marrini] Serie di ritratti di celebri pittori dipinti di propriamano in seguito a quella già pubblicata nel MuseoFiorentino esistente presso l'ab. Antonio Pazzi e conbrevi notizie intorno a' medesimi..., II, 1, Firenze 1766, pp. 7 s.; [I. Ansaldi] Descriz. delle sculturepitture et architetture della città e sobborghi di Pescia nella Toscana, Bologna 1772, pp. 34, 41; D. Moreni, Notizie istoriche dei contorni di Firenze, III, Firenze 1792, p. 85; L. Lanzi, Storia pittoricadella Italia [1808], a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, pp. 186 s.; A. M. Bandini, Lettere XIInelle quali si ricerca e s'illustra l'antica e modernasituazione della città di Fiesole e suoi contorni, Siena 1800, p.55; D. Moreni, Continuazione dellememorie istor. dell'ambrosiana imperial basilica diS . Lorenzo di Firenze, II, Firenze 1817, pp. 94 s.; F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 88, [F. Baldanzi] Della chiesa cattedrale di Prato, Prato 1846, p. 236; P.L. Ferretti, La chiesa e il convento di S. Domenico di Fiesole, Firenze 1901 p. 69; M. Marangoni, La pittura fiorentina nelSettecento, in Riv. d'arte, VIII (1912), 3-4, pp. 93, 98; M. Cioni, Le pitture settecentesche in S. Verdiana di Castelfiorentino, in Miscell. storica dellaValdelsa, XXIV (1916), 68-69, pp. 63-68; H. Göbel, Die Wandteppiche und ihre Manifakturen inFrankreich, Italien, Spanien und Portugal, I, Leipzig 1928, p. 400; W. e E. Paatz, Die Kirchen vonFlorenz, III, Frankfurt a.M. 1952, p. 95; IV, ibid. 1952, p. 421; E. Maser, G. D. Ferretti, Firenze 1968, pp. 18, 21, 29, 35, 40, 57, 74 s., 84; L. Ginori Lisci, Ipalazzi di Firenze, Firenze 1972, pp. 215, 358 429, 556, 590; F. Borroni Salvadori, F. M. N. Gibburri e gli artisti contemp., in Annalidella Scuola normale superiore di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, IV (1974), 4, p. 1530;Id., Le esposizioni d'arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen d. Kunsthist. Institutes in Florenz, XVIII (1974), 1, pp. 37, 39, 105; Gli ultimi Medici. Il tardo barocco a Firenze, 1670-1743 (catal.), Firenze 1974, p. 410;M. Mosco, Itinerari di Firenze barocca, Firenze 1974, pp. 52, 70, 99 s., 116, 119, 121; S.Meloni Trkulja, La collezione Pazzi (Autoritratti per gli Uffizi): un'opera sospetta, undocumento malevolo, in Paragone, XXIX (1978), 343, pp. 109 s.; M. Gregori, Il palazzo Amati Cellesi a Pistoia, in Banca Toscana, Storia e collezioni, Firenze 1982, pp. 301-304; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, pp. 162s. (s.v. Moro, Lorenzo del).